3 aprile 2012

Scrivono vari 04.04.2012


 

Scrive Giuliana Paoli ad ArcipelagoMilano – Spettabile Redazione, concordo che la sanità in Lombardia può essere ancora migliorata. Però quando avrò bisogno di cure sanitarie, cercherò di avvalermi della Lombardia e non andrò da Roma in giù. Eccellenze ce ne sono anche al Sud ma io mi fiderò di più della Regione che ha un Governatore con tanti difetti. E voi cosa pensate di fare?

Risponde L.B.G – Gentile signora anch’io resto in Lombardia a farmi curare ma, come dico nell’articolo, la buona sanità lombarda non è un merito di Formigoni, che l’ha solo messa al servizio di CL coi pessimi risultati che vediamo leggendo la cronaca giudiziaria.

 

Scrive Alberto Maffi a Franco D’Alfonso – È un luogo comune inveterato che Milano nasconde molti tesori invisibili. Ma che siano invisibili dipende in larga parte proprio dalla miope politica dei responsabili culturali. Primo esempio. Milano conserva tre capolavori del Tiepolo in altrettanti palazzi storici: palazzo Dugnani, palazzo Isimbardi e palazzo Clerici. La vicenda di quest’ultimo ha, secondo me, dell’incredibile. La galleria del Tiepolo, che si trova a palazzo Clerici, è visitabile, a quanto ne so, per mezza giornata al mese su richiesta (si veda la folla strabocchevole che ha riempito via Clerici lo scorso weekend per l’apertura a cura del FAI). Perché? Perché da decenni e decenni il Comune non si è mai preoccupato di acquisire la proprietà di quella parte dell’edificio, o almeno il diritto di accesso alla galleria. Un percorso artistico tiepolesco, del tutto degno di stare alla pari con il cenacolo leonardesco, raddoppiando l’attrattiva artistica di Milano, è del tutto ignorato. Secondo esempio: la Milano romana. Certo qui ci sono i conflitti di competenza quanto meno fra Stato e Comune. Ma è mai possibile, mi chiedo, che la Milano, capitale del Tardo Impero romano, ricca di non molti ma notevolissimi monumenti di quell’epoca, sia completamente trascurata? Si pensi al Museo Archeologico, situato sì in una posizione strategica e pittoresca all’interno dell’area antica, ma dotato di spazi del tutto inadeguati all’importanza della Milano antica e alle ambizioni della Milano attuale?

E che dire della piazza (che non ha nemmeno il nome di piazza), cioè l’attuale via Brisa, dove sarebbe possibile (situazione più unica che rara in una grande città moderna) proseguire gli scavi del cosiddetto palazzo imperiale nella parte libera della piazza, creando così un parco/percorso archeologico di grande fascino e impatto turistico? Terzo esempio. La Biblioteca Sormani. Io non so se i nostri amministratori, e in particolare gli assessori alla cultura, abbiano mai visitato questo luogo, che in ogni grande città europea (cito a caso: Parigi, Amsterdam, Monaco di Baviera …) è una delle strutture portanti della cultura cittadina. La sede centrale della Biblioteca comunale di Milano ha le dimensioni e le strutture della biblioteca di una cittadina di 50.000 abitanti. Io scommetto una cena nel migliore ristorante di Milano che la scala di accesso alla sala di lettura della Sormani (certo, bellissimo palazzo), larga sì e no un metro e mezzo, è completamente fuori legge, cosicché, se arrivassero i pompieri, farebbero immediatamente chiudere l’edificio. Questi sono soltanto tre esempi: si potrebbe continuare. Mi si dirà: non ci sono soldi. Sarà, ma per altre cose, più di moda, mi sembra che i soldi si trovino. E comunque non sento parlare di queste cose dai nostri assessori competenti: magari per realizzarle il giorno che avranno i soldi.

 

Scrive Davide Grignani a Francesco Borrella – Caro dottor Borella, Mi associo a lei con simpatia e stima per il bell’articolo nel cercare di far confluire il dibattito sui Navigli di Milano (abito a poche decine di metri dal Naviglio Pavese in zona Ticinese) su temi che abbiano un fondamento di realismo, concretezza e conoscenza dei mezzi e delle fattibilità. Troppo tempo e spazio mediatico viene speso a discorrere sul nulla mentre l’allineamento degli interessi e delle risorse (poche e spesso utilizzati per opachi maneggi) andrebbe focalizzato su massimo due/tre direttive e progetti di largo consenso e utilità sociale, urbanistica, naturale ed economica. Il tutto dovrebbe essere poi oggetto di mirata e intensa copertura di comunicazione da parte di tutti i mezzi e di forte “sponsorship” pubblica con possibilità di catalizzare anche capitali privati.

In tal senso mi associo e sottoscrivo quanto lei invita a fare per il Lambro, un fiume che – se risanato – ha un potenziale naturalistico, culturale ed economico secondo a nessuno in Lombardia, quando invece la nostra “modernità” l’ha sfregiato da decenni riducendolo a una squallida cloaca. D’accordo anche su tutto il resto sperando nel contempo che qualche tratto dei corsi d’acqua possa essere utilizzato ai fini turistici e culturali permettendo una navigazione MOLTO LENTA (e se possibile a remi..) che riscopra e tuteli le strutture dei navigli a un “ritmo lento” ma sicuramente utile e proficuo per il futuro turistico ed economico della città, visti gli argini già decrepiti e malconci. Cosa che invece non vedo accadere oggi dove – per ovvie ragioni di “sfruttamento” economico e imperizia tecnica – gli scarsi e modesti servizi turistici che ho avuto modo di vedere prevedono che il barcone viaggi a velocità sostenuta provocando un riverbero ondoso sicuramente insostenibile dall’attuale stato delle strutture dei canali e perciò destinato a sicure conseguenze negative.

 

 

 



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