5 marzo 2009

MA L’EXPO È UNA SFIDA ALLA SINISTRA


A rileggere il dibattito che si è aperto dopo l’assegnazione a Milano dell’Expo 2015 si ha l’impressione che la sinistra milanese non abbia colto appieno l’importanza dell’evento e della sua preparazione. Gli expo-scettici e gli expo-dubbiosi sono ormai numerosi, sia tra gli esponenti politici che nell’opinione pubblica e si aggiungono ai tradizionali movimenti antagonisti che si sono opposti prima alla candidatura di Milano, ora alla realizzazione dell’Expo. Secondo il sondaggio telematico (per quel che vale) pubblicato un mese fa nelle pagine milanesi di Repubblica tra chi pensa sia meglio rinunciare all’evento (43%) e chi lo vorrebbe ridisegnato in un’ottica meno dispensiosa (32%), raggiungono il 75% coloro che sono spinti a ripensare il progetto dell’EXPO 2015 a Milano a seguito della crisi economica internazionale, i ritardi del Governo nei finanziamenti e i litigi sulla governance della società di gestione.  E diversi dirigenti politici e sindacali pensano che l’Expo sia una manifestazione d’altri tempi, anacronistica rispetto al sistema globale della comunicazione, inadeguata come strumento anti-ciclico, pericolosa per lo sviluppo urbano, non in grado di curare i molti – antichi e recenti – mali della metropoli milanese.

All’Expo-day organizzato dal gruppo consiliare del PD si è provato a porre le basi per un prima controffensiva. L’Expo è una grande opportunità per Milano, ma è anche una grande sfida per la sinistra riformista e come tale va affrontata. Nel modo in cui il centro-sinistra milanese guarda allo sviluppo dell’area metropolitana ci sono nodi politici e culturali da sciogliere, linee strategiche da definire. L’Expo è l’occasione per farlo visto che il tema centrale della manifestazione fa parte dei valori costitutivi della sinistra, in tutte le sue declinazioni e componenti: il diritto ad una alimentazione sana, sicura e sufficiente per tutti i popoli della terra alla luce dei nuovi scenari globali. Che significa non solo lotta alla fame e alla sete, ma alla povertà, alle carestie, alla malnutrizione, alla mortalità infantile, alle epidemie. E ancora: rispettare l’ambiente e gli eco-sistemi agricoli, preservare la bio-diversità, contrastare la desertificazione, prevenire la siccità, valorizzare le innovazioni e le tecnologie produttive, governare lo sviluppo delle biotecnologie. Se non hanno idee chiare e risposte possibili a queste grandi sfide, come potranno i riformisti qualificarsi come l’alternativa politica capace di costruire un mondo globale più giusto, più libero e meno diseguale?

Alla sfida globale si affianca quella locale, che non è meno impegnativa. Se i riformisti milanesi non sapranno controllare e guidare – anche dall’opposizione – le scelte e lo sviluppo delle opere per l’Expo e le sue infrastrutture, non potranno proporsi verosimilmente come l’alternativa politica in grado di progettare e realizzare una città a misura di futuro, capitale dei diritti, motore dello sviluppo sostenibile, interprete della creatività e della modernità cosmopolita, crogiolo pacifico di etnie e religioni, un territorio che si confronta con le altre grandi metropoli del mondo per qualità della vita, dell’ambiente, del lavoro e del welfare.

La crisi economica dovrebbe stimolare e accelerare, non frenare, la discussione pubblica sul progetto Expo 2015.  L’Expo è una sfida alla sinistra, alla sua capacità di produrre classe dirigente – idee e persone – in grado di coordinare in nome dell’interesse generale gli specialismi professionali e i tanti interessi particolari che il progetto Expo mette in movimento. Se la formula non godesse in questo momento di scarso appeal, un “governo ombra” del progetto Expo potrebbe essere l’organizzazione adatta a dare continuità e sostanza al lavoro iniziato con il PD-Expoday.  Non possiamo rassegnarci all’idea che lo slogan “Nutrire il pianeta, energia per la vita” sia stata solo un’ottima trovata pubblicitaria per dirottare a Milano risorse pubbliche e spartire la torta degli affari tra i pochi e soliti noti.  Per questo possiamo chiamare le migliori intelligenze della città (scienza, ricerca, tecnologie, professioni) e i protagonisti generosi del mondo solidale (associazioni, volontariato, terzo settore) a far parte di uno steering committee, una guida ricca di saperi e di competenze, e anche per questo politicamente autorevole, che tenga ferma la rotta della “Esposizione Universale” di Milano verso gli obiettivi per cui è stata progettata.

Stefano Draghi



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