28 febbraio 2012

IMU E PARIFICATE. IL BANDOLO DELLA MATASSA


La coincidenza dell’emendamento Monti sulle esenzioni IMU e del Convegno nazionale del Fondo Ambiente a Milano, spinge a riflettere sul tema dei rapporti tra istituzioni e forme di no profit.

Monti ha scritto un emendamento per rendere le esenzioni IMU accettabili in Europa: l’esenzione riguarda le modalità non commerciali, sennò l’immobile paga l’IMU chiunque ne sia il proprietario. Lo stesso Monti aveva detto che quanto al riconoscere le radici giudaico-cristiane “ciascuno di noi, me compreso, può avere una preferenza affinché vi sia, ma è importante vedere che la Ue incarna valori etici che molto più spesso sono stati assenti nelle politiche degli Stati, anche nel nostro Paese, come giustizia distributiva ed equità intergenerazionale”. Dunque con l’emendamento, Monti non rinnega il suo personale cattolicesimo ma opera come Capo di Governo all’europea che non si inchina a esigenze in contrasto con la laicità istituzionale. La laicità istituzionale è affidarsi alla diversità del cittadino in tutte le diverse espressioni. Non rispettarla non è equo. Il primo passo è impedire che le esenzioni IMU siano utilizzate per distorcere la concorrenza. E questo non riguarda solo la Chiesa ma tutto il mondo assistenziale che finora ha utilizzato le esenzioni.

Il governo è chiaro, il convegno FAI un po’ ambiguo. Fin dal sottotitolo, “Per un ruolo collettivo del cittadino italiano”. Spero sia un infortunio linguistico, perché se si dovesse prendere alla lettera “ruolo collettivo”, ci sarebbe da dire che il FAI avrebbe una deriva totalitaria, il che non può essere. Purtroppo ci sono state anche le parole dell’Abate di Sant’Ambrogio, padrone di casa, che preso dall’entusiasmo per “il valore della gratuità, del dare disinteressato e della sua dimensione umana”, cioè “del volontariato che non chiede mai il conto”, si è spinto oltre e ha fatto altre affermazioni assai discutibili dal punto di vista istituzionale: “la vita va giocata sulle passioni buone, non sull’interesse personale”. Un po’ di controcanto lo ha fatto, meno male, il Sindaco dicendo che si incide con i fatti e non con le parole e che va riscoperto il valore dell’ascoltare gli altri.

Come si vede, sono due esempi di logiche opposte dal punto di vista civile. Il governo si sforza di introdurre regole per rispettare la diversità di tutti i cittadini (anche con i controlli sulle Onlus), altri auspicano un’attenzione a preferenze mirate respingendo il principio delle diverse scelte di vita. Naturalmente come liberale condivido sul punto la scelta di Monti, siccome la convivenza è tanto più feconda quanto più adopera il conflitto democratico delle diversità e non il conformismo del contentare di tipo buonista. Le due logiche portano a differenti linee delle istituzioni. Se rispettano i diversi, allora consentono l’esprimersi di ambedue le logiche (e anche altre) ma finanziano solo le iniziative pubbliche, non impositive per natura. Se ritengono alcuni più degni di altri, li finanziano anche con i soldi di chi non condivide la loro impostazione e sono impositive. Un riscontro di tale differenza lo ha dato la reazione all’emendamento Monti.

Chi vorrebbe finanziare con soldi pubblici i propri principi (parlamentari milanesi in prima fila), è immediatamente saltato su chiedendo di interpretare la nuova regola nel senso che le scuole parificate dovrebbero essere esentate dall’IMU al pari di quelle pubbliche. Mentre scrivo non so se il Governo resisterà a queste richieste delle parificate, in prevalenza comprese nell’area della cultura cattolica. Però dico che dovrebbe. Per semplice coerenza con il principio base dell’emendamento. Quello di impedire distorsioni della concorrenza (perché violano i trattati).

Infatti, le scuole parificate rientrano nella libertà costituzionale di impresa nel settore educativo ma non in una libertà di insegnamento privato a carico dello Stato, che non c’è e non ci deve essere. La libertà di insegnamento privato è possibilità di insegnare cosa si vuole, non di essere finanziati per farlo. Sostenere il contrario – e cioè che solo con il finanziamento pubblico si potrebbero insegnare alcune importanti culture –  significa non riconoscere la funzione educativa pubblica come connettivo del convivere tra soggetti culturalmente diversi e dichiarare che per istruire secondo gli indirizzi della famiglia sarebbero leciti recinti protetti decisi solo dalla famiglia a spese delle istituzioni. Il percorso educativo privato è ammesso ma non con il contributo spese di tutti gli altri.

Altrimenti la convivenza salterebbe subito e si avrebbe l’integralismo multiculturale tra ghetti invece del pluralismo liberale. Di fatti una scuola è parificata quando la sua gestione privata segue programmi e regole dello Stato. Quindi, se non è un raggiro, una scuola parificata non esprime la privata libertà di insegnamento, bensì una scelta di impresa nel settore educativo. Dicono che allevierebbe i compiti dello Stato. Ammesso sia vero, dirlo non significa che lo Stato articoli i propri compiti dando privilegi fiscali e soprattutto non elimina l’interesse imprenditoriale d’origine (genera introiti, se gratuita avrebbe già l’esenzione IMU per gli usi culturali). Dunque la concorrenza d’impresa non va violata.

Pertanto, con il criterio della sovranità di cittadini diversi, l’esenzione IMU non si applica alle parificate. E a ogni attività, anche gestita dal volontariato, che abbia caratteri economici (tipo strutture commerciali no profit). La finalità del proprietario non deve indurre esenzioni IMU. Il proprietario, quanto guadagna con l’attività commerciale, al netto delle imposte, può utilizzarlo come vuole. Ma aumentare il guadagno, o solo pareggiare i costi, diminuendo le imposte in base ai fini della proprietà, avvantaggia un potere di fatto. Le istituzioni, specie oggi, non devono finanziare le scelte dei convincimenti privati. La crescita del sistema si fa con prodotti e servizi validi, non con la droga dei privilegi a qualcuno.

 

Raffaello Morelli

 



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