6 marzo 2012

musica


 

MUSICA DALL’INGHILTERRA E DALLA RUSSIA

La musica classica non è mai stata un vanto degli inglesi. Dopo l’incantesimo della seconda metà del seicento, con il grandissimo Henry Purcell, bisognerà aspettare l’arrivo di Benjamin Britten, nel pieno del secolo scorso, per trovare un musicista inglese di rango realmente internazionale: in tutto il settecento e l’ottocento il Regno Unito ha prodotto musica popolare o poco più. L’arrivo dei Beatles ha sconvolto un paese che, nonostante sia sempre stato molto interessato alla musica (si pensi alle presenze londinesi di tutti i grandi musicisti italiani e tedeschi), è sembrato incapace di produrne.

Per questo il programma della scorsa settimana all’Auditorium era molto interessante: un direttore (Wayne Marshall) e un pianista (Piers Lane) inglesi hanno proposto due autori inglesi praticamente sconosciuti (Gustav Holst e John Ireland), con due opere composte fra il 1920 e il 1930. Se la musica da balletto dell’opera “The perfect fool” di Holst ha qualche fascino grazie soprattutto all’impiego maestoso degli ottoni e delle percussioni (ma che bravi gli ottoni della Verdi, neanche una nota fuori posto, per non dire della mitica precisione di Viviana Mologni ai timpani!), il Concerto per pianoforte e orchestra in mi bemolle maggiore di Ireland è tanto modesto e insignificante da dimostrare perfettamente l’incapacità di cui abbiamo detto. Quel povero Lane si è prodigato fino all’inverosimile per dare un senso a ciò che suonava, ma con risultati purtroppo irrilevanti; una musica “inutile”.

Molto più godibile, anche se meno intrigante, la seconda parte del concerto presentava la bella Sinfonia n. 4 – anch’essa in mi bemolle maggiore – capolavoro di Alexander Glazunov, di questo straordinario musicista che, allievo di Rimskij-Korsakov e maestro di Šostakovič, visse gli ultimi anni della sua vita esule a Parigi dopo averne consumata la più parte a San Pietroburgo. La quarta sinfonia è stata scritta, proprio a San Pietroburgo, nell’anno in cui moriva Čajkowskij, dove sei anni prima era mancato Borodin e sei anni ancora prima era scomparso Musorgskij. Un luogo e un momento magici per la musica russa ed è interessante osservare come quella di Glazunov, forse di più delle altre, dimostri come allora quella regione fosse a tutto tondo un pezzo dell’Europa. Le reciproche influenze con il sinfonismo tedesco sono talmente forti che in Glazunov si stenta a riconoscere la matrice slava, che invece capita di svelare – per esempio, ma neppure raramente – nella musica di Brahms, che di slavo non aveva alcunché.

La complessità di questo concerto era resa plasticamente evidente dalla figura del direttore, un nero dalla elegantissima figura che – con i movimenti dinoccolati e il frac corredato dalla cravatta nera lunga anziché dal classico papillon bianco – sembrava uscire più da un locale di New Orleans che dal Royal College of Music di Londra di cui è membro onorario. Wayne, che vive con una bella moglie e una bella figlia a Malta, non è solo l’acclamato direttore d’orchestra e il grande interprete della musica inglese e americana del secolo scorso – da Gershwin a Britten, dal jazz al musical – ma è anche un noto organista, titolare dell’organo della Bridgewater Hall di Manchester, e dottore honoris causa dell’università di Bornemouth. Alla faccia dei problemi di integrazione per i quali tanto ci affliggiamo in Italia.

L’orchestra Verdi si è dimostrata, anche in questa occasione, di una duttilità e di una freschezza straordinarie, sia nell’affrontare partiture nuove prive di riferimenti nel repertorio tradizionale che nel seguire con facilità un direttore così diverso dagli altri. Ma anche nello stabilire con lui un rapporto profondo e intenso che dura ormai da qualche anno e nel passare da un autore – da un’epoca, da una cultura, da un paese – all’altro restituendo l’atmosfera e il “mood” che a ciascuno di essi compete.

 

Musica per una settimana

*mercoledì 7 al Conservatorio (Società dei Concerti) il pianista serbo Alexandar Madzar esegue tutte le sei Partite di Bach (BMW da 825 a 830)

*giovedì 8 e sabato 10 al Teatro Dal Verme l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali diretta da Daniel Agiman in un programma che prevede il Conzert Romanesc di Ligeti, Ein musikalischer spass K. 522 e il Concerto n. 4 per corno e orchestra K. 495 (cornista Stefan Dohr) di Mozart, la Sinfonia n. 102 di Haydn

*giovedì 8, venerdì 9 e domenica 11, all’Auditorium, l’Orchestra Verdi diretta da Wayne Marshall esegue la Sinfonia n. 2 (The age of anxiety) di Leonard Bernstein e – di George Gershwin – la Rapsodia in blu (pianista Emanuele Arciuli) e Un americano a Parigi

*sabato 10 alle ore 17 nella Sala VIII della Pinacoteca Di Brera, per la Società del Quartetto il Quartetto Savino esegue i Quartetti in sol maggiore K. 387 di Mozart ed il n. 1 in la minore, opera 41 n. 1, di Beethoven

*domenica 11 alla Scala prima della “Donna senz’ombra” (Die Frau ohne Schatten) di Richard Strauss diretta da Marc Albrecht per la regia di Claus Guth

*lunedì 12 al Conservatorio (Serate Musicali) i Solisti di Mosca, diretti da Yuri Bashmet, nel Concerto in sol maggiore per viola e orchestra di Telemann, la Musica da camera per viola, cembalo e archi di Dnisov (del 1982) e il Quintetto in si minore per clarinetto e archi (nella versione per viola ed archi) opera 115 di Brahms

*lunedì 12 a Casa Verdi in piazza Buonarroti la giornalista Floriana Chailly nel primo appuntamento del ciclo “Parole in nota 2012” per la Società del Quartetto

*mercoledì 14 al Conservatorio (Società dei Concerti), la pianista Olga Kern esegue di Beethoven le 10 Variazioni sul duetto “La stessa, la stessissima” del Falstaff di Salieri e la Sonata in do maggiore opera 53 (la “Waldstein”); poi, di Liszt, le Rapsodie n. 2 e n. 10 e la Rapsodia Spagnola

*mercoledì 14 alla Scala prima replica della “Donna senz’ombra”

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org

 

 



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