6 marzo 2012

I REGISTRI DELLE CONVIVENZE: SE NON ORA… QUANDO?


Sulle coppie di fatto, nel corso delle ultime settimane, vi è stata un’accelerazione della giunta comunale per il riconoscimento delle unioni civili con conseguente approvazione del regolamento apposito. Si pensa anche a uno sportello speciale, a cui denunciare “atti discriminatori non solo legati agli orientamenti sessuali, ma anche alle appartenenze di carattere etnico, culturale e di opinioni”.

Secondo indiscrezioni di queste ultime ore, però, l’approvazione del documento sarà rimandata a dopo l’estate, e cioè dopo la visita del Papa a Milano che giunge nel capoluogo milanese proprio per celebrare la famiglia il prossimo 1° giugno. Evitare dunque la contrapposizione forte con i cattolici sembra l’idea della giunta comunale su un tema molto complesso in merito al quale troppi sono gli stereotipi e i luoghi comuni, che emergono sia nel dibattito civile sia nel dibattito religioso.

Anzitutto: il cosiddetto “Registro delle coppie di fatto” a livello comunale ha un valore meramente amministrativo e non pone davvero alcuna petizione di principio sul riconoscimento della famiglia, quale ente fondativo della società. Tale Registro, inoltre, affinché non sia un vuoto contenitore formale, deve essere supportato da un’adeguata normativa in materia di diritti e doveri delle cosiddette “convivenze di fatto”.

Nel nostro paese, come sappiamo, la legislazione in proposito è ancora a livello davvero embrionale e, nonostante numerosi enti locali (si pensi alle città di Bologna, Firenze, Torino e Napoli e alle regioni Toscana, Emilia Romagna e Calabria, solo per citarne alcune) abbiano istituito degli appositi registri per le unioni civili e formalizzato alcune norme di attuazione, di fatto siamo a un punto fermo. Non vi è alcuna legge nazionale che disciplina la complessa tematica e le varie forze politiche sono arroccate su alcune posizioni pregiudiziali atecniche fortemente legate anche al giudizio delle gerarchie ecclesiastiche.

A parere di chi scrive, senza presunzione di alcuna completezza di ragionamento in una materia davvero spinosa e ostica, occorre tuttavia depurare ogni ragionamento da pregiudizi politici che hanno ben poco valore. E procedere con la politica dei “piccoli passi”, introducendo una formale registrazione delle coppie conviventi e alcuni diritti di mera natura amministrativa, si pensi all’accesso agli alloggi di edilizia popolare e alle possibilità di visita come “convivente” in istituzioni quali gli ospedali e gli istituti di pena.

Proprio per questa ragione l’istituzione del Registro, con valore, si ripete, meramente simbolico, rappresenta un passo molto importante per affrontare questa tematica al di là dei dibattiti ideologici. Ben venga il confronto tra le forze politiche di questi giorni, ma che sia stringato e tocchi davvero temi cruciali della normativa e della sua applicazione e non sia un vuoto temporeggiare in attesa della visita del Papa di giugno.

Se la politica continua a ragionare con schemi logici preconcetti, in adesione agli slogan di alcune gerarchie ecclesiastiche (e, si badi bene, non della Chiesa nel suo complesso, pensiamo ad alcune prese di posizione degli ultimi anni della Diocesi di Milano!) non si farà molta strada su un tema indubbiamente complicato, ma che può essere “dipanato” e reso “praticamente giuridico”, nel rispetto pieno e indissolubile della persona umana.

Sarebbe bello che in un’Italia in cui la capitale politica e la (forse ex) capitale morale non hanno ancora un Registro delle convivenze, a dispetto delle attuali normative europee in materia e soprattutto di un percorso condiviso di tutela dei diritti umani, si ponesse con celerità fine a questa grave mancanza, nel pieno rispetto degli interessi della persona e della comunità.

Attendiamo, quindi, con fiducia che le forze politiche milanesi trovino il coraggio di iniziare questa strada, che sarà lenta, che sarà in salita, ma che si deve necessariamente percorrere insieme.

 

Ilaria Li Vigni

 

 



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