20 marzo 2012

arte


 

XX GIORNATA DI PRIMAVERA. IL FAI RISCOPRE L’ITALIA NASCOSTA

Anche quest’anno torna l’appuntamento con il FAI (Fondo Ambientale Italiano) per visitare beni, palazzi, monumenti, ville e spazi “nascosti” e aperti straordinariamente il weekend del 24 e 25 marzo. 670 beni culturali aperti in tutta Italia, da gustare grazie alle visite guidate fatte dai volontari del FAI, che da venti anni continuano questa tradizione ormai cara ai moltissimi appassionati d’arte che ogni anno si presentano numerosi per questa occasione.

Alcuni sono piccoli gioielli sconosciuti, altri sono monumenti noti ma spesso chiusi al pubblico, altri ancora sono luoghi semplicemente “ignorati” dai percorsi d’arte tradizionali. Tante le occasioni e le cose da vedere, con alcune chicche davvero preziose, come l’apertura straordinaria a Milano del Palazzo della Banca d’Italia, aperto al pubblico per la prima volta nella sua storia. Oltre al mirabile edificio di Brogli e Nava, sarà possibile vedere gli arredi originali d’epoca e i capolavori di proprietà della Banca: i dioscuri di Giò Pomodoro, capolavori di Balla, Guttuso, Hayez e tanti altri.

E ancora i Laboratori Ansaldo, l’imponente struttura dove nascono gli spettacoli che andranno in scena sul palco del Teatro alla Scala (costumi, scenografie, falegnameria, sartorie ecc.) già aperti con grandissimo successo nella Giornata FAI del 2006.

Tra le attrazioni cittadine ricordiamo Palazzo Clerici (con gli straordinari soffitti affrescati dal Tiepolo), il Palazzo di Giustizia, opera simbolo dell’architettura fascista, progettata da Piacentini e decorata da affreschi, mosaici e sculture di Marini, Carrà, Melotti e Sironi. E ancora il nuovo Palazzo Lombardia, Palazzo Isimbardi, sede della Provincia di Milano, Palazzo Sormani e altri ancora.

Per la Lombardia sono in programma tanti luoghi e tante attività interessanti da fare e vedere. Un week end unico per scoprire, riscoprire e apprezzare i tanti luoghi d’arte che sono una parte importantissima, e spesso non considerata, del patrimonio artistico italiano.

Tutte le informazioni su modalità, prenotazioni e orari sono sul sito www.giornatafai.it

 

 

LA FAMIGLIA ITALIANA VISTA DAL CINEMA

Nel suo primo week end di apertura la mostra “Famiglia all’italiana” ha visto oltre duemila visitatori. Un’ottima partenza per quella che è stata la prima manifestazione legata al prossimo Incontro mondiale delle famiglie, voluto da papa Benedetto XVI, che si terrà a Milano dal 30 maggio al 3 giugno. Una rassegna gratuita che mostra i cambiamenti della famiglia italiana raccontati attraverso le immagini che hanno fatto la storia del cinema nostrano. Oltre sessanta fotografie, 49 foto di scena affiancate da 21 fotogrammi, per raccontare cambiamenti, evoluzione e sviluppo del nucleo e del ruolo famigliare.

La mostra si sviluppa dunque dagli anni Dieci fino ai giorni nostri, in un percorso cronologico capace di mostrare le trasformazioni che nell’ultimo secolo hanno scosso la società italiana e il concetto stesso di famiglia. “Il cinema tricolore – dice il presidente Fondazione Ente dello Spettacolo monsignor Dario E. Viganò – rende omaggio alla famiglia per quel che è: istituzione dinamica, attraverso cui riflettere in scala i cambiamenti sociali, le increspature del nostro tessuto antropologico, l’ordito esistenziale e la trama relazionale. La famiglia non è un concetto astratto”.

Una famiglia che ha attraversato tutte le fasi della storia, che ne è uscita stravolta, sconfitta, ma a volte anche vincente e rafforzata, unico punto di riferimento in epoca di guerre, conflitti – anche interpersonali – e punto di ancoraggio per i suoi membri all’interno di una contemporaneità che sembra travolgerci all’impazzata.

Se negli anni ’20 e ’30 la famiglia è modello e punto di riferimento fondamentale per regole e comportamenti, con gli anni ’50 e il neorealismo assurge a protagonista la famiglia di ceto medio-basso, un’umanità tormentata e “disgraziata”, che uscirà profondamente cambiata, ma forse anche rafforzata, dal dopo guerra. Si arriva dunque alla rivoluzione degli anni ’60 e ’70 e al concetto moderno di famiglia, con divorzi, sfaldamenti e famiglie più “libere” e allargate.

Ecco allora che attraverso i film di Luchino Visconti, Vittorio De Sica, Pisolini, Rossellini, Verdone, Tornatore, Muccino, Moretti, Monicelli, Avati, Comencini e tanti altri, si avrà la possibilità di fare una carrellata anche sulla storia italiana, sul suo passato più tragico fino agli sguardi irriverenti tipici del cinema dei giorni nostri.

Famiglia all’italiana fino al 1 aprile Palazzo Reale. Ingresso gratuito. Orari: Lunedì 14.30/19.30; Martedì – Mercoledì –Venerdì- Domenica 9.30/19.30; Giovedì – Sabato 9.30/22.30.

 

 

DA BELLINI A TIZIANO. NASCITA ED EVOLUZIONE DEL PAESAGGIO

Si è aperta la nuova stagione delle mostre a Palazzo Reale, e a inaugurarla è niente meno che una mostra su Tiziano e il suo secolo. Il Cinquecento veneto è stato dominato in pittura proprio da Tiziano, un artista che a partire dalla lezione di Giovanni Bellini e di Giorgione ebbe il merito di aver portato la natura e il paesaggio sullo stesso piano dei soggetti allora ritenuti più importanti (scene storiche, nudi, racconti sacri), aggiungendo quindi un elemento di grande modernità all’interno dei suoi dipinti.

Suo fu infatti l’uso nell’accezione moderna, del termine “paesaggio”, parola che compare per la prima volta nel 1552, in una celebre lettera dello stesso Tiziano all’imperatore Filippo II. L'”invenzione” del paesaggio in pittura, come realtà a se stante, fu una vera a propria rivoluzione. Dallo sfondo quasi riempitivo dei dipinti degli artisti delle generazioni precedenti, visto a volte come secondo piano su cui relegare episodi secondari e piccoli dettagli, passò a essere un vero e proprio piano autonomo. Paesaggi fantasiosi, spesso inventati, ma che permisero agli artisti, Tiziano in primis, di sperimentare un nuovo rapporto tra i soggetti rappresentati e la natura, di farli interagire e di renderli complementari.

“Fino alla prima metà del Quattrocento, nel Veneto, quasi non esistono aperture paesistiche nei dipinti, che non siano generici fondali di verzura, o stilizzate convenzioni, come le onde a ricciolo dei mari in burrasca. Prima del nuovo termine tizianesco, l’ambiente naturale era “paese” e gli artisti dipingevano “quadri di paesi”, cioè degli spazi, dei luoghi, considerati sotto il profilo delle loro caratteristiche fisiche e ambientali”, spiega il curatore della mostra Mauro Lucco. Ecco perché il cammino iniziato da Bellini e concluso da Tiziano e seguaci è così importante, tanto da aver fatto arrivare a Milano una cinquantina di dipinti e disegni provenienti da alcuni dei maggiori musei americani – il Museum of Fine Arts di Houston, l’Institute of Arts di Minneapolis – ed europei – la National Gallery di Londra, la Gemäldegalerie Alte Meister di Dresda, le Gallerie dell’Accademia di Venezia, gli Uffizi di Firenze.

La mostra è aperta da due capolavori, la Crocifissione nel paesaggio di Giovanni Bellini e La prova del fuoco di Giorgione, che accompagnano un celebre dipinto giovanile di Tiziano, La sacra conversazione. Fu proprio Bellini il primo a inserire nei suoi dipinti sacri il paesaggio sullo sfondo, distinto però dal soggetto principale, e ben delimitato da drappi, cortine o invisibili valli spaziali. Seguendo il modificarsi della funzione del paesaggio, il percorso si sviluppa poi attraverso le sale, in cui le opere di Palma il Vecchio, Cima da Conegliano, Veronese e Jacopo da Bassano, arrivando alla chiusura con il Narciso di Tintoretto, sono accostate ad altri dipinti di Tiziano, interpreti di questa novità: L’Orfeo e Euridice, La Nascita di Adone, Tobiolo e l’angelo, L’adorazione dei pastori.

Un paesaggio che ha avuto anche una sua declinazione letteraria, grazie a Jacopo Sannazzaro, che in quegli anni compose e pubblicò l’Arcadia (la cui prima edizione del 1504 è esposta in a Palazzo Reale), in cui la natura e la campagna sono descritte come luoghi ameni di delizia e gioia, popolate da pastori e contadini lieti. Italiani ma non solo. Importante dal punto di vista artistico fu anche l’arrivo a Venezia di artisti e opere del Nord Europa, con una diversa sensibilità per il paesaggio: una natura più selvaggia e dura, a volte addirittura malinconica o iperdettagliata, come nel caso del disegno di Brüegel dell’Ambrosiana. E allora ecco concludere con l’ultimo Tiziano, in cui la materia e il mondo stesso sono fervore e movimento. L’invenzione del paesaggio, inaugurata da Giovanni Bellini e Giorgione e sviluppato in modo particolare da Tiziano può dirsi completamente conclusa, lasciando alle generazioni a venire questa straordinaria e rivoluzionaria eredità.

Tiziano e la nascita del paesaggio moderno – Palazzo Reale fino al 20 maggio – orari: 9.30-19.30; lun. 14.30-19.30; gio. e sab. 9.30-22.30 – costi: Intero € 9,00. Ridotto € 7,50

 

KLIMT. DISEGNI PER IL FREGIO DI BEETHOVEN TRA MUSICA E ARTE

Il 2012 sarà un anno interamente dedicato all’artista austriaco Gustav Klimt, in vista del suo 150 anniversario di nascita. Klimt (1862-1918), pittore sopraffino ed elegante, inventore dello stile liberty e padre di quella grande rivoluzione artistica che fu la Secessione viennese, verrà celebrato in tutta l’Austria con una serie di mostre ed eventi a lui dedicati, ma anche nel resto d’Europa, da Parigi a Barcellona, da Londra a Milano.

Ed è infatti Milano che apre le danze klimtiane con una mostra incentrata sul grande fregio di Beethoven, eseguito da Klimt nel Palazzo della Secessione costruito da Olbrich. Il Fregio di Beethoven, lungo 34 metri, è stato infatti qui ricostruito nelle sue parti fondamentali, e accompagnato da 18 disegni originali correlati a questo misterioso e affascinante affresco.

L’originale, custodito a Vienna, fu dipinto da Klimt nel 1902 in occasione della XIV mostra del movimento viennese. L’esposizione, nata in seguito alla creazione della grande scultura policroma di Max Klinger dedicata a Beethoven, fu tutta dedicata alla celebrazione del compositore tedesco, così amato e ammirato dagli artisti secessionisti. Beethoven era considerato l’incarnazione del genio, colui che aveva creato la Nona Sinfonia, incarnazione dell’amore e dell’abnegazione artistica e spirituale.

Ecco allora l’origine del fregio: ispirato dalla Nona, nella declinazione data da Wagner durante la sua esecuzione del 1846, quando Wagner stesso aveva anche descritto nel libretto le immagini che la composizione gli suggeriva. Secondo Wagner solo l’arte e la poesia avrebbero potuto riscattare l’umanità verso una vita migliore. Il fregio ha dunque la stessa funzione liberatrice della musica, in contrasto alla morte e alla decadenza del mondo terreno. Ecco perché il giorno dell’inaugurazione Gustav Mahler venne chiamato a dirigere proprio la Nona Sinfonia all’interno di quella sala.

L’opera si compone di tre parti: L’anelito alla felicità, le Forze ostili e l’Inno alla gioia, la stessa sinfonia che pervade gli ambienti della mostra. Il fregio si pone quindi come la rappresentazione del percorso che il Cavaliere, l’uomo, dovrà affrontare per raggiungere la Poesia, fanciulla affascinante e sensuale, meta del suo cammino. Ma la strada è tortuosa: il Cavaliere dovrà affrontare le Erinni, la Lussuria, la Malattia, il Dolore, il gigante Tifeo ecc. Il Cavaliere arriverà finalmente nelle braccia della Poesia, circondato da un coro gioioso, traduzione visiva dell’Inno alla gioia di Schiller e musicato proprio da Beethoven.

Un tripudio di oro e decorativismo, figure dalle linee eleganti e sinuose, capelli sollevati dal vento, visi taglienti e occhi espressivi, arabeschi e pietre preziose, per arrivare all’opera d’arte totale, che prevedeva l’integrazione delle diverse discipline artistiche (pittura, scultura, grafica, design, arte decorativa e architettura). Qui sembra esserci tutto.

Fondamentali diventano allora i disegni, schizzi e studi preparatori fatti per i personaggi del fregio e per le figure femminili così amate e a volte sfuggenti, che popolano i dipinti di Klimt. Ragazze esili e sensuali, colte in pose naturali, quasi distratte, un esercito di modelle che si aggirava per l’atelier del maestro viennese.

Completano l’esposizione i manifesti originali della Secessione, realizzati dai compagni di Klimt: Koloman Moser, Alfred Roller, Ferdinand Hodler e Leopold Stolba; con anche alcuni numeri di “Ver Sacrum”, lo strumento di divulgazione realizzato dagli artisti secessionisti, rivista/catalogo/opera d’arte totale della loro estetica.

Gustav Klimt – Disegni intorno al fregio di Beethoven fino al 6 maggio, Spazio Oberdan Orari: Martedì e giovedì: dalle 10.00 alle 22.00. Mercoledì, venerdì, sabato, domenica: dalle 10.00 alle 19.30 – Lunedì chiuso Ingressi: intero 8,00 €, ridotto 6,00 / 7,00 €

 

 

ABO E LA TRANSAVANGUARDIA ITALIANA

ABO (Achille Bonito Oliva) vs Germano Celant. I due giganti della critica d’arte si sfidano con due mostre diversissime ma non troppo nella città meneghina. Se Celant ha proposto la sua Arte Povera sparsa per l’Italia, con sede principale presso la Triennale, ABO propone una grande retrospettiva sulla sua Transavanguardia, con seguito di mostre personali in giro per l’Italia. Cinque i protagonisti di ieri e di oggi, riuniti sotto l’etichetta di Transavanguardia proprio da Bonito Oliva alla fine degli anni ’70: Cucchi, Chia, Clemente, Paladino e De Maria. Di ciascuno dei cinque protagonisti raccoglie 15 opere, selezionate dal curatore in collaborazione con gli artisti, scegliendole tra le loro più significative, inedite o particolari.

Teorizzata nel 1979 da Achille Bonito Oliva con un saggio su Flash Art e da questi presentata per la prima volta al pubblico alla XIII Rassegna internazionale d’arte di Acireale, la Transavanguardia ha la propria consacrazione ufficiale nella sezione Aperto ’80 della 39ª Biennale di Venezia, segnando un punto di rottura con le ricerche minimaliste, poveriste, processuali e concettuali che avevano dominato gli anni Sessanta e Settanta. Un movimento artistico che sin dal suo nascere ha saputo e voluto puntare sull’identità della cultura italiana, inserendola a pieno titolo, e con una sua peculiare originalità, nel dibattito culturale internazionale degli ultimi quarant’anni. Nello stesso tempo ha portato l’arte contemporanea italiana a un livello di attenzione, da parte di collezionisti, musei e critici stranieri, del tutto nuovo.

All’idealismo progressista delle neo-avanguardie il nuovo movimento risponde con il ritorno alla manualità dell’arte e alle sue tradizioni. All’utopia del modernismo e del moderno in cui tutto è internazionale, multinazionale e globalizzato, la Transavanguardia, nel suo trans-attraversamento di linguaggi, tecniche e scelte, oppone il genius loci del singolo artista, ossia il territorio del suo immaginario, nonché una rivalutazione del proprio nomadismo culturale e dell’eclettismo stilistico, che si nutre di memorie del passato (vedi i riferimenti longobardi beneventani di Paladino) e di citazioni dalla storia dell’arte, contribuendo così al più generale processo di rielaborazione della Storia e della soggettività avviato negli anni ottanta.

L’evento milanese ruota attorno ad alcune tematiche comuni, che attraversano le diverse poetiche dei cinque artisti: il ritorno alla manualità della pittura, delle tecniche semplici e “primitive”, il narcisismo dell’artista, il doppio e l’altro, la violenza, la natura, l’incertezza della ricerca, l’inconscio, l’immagine tra disegno e astrazione, il tutto in bilico tra bi e tridimensionalità. La mostra raccoglie in tutto 66 opere: 44 provenienti da musei, fondazioni, gallerie e collezioni private italiane, e 22 da musei e collezioni europee.

Si potranno mettere così a confronto le opere dei cinque artisti, appartenenti sì a un’unica corrente ma sicuramente diversi nella propria ricerca personale: le “cupole”, i fiori e i colori sgargianti di De Maria; i dipinti un po’ espressionisti e alla Bacon di Francesco Clemente, nella sua visone dell'”arte come catastrofe”; i riferimenti a Chagall, Picabia, Picasso e De Chirico di Sandro Chia; le memorie storiche, tra forme organiche, simboliche e arcaiche di Mimmo Paladino; infine i riferimenti alla morte e alla decadenza fatti da Enzo Cucchi, in una profusione di teschi e immagini precarie sui suoi fondali desertici.

La mostra di Palazzo Reale è parte di un ciclo progressivo di sei mostre dedicato alla Transavanguardia. In concomitanza con la mostra milanese, sei importanti istituzioni italiane organizzeranno alcune giornate di approfondimento sulla Transavanguardia presiedute da uno dei cinque filosofi del comitato scientifico composto da Massimo Cacciari, Giacomo Marramao, Bruno Moroncini, Franco Rella, Gianni Vattimo, e contestualmente esporranno le opere della Transavanguardia presenti nelle loro collezioni. Alle giornate di studio prenderanno parte critici d’arte, curatori e direttori di musei. Di seguito il calendario delle giornate ancora a venire:

Le mostre personali saranno ospitate in altrettante città italiane tra le più rappresentative della storia e dell’identità italiana, oppure legate alle vicende stesse della Transavanguardia. Le varie mostre saranno incentrate sulla recente produzione dei singoli protagonisti, partendo da un primo nucleo di opere storiche per poi seguire l’evolversi nel tempo e gli esiti ultimi delle loro ricerche artistiche.

Marzo 2012, PALERMO – FRANCESCO CLEMENTE: Palermo, Palazzo Sant’Elia, a cura di Achille Bonito Oliva e Francesco Gallo e l’organizzazione di Civita.

Transavanguardia – Palazzo Reale, fino al 23 marzo 2012 Orari: lunedì 14.30 – 19.30, martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30 – 19.30, giovedì e sabato 9.30 – 22.30 Biglietti: € 9,00 intero, € 7,50 ridotto

 

 

LE “GALLERIE D’ITALIA” NEL CUORE DI MILANO

Dopo il Museo del Novecento, apre a Milano, in centro che più centro non si può, un altro museo destinato a diventare una realtà importante del panorama artistico milanese. Hanno infatti debuttato in pompa magna le “Gallerie d’Italia”, museo-polo museale in piazza Scala, ospitato negli storici palazzi Anguissola e Brentani, restaurati per l’occasione. Un avvenimento cittadino, che ha avuto un’intera nottata di eventi e inaugurazioni dedicate.

Si è iniziato con “Risveglio”, videoproiezione sui palazzi di piazza Scala, a cura di Studio Azzurro, ispirate all’omonimo dipinto Risveglio (1908-23) di Giulio Aristide Sartorio (di proprietà della fondazione Cariplo), artista liberty e simbolista, esposto all’interno del museo. C’è stato poi un incontro con il filosofo Remo Bodei, con una riflessione sul bello e sul valore dei musei, per poi passare alle visite gratuite per il grande pubblico del Teatro alla Scala.

Una serata fitta d’impegni, che si è protratta fino all’una di notte, per permettere ai tanti visitatori in fila nonostante la pioggia battente, di visitare gratuitamente il nuovo museo. E in effetti valeva la pena di aspettare per vedere le tredici sezioni di questo museo che comprende, cronologicamente e per temi, tanti capolavori del nostro passato per approdare poi ai Futuristi. Un ideale partenza per visitare poi il vicino Museo del Novecento.

Un museo voluto e creato, nonostante i tempi poco propizi, da Intesa Sanpaolo e Fondazione Cariplo, da sempre attente all’arte e alla cultura, che grazie al progetto architettonico di Michele de Lucchi, ospita 197 opere dell’Ottocento italiano, in particolare lombardo, delle quali 135 appartenenti alla collezione d’arte della Fondazione Cariplo e 62 a quella di Intesa Sanpaolo. Il percorso espositivo di 2.900 mq, curato da Fernando Mazzocca, propone un itinerario alla scoperta di una Milano ottocentesca, assoluta protagonista del Romanticismo e dell’industrializzazione, ma anche di altre scuole artistiche e correnti.

Aprono il percorso i tredici bassorilievi in gesso di Antonio Canova, che già di per sé varrebbero la visita, ispirati a Omero, Virgilio e Platone; si passa poi ad Hayez e alla pittura romantica, con il suo capolavoro “I due Foscari“; largo spazio è stato dedicato a Giovanni Migliara e Giuseppe Molteni, per passare a Gerolamo Induno; alla sezione dedicata al Duomo di Milano e alle sue vedute prospettiche e quella dedicata ai Navigli. Se a palazzo Anguissola tutto era un trionfo di stucchi, specchi e puttini, l’ambientazione cambia quando si passa al contiguo palazzo Brentani, con la pittura di genere settecentesca, i macchiaioli, con Segantini e Boldini, i divisionisti, il Simbolismo di Angelo Morbelli e Previati, per arrivare all’inizio del ‘900 con quattro dipinti di Boccioni, ospitati in un ambiente altrettanto caratteristico ma più neutro e museale.

Al centro, nel cortile ottagonale, troneggia un disco scultura di Arnaldo Pomodoro. Ma non è finita qui. Al settecentesco Palazzo Anguissola e all’adiacente Palazzo Brentani, si affiancherà nella primavera del 2012 la storica sede della Banca Commerciale Italiana, che ospiterà la nuova sezione delle Gallerie e vedrà esposta una selezione di opere del Novecento.

Insomma un progetto importante che, in un momento di crisi e preoccupazione globale, vuole investire e rilanciare arte, cultura e il centro città, facendo di piazza della Scala un irrinunciabile punto di riferimento, un “salotto cittadino” adatto ai turisti, ma, si spera, non solo.

Gallerie d’Italia – piazza della Scala – entrata libera fino all’apertura della sezione novecentesca del Museo, prevista nella primavera 2012 – Orari: Da martedì a domenica dalle 9.30 alle 19.30. Giovedì dalle 9.30 alle 22.30. Lunedì chiuso

 

 

 

questa rubrica è a cura di Virginia Colombo

rubriche@arcipelagomilano.org


 



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