28 febbraio 2012

SEA – COMUNE: MAI SOTTO IL 51%


L’ipotesi di cessione di un ulteriore 25% di SEA va analizzata in modo razionale, tenendo conto degli interessi dei lavoratori del gruppo, dell’indotto, degli utenti, del territorio e della strategicità della SEA stessa. La prima riflessione va fatta sui risultati concreti degli ultimi anni: sotto le amministrazioni Albertini, Moratti e Pisapia la Sea ha prodotto per gli azionisti più di 500 milioni di euro, tra dividendi ordinari e straordinari, di cui il Comune di Milano ha beneficiato per l’84%. In più il Gruppo SEA ha mantenuto mediamente un organico di circa 5.500 lavoratori con rapporto di lavoro stabile e sicuro. Certamente un grande valore sociale ed economico per il territorio.

Gli obbiettivi sopra indicati fanno ritenere che la vendita del 29.75% al Fondo 2i per 340 milioni, più altri 45 quando sarà andato in porto il contratto di programma, per tutti gli anni a venire comporterà una forte riduzione dei dividendi per il comune di Milano soprattutto se, come riportano alcune notizie di stampa, il Comune scendesse sotto il 51%.

C’è chi sostiene nella Giunta Pisapia che della SEA vanno vendute ulteriori quote sino ad arrivare alla soglia del 25% in mano al Comune, perché la società non è ritenuta strategica. Questo però è un giudizio discutibile in quanto tutte le aziende che mantengono occupazione stabile e sicura, soprattutto in questa fase di crisi, che sono nelle condizioni di intercettare le economie mondiali, che producono servizi competitivi e creano ricchezza nel territorio, che hanno concrete potenzialità per la crescita, sono per loro natura strategiche.

Assistiamo al fatto che la SEA è diventata una preda perché le infrastrutture aeroportuali sono in realtà un monopolio e chi ne ha acquistato una parte e tenta di acquisire ulteriori quote come F2i, lo fa perché vuole fare l’immobiliarista con gli affitti, i parcheggi e le attività commerciali e vuole riscuotere le tasse aeroportuali sui passeggeri e sulle compagnie aeree, così come si riscuote la bolletta del gas o della luce elettrica.

I capitali spesi per comprare le quota SEA da parte del Fondo 2i (cassa depositi e prestiti più fondazioni bancarie) non sono capitali che creano ricchezza, ma la spostano da un soggetto all’altro come nel nostro caso: dalla SEA al Fondo 2i; questi capitali non creano insomma aziende start up per costruire prodotti innovativi ed esportarli nel mondo, ma si rifugiano in settori dove vige in buona sostanza un monopolio incontrastato. Da questi tipi di operazioni nascono a livello generale inefficienze locali e nazionali, mentre la collettività non ricava alcun vantaggio.

La SEA è un patrimonio pubblico, un bene comune costruito nel corso di sessant’anni da molte generazioni di lavoratori che non va alienato perché rappresenta un settore vitale per la comunità, quindi la sua natura non può non avere un profilo di interesse collettivo democraticamente controllabile dai lavoratori e dai cittadini. La SEA perciò non va svenduta, ma dev’essere valorizzata in tutti i suoi settori sotto l’indirizzo e il controllo del Comune di Milano, inoltre va esperita una trasparente e rigorosa procedura di spending rewiew per eliminare incrostazioni e sacche di inefficienza con l’obbiettivo di raggiungere i più alti parametri di produttività, di competitività, di equità, di efficienza e di crescita.

La trasformazione del pacchetto azionario della SEA che lascerebbe nelle mani del Comune solo il 25% comporta la concentrazione del potere economico dell’impresa in capo a pochi “tecnocrati” che rispondono solo ai loro gruppi di interesse e a se stessi. In questo modo cambia la natura sociale della SEA, che è sempre stata vissuta dalla comunità e dai lavoratori come un bene collettivo a cui ognuno contribuiva e contribuisce tuttora con spirito di partecipazione.

Chi dice che anche solo con il 25% il Comune può controllare le strategie aziendali fa un’affermazione non credibile perché chi conta in realtà sarà sempre il soggetto che possiede la maggioranza delle azioni, in più i dividendi saranno logicamente ripartiti in base alla quantità delle azioni possedute, perciò in futuro il Comune non potrà più incassare i congrui dividendi distribuiti negli anni passati.

Tutta la vicenda della vendita del 29,75% di SEA al Fondo 2i non ha visto partecipi i lavoratori che sono stati di fatto completamente esautorati, nonostante fossero stati siglati accordi per dar loro la possibilità di acquisire un certo numero di quote dell’azienda in concomitanza della quotazione in borsa. Si intende dire che anche a fronte della mancata quotazione, il principio di partecipazione all’azionariato da parte dei dipendenti nella fase di vendita doveva essere salvaguardato.

Con l’ingresso in SEA del Fondo 2i è necessario porre degli interrogativi: quali saranno le ripercussioni su SEA Handling? Settore con circa 3200 lavoratori. Il Fondo 2i manterrà questo importante Settore nel gruppo SEA? Che accordi sono stati fatti con il Comune sul futuro dell’handling? Sappiamo che a Napoli Capodichino il Fondo 2i, possessore del 70% di GESAC, svolge solo attività di Gestore Aeroportuale e non di Handler, anzi l’attività di PRM, (passeggeri con ridotta mobilità) precipua del Gestore, viene svolta in appalto dalla azienda GH (Ground Handling) della famiglia Zincone.

A questo punto la FLAI intende ribadire con fermezza la sua contrarietà al fatto che il Comune scenda sotto il 51% e pertanto, qualora il Comune insistesse con ulteriori dismissioni propone due soluzioni: la prima riguarda la possibilità dei lavoratori di acquisire il 3% che è la differenza tra la soglia del 51% e l’attuale 54% posseduta oggi dal Comune; la seconda riguarda la possibilità, a fronte di una eventuale decisione del Comune di cedere un altro 25%, di fare un’offerta pubblica di vendita per questo 25% ai lavoratori, agli operatori aeroportuali, ai cittadini e agli Enti che hanno un rapporto con le attività aeroportuali con un tetto massimo per ogni gruppo del 3%.

Riteniamo tali proposte più in linea con gli interessi del territorio, più democratiche, perfino più efficaci per realizzare un modello di partecipazione e di socializzazione di un prezioso bene comune come la SEA. Auspichiamo perciò che il maggior azionista, Il Comune di Milano e la Giunta Pisapia ci stupiscano con qualche risposta.

 

Franco Ciarcia



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