27 marzo 2012

Scrivono vari – 28.03.2012


Scrive Gregorio Praderio a Ezio Antonini – Non sono molto d’accordo con le considerazioni di Ezio Antonini sulla proposta avanzata dall’operatore di eliminare la quota di parcheggi pubblici a rotazione previsti nel parcheggio in piazza S. Ambrogio, considerazioni che temo non affrontino correttamente i relativi temi di mobilità. Semplificando molto, si sostiene che i parcheggi pertinenziali privati sarebbero solo di interesse privato, mentre i parcheggi pubblici a rotazione sarebbero di interesse pubblico. Nel caso in questione è un po’ il contrario: i parcheggi privati, liberando la piazza dalle auto precedentemente in sosta (sosta a suo tempo interamente regolamentata dalla sola “riga gialla”, ovvero riservata a residenti e addetti dei servizi all’intorno, ovvero ai poliziotti della vicina caserma) ne faciliterebbero la riqualificazione e la fruizione pubblica.

In generale “togliere le auto dalle strade” mediante parcheggi pertinenziali favorisce la circolazione, liberando spazio per pedoni, mezzi pubblici, bici, ecc. e quindi riveste anche un interesse pubblico. Al contrario, i parcheggi pubblici a rotazione favorirebbero la scelta modale del trasporto privato (pur essendo la zona ben servita dai mezzi pubblici) e quindi incentiverebbero il traffico automobilistico a discapito dell’interesse pubblico (congestione, smog, rumore, ecc.). Dal punto di vista della mobilità la proposta avanzata dall’operatore mi sembra quindi migliorativa. Restano comunque aperti i problemi relativi alla tutela dei beni storici o all’impatto di manufatti quali rampe o griglie di aerazione, ecc.

 

Scrive Gemma Piccini Martignoni a Paolo Viola – Mi sono iscritta da circa un mese al giornale on line Arcipelago Milano e la ragione che ci ha spinto ad aderire a questa offerta è nata principalmente dalle sue recensioni sulla Musica Classica a Milano. Ho appena letto il suo articolo sulla Musica Moderna e non posso che esprimerle i miei complimenti per come, in modo chiaro,semplice e incisivo lei riesce a sottolineare quello che sentiamo dentro di noi quando ci propinano, diciamo, questa musica che, con tutti i riguardi per gli Autori che ci hanno messo: tecnica, pensieri e didattica nel comporla, non riescono a farcela piacere e a trasportarci con il cuore e il cervello, con la stessa sensazione fisica che proviamo quando seguiamo un’esecuzione di sonate, quartetti, concerti di Mozart, Čaikovskij, Shostakovič, Beethoven, etc. etc. etc.

Ha ragione quando dice che ci fanno sentire inadeguati e non all’altezza… di capire il moderno. Ma abbiamo pur sempre un cervello che ci dice quello che ci piace o no! Non tutto é da criticare nella musica moderna, ma non possono obbligarci a sentirla, se il nostro cuore non “vuole” ascoltarla. La ringrazio anche per gli avvisi delle varie attività, nell’ambito della Musica Classica a Milano, della settimana: molto utili, soprattutto perché Radio e TV non sprecano molte parole sui Concerti di Musica Classica, mentre dedicano anche dieci minuti per autori che trascinano i giovani all’incultura. Grazie anche per le sue critiche all’Orchestra G. Verdi, che noi seguiamo da più di dieci anni, e alla quale lei dedica il suo pensiero con obiettività e simpatia.

 

Scrive Pier Giorgio Righetti a Guido Martinotti – Mi riferisco al testo di Martinotti “TAV, no TAV e una storia americana che insegna qualcosa” su ArcipelagoMilano del 21 Marzo. Vorrei complimentarmi con lo scrittore per le cose molto intelligenti che dice sulla massiccia corruzione del sistema pubblico che sistematicamente deruba noi che “remiamo” (e viene in mente la famosa canzone di Dario Fo, zitti, remate) e si rimpingua con il nostro sudore, a man salvo perchè di solito impunito (vedi Craxi transfuga e latitante cui pure vogliono intitolare una via, una pizza, e quant’altro, come salvatore della patria).

Ma voglio anche sinceramente congratularmi con lui per lo splendido racconto sulle Keys e la costruzione della ferrovia da parte di Flagler e tutte le storie connesse, che conoscevo bene perchè più volte ho noleggiato la vettura a Miami e sono andato a zonzo nelle Keys, un’avventura davvero spettacolare. Ha reso il racconto con senso del dramma e della storia ed è stata una lettura veramente piacevole. Congratulazioni vivissime che spero vogliate inoltrargli.

 

Scrive Beppe Merlo a Valerio Federico – Non posso non notare come se l’articolo fosse stato scritto prima della crisi, o meglio che esplodesse, avresti ragione, ma oggi a crisi in corso credo che lo scontro o confronto non possa, o meglio non debba, reggere tra la concezione di mercato e suo governo di tipo anglosassone e quella di mercato vista da un’Europa in grado di affrancarsi da una concezione di mercato abusata e devastante. Il modello di mercato anglosassone ha prodotto la più grande diseguaglianza al mondo ed è prodromo della crisi. Per loro il mercato non è fatto di regole ma da una concezione naturalistica, quella del forte che annichilisce il debole.

In fondo lo scriveva già Alexis de Toqueville: “Se si va scavare a fondo, nel carattere nazionale degli americani, si scopre che costoro cercano il valore di ogni cosa unicamente nella risposta a questa semplice domanda: quanti soldi può fruttare?”. Il coraggio che bisogna avere oggi è quello di riconoscere di non sapere quale è la soluzione più giusta o meno dannosa, perché molte delle cose che si davano per scontate non reggono più, e che la finanziarizzazione dell’economia ha prodotto tali e tanti guasti, compreso quello di scaricare sul pubblico i propri danni ha bisogno di una ripresa di regolazione più etica e più coerente con le esigenze della collettività, cosa che nella finanza il mercato non concede. Se le fondazioni non si comportano eticamente è una cosa seria, ma affidarle al mercato sarebbe sicuramente peggio in questa congiuntura.

 

Scrive Piersandro Massone a Guido Artom – Di recente mi è capitato di leggere un suo pezzo su ArcipelagoMilano che aveva quale tema la sua esperienza in Fiera Milano negli anni 1997 – 1998 e che , secondo Lei, avrebbe dovuto attirarLe possibili querele. Mi permetta di esprimerLe il mio punto di vista: sarà difficile attirare querele per uno scritto che, oltre a raccontare un caso di insuccesso personale, parla di fatti lontani nel tempo, tratta temi di scarso interesse e per di più parla di beghe interne, note ora forse solo a qualche persona pensionata o prossima alla pensione. Tutto il Suo scrivere non porta alcun contributo alla discussione dei temi che interessano oggi la città di Milano.

Aggiungo poi che a mio avviso non si sporgono querele per la storia da Lei raccontata, assimilabile al massimo a una commedia per il ruolo ricoperto dagli attori principali. Per quanto mi riguarda poi vorrei farle presente che la sua valutazione di una mia presunta “disonestà intellettuale” discende dal Suo disappunto di aver constatato che da parte mia non ho voluto assecondare il Suo piano di stravolgimento della Fiera, mentre il mio compito era quello di mantenere la Direzione Amministrativa e Finanziaria che l’Ente Fiera mi aveva affidato, in situazione di funzionamento amministrativo.

 

Scrive Massimo Gargiulo ad ArcipelagoMilano – Ho grande stima per il professore Umberto Veronesi, ma sono rimasto molto sorpreso nel leggere su La Repubblica di Milano del 23 marzo come ha argomentato la sua contrarietà all’ubicazione a Sesto San Giovanni del nuovo polo ospedaliero, un po’ pomposamente definito “La Città della salute”, che dovrebbe accorpare Besta, Sacco e Istituto tumori. “Questi due istituti – ha detto il professore riferendosi all’Istituto europeo dei tumori e a quello di Via Venezian – sono una forza per Milano e credo debbano rimanervi. Non vedo perché debbano andare in un’altra città”. Io, che sono nato e vivo da sempre a Milano, non da oggi non riesco a pensare a Sesto San Giovanni come a “un’altra città”, ma a una parte importante di Milano Città metropolitana.

Mi auguro che la scelta su dove ubicare la città della salute si fondi su criteri oggettivi che siano in grado al tempo stesso di soddisfare al meglio le esigenze della popolazione dell’area metropolitana milanese e della Lombardia e di ottimizzare gli investimenti. Non ho elementi sufficienti per valutare quale sia la scelta migliore, se nell’area della caserma Perrucchetti a Milano o in quella dell’ex Falck a Sesto San Giovanni. Tuttavia, se ci limitiamo a prendere in considerazione la dotazione di strade e di servizi di trasporto pubblico delle quali le due aree dispongono, l’area dell’ex Falck risulta decisamente favorita per la vicinanza dei raccordi autostradali, ma ancora di più per il fatto di essere servita sia dalle Ferrovie dello Stato che dalla Metropolitana Milanese, nonché dalle linee di trasporto urbano ed extraurbano su gomma che fanno capo alle stazioni del ferro.

Lo stesso dicasi, a mio parere, se prendiamo in considerazione il numero e la distribuzione dei residenti in prossimità delle aree sulle quali verrà operata la scelta e nei comuni limitrofi. Sono certo che tutti coloro che saranno chiamati a decidere sulla localizzazione della Città della salute non si faranno fuorviare da superate logiche municipaliste, ma sapranno valutare con serenità e indipendenza di giudizio i pro e i contro delle loro scelte in una visione necessariamente metropolitana e regionale lombarda.

 

 



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