13 marzo 2012

Scrivono vari 14.03.2012


Scrive Giuseppe Vasta ad ArcipelagoMilano – Completamente d’accordo con l’editoriale di Luca Beltrami Gadola, era ora che qualcuno parlasse con chiarezza del problema “CL”. Che non riguarda come detto solo sanità e assistenza, ma anche le attività immobiliari. Chi non ricorda il progetto per Montecity-Santa Giulia affidato nel 1997 da Zunino all’allora sconosciuta società di progettazione Urbam, diretta a suo tempo da un certo Intiglietta (noto architetto)? O del fatto che l’assistenza legale per lo stesso progetto fosse dell’avvocato Bardelli, che contemporaneamente era consulente legale sui PII per il Comune, pur non avendo fino a quel momento una particolare esperienza sul campo? O dell’Accordo di Programma Fiera, seguito da Formigoni (Presidente Regione), Zola (Presidente Fiera), Lupi (Comune di Milano), Oggioni (dirigente comunale)? Il tutto nel silenzio o con l’accordo della sinistra milanese, che sul PII Santa Giulia si è addirittura astenuta, visto che c’erano le cooperative… E si parla di fatti vecchi di più di dieci anni, senza neanche citare l’orrendo PGT di Masseroli o certe gestioni bizantine dell’Edilizia Privata.

Mi sembra comunque che il quadro politico che si sta delineando con i congressi lombardi del PdL, che vede CL sistematicamente alleata con gli ex fascisti di AN, mostri se c’erano ancora dubbi il carattere intrinsecamente reazionario di tale formazione. È giunta forse ora dunque che parte della sinistra sciolga le ambiguità che la legano a tale organizzazione “familistico-amorale” della peggiore tradizione italiana.

 

Scrive Luigi Gaudio ad ArcipelagoMilano – Non ho parole per esprimere la faziosità e l’assurdo pregiudizio del vostro articolo su Cl.

 

Scrive Maurizio Mottini a Giuseppe Ucciero – Mi complimento con l’analisi e la garbata polemica di Ucciero con Marossi. È il primo sforzo serio per individuare problemi che sono di fronte alla Giunta Pisapia per la costruzione di un rapporto con la città non effimero. Spero che ArcipelagoMilano alimenti un dibattito su questo tema.

Scrive Vito Antonio Ayroldi a Guido Martinotti – Vorrei proprio essere smentito dallo stimatissimo professor Martinotti. Il suo pezzo che è un capolavoro di equilibrio proprio non ce la fa a esimersi – in cauda venenum – dall’inserire come assurdo parallelo la “storia” delle ragazze di un villaggio indiano. Personalmente ho fatto le mie verifiche anche con il Consolato indiano e sulle principali fonti in lingua inglese. Ebbene quella che il professor Martinotti chiama “storia” andrebbe chiamata con il suo vero nome: una bufala inventata di sana pianta a uso di pseudo informati lettori occidentali che, dall’altro capo del mondo, parlano a sproposito di cose che non conoscono. Che c’azzeccano le giovani indiane con la Tav proprio non si capisce. Del resto di queste storie sono pieni i fogliacci freepress distribuiti nei metro. Qualche tempo fa avremmo dovuto seriamente credere alla “storia” di un bambino autodidatta di un villaggio indiano che avrebbe vinto un concorso alla NASA.

A me pare scorretto dal punto di vista metodologico prima che essere un atteggiamento di stampo neanche tanto vagamente razzista di cui a quanto pare non si riesce a mondarsi mai fino in fondo. Cosa dovrebbero pensare di Noi italiani, gli Indiani se, come paradosso della libertà diffondessero la “storia” vera, certificata che, in nome della LIBERTA’ oltre 300 Parlamentari Italiani hanno votato e giurato e dichiarato che si: il Presidente del Consiglio italiano era assolutamente convito che una certa marocchina potesse essere la nipote di Mubarak. Contorsioni della libertà, o umiliante epifania di un paese putrescente? Lascio questa meditazione al professore e a tutti Voi.

 

Scrive Gregorio Praderio a Grazia Franceschi – Sull’intervento di Grazia Franceschi vorrei ricordare che se piazza Tommaseo è rimasta una bella piazza, è anche per le proteste degli abitanti che hanno chiesto la rivisitazione del progetto originario. Per piazza S. Ambrogio vorrei ricordare invece che il tema in questione non è solo la sistemazione a terra, ma anche l’opportunità di prevedere un parcheggio pubblico a rotazione in una zona centralissima ben servita dai mezzi pubblici, visto l’obiettivo dell’attuale (ma anche della precedente) amministrazione di ridurre il traffico in centro (e quindi favorire il trasporto pubblico come scelta modale). Mi dispiace che il Comune di Milano e i titolari della concessione, che credo siano persone ragionevoli, non riescano a trovare una soluzione di reciproca soddisfazione.

 

Scvive Raffaello Morelli a Ilaria Li Vigni – Condivido il sostegno dell’avvocato Li Vigni al progetto del Comune di Milano di riconoscere le unioni civili. Tuttavia, vorrei una maggior decisione nell’attuarlo e maggior esattezza sugli avversari da fronteggiare. Sulla maggior decisione, l’avvocato Li Vigni giustamente sostiene che è molto importante iniziare dalla formale registrazione delle coppie conviventi e da diritti amministrativi. E segnala anche che il documento verrebbe varato in estate – dopo la visita del Papa a Milano per celebrare la famiglia – onde evitare la contrapposizione con i cattolici. Ora, la visita del Papa non deve influenzare una decisione sulla convivenza di cittadini.

La Costituzione non impedisce i vari tipi di convivenza affettiva (l’art. 29 sancisce i diritti della famiglia tradizionale, non esclude di darli ad altre forme) e dunque riconoscere le unioni civili non significa contrapporsi al Papa che celebra la famiglia cattolica, ma solo contrapporsi alle posizioni omofobe di Alfano. Se si accettasse di rinviare la decisione a dopo la visita papale, si farebbe del Registro un atto contro i credenti cattolici facendogli perdere il senso di quello che è, una scelta neutrale nel segno della laicità. Sarebbe un errore grave concettualmente (la laicità delle istituzioni non è antireligiosa, è solo non accettare la fede come fonte legislativa) e depistante (l’avversario della laicità non è la Chiesa che svolge liberamente il proprio magistero, sono i cattolici chiusi che vogliono imporre a tutti i propri punti di vista).

L’errore porta ad attribuire colpe della eventuale dilazione ad alcune gerarchie cattoliche, addirittura coltivando l’illusione di una Chiesa divisa. A parte che, in materia matrimoniale, la Chiesa non è affatto divisa circa i propri precetti, anche lo fosse questo non deve interessare le istituzioni civili. Non si regola la convivenza entrando nelle dispute religiose. Si regola su base civile e, così, non sussistono motivi per dilazioni sul registro. Perché le unioni civili riguardano i cittadini che, credenti e non credenti, intendono vivere l’affettività nei suoi diversi aspetti. Solo mantenendo separati gli effetti civili dalle pulsioni religiose, può essere dipanato il delicato tema della convivenza. Per cui, se (purtroppo) dilazione vi sarà, la colpa non va attribuita alla gerarchia ma a tutti coloro (laici sedicenti in testa) che, per convenienze conformistiche, non mantengono separate le istituzioni dai valori religiosi.

 



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