27 marzo 2012

MILANO GUIDA DELLO SVILUPPO ITALIANO


L’attuale politica governativa trova giustificazione nell’esigenza di contenere il deficit monetario per soddisfare parametri di bilancio definiti dall’UE, e, come il Presidente del Consiglio ripetutamente ricorda “per tutelare le future generazioni”. La ricetta è nota: un salasso per i redditi bassi di ogni genere e categoria, un assordante silenzio degli imprenditori, reazioni scomposte di banchieri, carenza di politiche per il settore pubblico e ossequiosa confusione da parte dei politici.

Su questo scenario domina l’ovvio quesito: come è possibile uscire dalla crisi con una politica economica in cui le risorse decrescenti si accompagnano all’assenza di creatività della classe dirigente?

Penso che la situazione sia più articolata, infatti la politica UE non chiede solo un passivo rientro dal deficit, ma l’avvio di un processo generativo in cui alla diminuzione del deficit si accompagni il miglioramento radicale nell’uso delle risorse e l’aumento della coesione sociale. Per cui:

– il pareggio di bilancio deve essere accompagnato dalla rigenerazione del sistema produttivo per contenere il consumo di risorse, e su questo tema il silenzio degli imprenditori è il dato più preoccupante della crisi italiana;

– la programmazione dello sviluppo deve essere coerente con i parametri sociali e ambientali delle Convenzioni e protocolli internazionali che l’Italia ha sottoscritto, per aumentare la coesione; ne deriva che le misure di contenimento del deficit devono essere accompagnate da una propulsiva politica sociale e ambientale;

– i motori della rigenerazione sono le città, come ha ricordato Roberto Camagni su questa rivista pochi numeri fa, a proposito dei criteri di attribuzione delle risorse del Fondo europeo città regioni, a cui si può aggiungere il programma ‘Connecting’, che obbliga a ripensare i sistemi logistici metropolitani.

In questa visione il centro di una politica di risanamento nazionale è la crescita delle risorse umane e ambientali, i centri di rigenerazione sono i sistemi urbani e gli elementi contabili riacquistano il loro ruolo di variabili strumentali. In sostanza, la richiesta dell’UE è più complessa e affascinante perchè non chiede un passivo rispetto di valori ‘contabili’, ma una fattiva adesione a un sistema dinamico e generativo di azioni innovative di sviluppo, sintetizzate nel documento “Europa 2020: per uno sviluppo sostenibile, smart e inclusivo”.

Culturalmente questa impostazione è importante, perché, risponde al famoso quesito “Is growth obsolete?”, posto da William D. Nordhaus e James Tobin nel 1971, in quanto identifica la crescita non solo in termini di reddito, ma anche come aumento di capacità e opportunità. Questo assetto di politica economica, che si riflette nel sistema contabile, data ormai da un decennio, essendo stato adottato dalla Germania nel 2002, in occasione dell’entrata in vigore dell’euro e, successivamente, dall’UE con la denominazione di decoupling. Il reddito diventa così l’esito dell’andamento di quattro forze guida, parametrizzate fino al 2050 e coerenti con il paradigma della sostenibilità: equità intergenerazionale, qualità della vita, coesione sociale, responsabilità internazionale.

Equità intergenerazionale:

risorse fisiche: il contenimento del debito e l’aumento della quota capitale nel PIL sono coniugati con l’abbattimento dell’impiego di materia nei processi produttivi (-50% entro il 2020). Questo significa che da dieci anni avremmo dovuto assistere a un radicale rinnovo del sistema produttivo con la sostituzione delle tecnologie basate sul prelievo di materia con tecnologie biocompatibili. Questo imbarazzante ritardo del nostro sistema imprenditoriale sta rendendo strutturale la sua perdita di competitività;

emissioni ed energia: per contrastare il cambiamento climatico al 2050 le emissioni devono essere ridotte del 20%, il consumo energetico degli edifici deve essere quasi 0, le comunità locali devono tendere all’autonomia quanto a produzione energetica, portando al 30% entro il 2020 la quota delle rinnovabili. Questo implica che le città devono essere riprogettate come sistema a metabolismo ‘chiuso’, tendenzialmente autosufficienti dal punto di vista energetico, a zero emissioni e impegnate a ridurre drasticamente il deficit alimentare;

risorse naturali: il consumo di suolo deve essere ridotto drasticamente e la biodiversità raddoppiata entro il 2015. Questo implica che l’agricoltura deve essere riprogrammata in simbiosi con i settori della fisica, della chimica e della biologia e il patrimonio biotico delle città deve essere rivalutato;

risorse umane: deve essere potenziato il long life learning e gli investimenti per innovazione raggiungere il 3% del GPL. Il sapere è considerato il vero motore dello sviluppo.

Qualità della vita:

risorse fisiche: la crescita del reddito è accoppiata alla riduzione del 90% dell’intensità di trasporto di merci e persone;

risorse naturali: l’uso di fertilizzanti in agricoltura entro il 2025 deve essere ridotto a 80 kg/ha, la produzione bio aumentata del 20%, gli inquinanti dell’aria ridotti del 30%;

risorse umane: il bilancio prevede un aumento della spesa per la salute, la nutrizione e la diminuzione del crimine.

Coesione sociale:

risorse umane: entro il 2020: il saggio di occupazione totale deve essere incrementato del 75% e del 57% quello della popolazione anziana, il 65% delle famiglie con figli deve essere assistito per sostenere la compatibilità con il lavoro, le differenze salariali devono essere ridotte al 10%, deve essere sostenuta l’integrazione degli stranieri nel sistema scolastico.

Responsabilità internazionale:

– i paesi in via di sviluppo saranno finanziati fino allo 0,75% del PIL entro 2015 e l’import dagli stessi paesi deve essere accresciuto.

Ma il punto centrale è che l’elemento motore di questo processo epocale di riconversione è la città; come affermava l’architetto Kurokawa al primo ministro giapponese che gli illustrava le virtù dei singoli provvedimenti settoriali anticrisi: “la città è il solo motore della ripresa economica”. È facile constatare che usciremo dalla crisi solo quando Milano avrà raggiunto la consapevolezza di mettersi alla guida della megalopoli policentrica padana da rigenerare, superando le attuali politiche, non banali, ma un po’ ‘vintage’.

Il percorso non è semplice: superare la visione arcaica ma cara ai politici della “Milano integrata con i confini provinciali”, a favore di una dimensione basata sul sistema relazionale, come già avviene in Gran Bretagna, sostituire il sistema degli assessorati con quello della moderna piattaforma, all’insegna del “cosa possiamo fare insieme ai cittadini”, sono le premesse per passare dalla gestione di un sistema in deficit al ruolo di forza guida per il rinnovo della nazione.

 

Giuseppe Longhi

 



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