28 febbraio 2012

PROVINCE: NEXT STOP AREA METROPOLITANA


La Costituzione Italiana entrata in vigore il 1° gennaio 1948 assegnava alle regioni prevalentemente funzioni legislative e di indirizzo. Il comma 3 dell’articolo 118, infatti, recitava “La Regione esercita normalmente le sue funzioni amministrative delegandole alle Province, ai Comuni o ad altri enti locali, o valendosi dei loro uffici”. Come è noto, nonostante il dettato costituzionale, le regioni si sono via viva sempre più caratterizzate come organi di gestione, realizzando in molte funzioni un vero e proprio centralismo regionale.

La legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 ribalta i termini della questione dichiarando con il comma 1 dell’articolo 118, così come modificato, che “Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza”. Non mi sembra che il nuovo enunciato dell’articolo 118 abbia trovato applicazione o quanto meno abbia interrotto la corsa delle Regioni verso la centralizzazione delle funzioni amministrative.

La manovra del governo Monti prevede che le funzioni delle Province vengano trasferite ai Comuni o alle Regioni (a quanto pare entro il 31 dicembre 2012). Vedremo se, in questo caso, i principi ispiratori del nuovo enunciato dell’articolo 118 troveranno coerente applicazione.

C’è da dire che dubbi sugli effettivi risparmi derivanti dall’abolizione pura e semplice delle Province erano già stati sollevati l’estate scorsa dal Servizio studi del Senato (allora ci si limitava a quelle piccole) che evidenziava come tali misure avrebbero potuto produrre costi superiori ai risparmi, peraltro non quantificati dal governo, per il manifestarsi di possibili profili onerosi, in particolare nella fase di transizione. Valutazioni confermate nel dicembre scorso da uno studio dell’Università Bocconi di Milano relativo a tutte le province.

Ciò detto, io sono per il mantenimento delle Province, rivedendone le funzioni nel più generale riordino delle competenze degli enti locali, e per il depotenziamento del centralismo gestionale e amministrativo delle Regioni. Però, poiché sono più che consapevole della necessità di risparmi e razionalizzazioni, sono favorevole all’abolizione dei Consigli Provinciali (eliminando in tal modo anche i costi delle elezioni provinciali) da sostituirsi con l’Assemblea dei Sindaci, al dimezzamento degli Assessori e alla drastica riduzione delle spese di rappresentanza. Inoltre, sempre nelle prospettiva della razionalizzazione, sarei anche favorevole alla riduzione del numero delle Province da realizzarsi attraverso opportuni accorpamenti, individuati sulla base di criteri di efficienza.

Viceversa, il destino assegnato alle Province, qualunque esso sia, dovrebbe dare finalmente il via alla realizzazione delle Città metropolitane, previste già dalla legge 142 del 1990, inserite nella Costituzione Italiana dal 2001 e ribadite dalla legge delega 42/2009. Provvedimento questo che costituirebbe un vero fattore di ammodernamento della pubblica amministrazione locale.

Mi pare che questo tipo di proposte stiano trovando crescenti consensi nel dibattito politico e che siano già adesso contenute in progetti di legge di iniziativa parlamentare, che trovano la convergenza di parlamentari dei diversi schieramenti. Più o meno nella stessa direzione si muove l’UPI – Unione Province Italiane, che chiede il contemporaneo riordino degli uffici periferici dello Stato e l’abolizione di enti e agenzie strumentali. C’è da dire che la legge 42/2009 individua ben quindici città metropolitane tra quelle indicate dal Parlamento italiano e dalle Regioni a statuto speciale, ma è mia opinione che soltanto Roma (Capitale), Milano, Napoli e Torino e pochissime altre abbiano le caratteristiche per poter essere considerate tali.

Andrebbe altresì fissato un termine entro il quale il Parlamento dovrà provvedere a disciplinare le competenze della Città Metropolitana, le sue modalità elettive e di rappresentanza interna, provvedendo, se del caso con leggi ad hoc per ogni singola realtà territoriale, come è stato per Roma Capitale. Da parte loro, le Provincie e i Comuni delle Città Metropolitane dovrebbero avviare fin da subito forme di “governance” volontarie su tutti i temi che abbiano carattere sovra comunale sia per dare risposta a problemi specifici che per fornire utili indicazioni per dare forma al governo del nuovo ente locale. Una volta sperimentate, nulla vieterebbe di estendere le “governance” volontarie al di fuori dei confini della Città Metropolitana realizzandone di fatto (e in futuro eventualmente anche di diritto) l’evoluzione in Ente per così dire “senza-confini”.

Infine, per quanto riguarda l’accorpamento dei piccoli comuni, altro tema caldo sul fronte dell’efficienza, della qualità e dei risparmi, propongo di dare delega alle Regioni con l’indicazione di provvedere sulla base di criteri di efficienza e partecipazione.

 

Massimo Gargiulo

 

 



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