3 aprile 2012

teatro


 

OSCAR WILDE, IL CLOWN DAL CUORE INFRANTO

adattamento teatrale e regia Simone Toni

con Fausto Cabra, Federica Castellini, Andrea Luini, Stefano Moretti

assistente alla regia Diana Manea, scene e costumi Alessandra Gabriella Baldoni, luci Fiammetta Baldiserri musiche Carlo Borsari, produzione Gli incauti, in collaborazione con Teatro Consorziale di Budrio

 

“In letteratura odio il volgare realismo: un uomo che osa chiamare vanga una vanga dovrebbe essere costretto a usarla”, così scriveva Oscar Wilde. Ma, per un paradosso che sicuramente lui avrebbe gradito, il modo migliore per metterlo in scena, ora, è forse davvero una forma di realismo – non certo volgare ma piuttosto “ludico” – che permetta ai suoi dialoghi brillanti di brillare.

Oscar Wilde è uno di quegli autori così particolari, così riconoscibili nella loro unicità da non poter essere usato come “pretesto”. E, se talvolta succede che i testi scritti apposta per il teatro diventino pretesti per una messa in scena che poi si distanzia dallo stile e dal gusto dell’autore, ciò capita ancora più spesso quando, come in questo caso, non si lavora su una pièce unica ma si fa un adattamento a partire da tanti materiali diversi (in larga parte non teatrali, come ad esempio gli epistolari). E il merito principale di Simone Toni è stato quello di non volere sovrapporre troppo una sua poetica a quella, già così forte, unica e preziosa di Oscar Wilde.

La messa in scena è infatti priva di sperimentazioni o vezzi che in questo caso sarebbero risultati inutili. Wilde, il suo compagno, un amico e il giudice si muovono in uno spazio simbolico di facile comprensione che si alterna fra la prigione, il tribunale e luoghi mondani di Londra o Parigi. Tutto quel che succede è a completo servizio della parola, e le parole sono brillanti e poetiche, ironiche e amare, e sempre interessanti. La vicenda narrata non è una di quelle scritte da Wilde, ma è una parte della vita dello stesso autore: il processo per sodomia, la successiva condanna e la prigionia passata a scrivere lettere senza ricevere risposte.

Wilde scriveva che è sempre la vita a imitare l’arte e non viceversa, e non ci riesce difficile credere (testimonianze alla mano) che lui tentasse davvero di vivere imitando quel che scriveva. Questo è l’aspetto più interessante che emerge dallo spettacolo: una persona che si immola in nome di un ideale frivolo come quello estetico ma che, con la sua devozione, lo fa diventare nobile e perfino sacro. Wilde avrebbe potuto essere meno eccentrico e provocatorio durante il processo, ma non sarebbe stato se stesso, avrebbe fatto trionfare la vita sull’arte, negandosi.

Fausto Cabra interpreta bene un ruolo difficile e tutti e quattro gli attori recitano in modo a tratti quasi declamato che, se in altri contesti potrebbe risultare un po’ datato, in questo è perfetto perché conferisce la giusta attenzione alle parole e fa sì che, uscendo dal teatro, venga una gran voglia di andarsi a leggere (o rileggere) l’opera completa di Oscar Wilde.

 

Teatro Filodrammatici dal 27 marzo al 5 aprile

 

In scena

Al Piccolo Teatro Strehler fino al 5 aprile Santa Giovanna dei macelli di Bertold Brecht, regia di Luca Ronconi.

Al Teatro I fino al 5 aprile La paura, di e con Elena Bucci.

 

 

questa rubrica è a cura di Emanuele Aldrovandi

rubriche@arcipelagomilano.org

 

 



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