21 febbraio 2012

ASILI E SCUOLE MATERNE: QUANTI DUBBI


Chi ha avuto la (s)fortuna di leggere la prima versione del PGT della Giunta Moratti ricorderà forse che il Piano dei Servizi ospitava un intero capitolo dedicato alla promozione della libera scelta e alla creazione di un “quasi-mercato” nei servizi educativi di Milano (capitolo poi stralciato in fase di discussione consiliare). Un’impostazione liberista che non stupiva all’interno di un documento improntato a una versione “armata” della sussidiarietà orizzontale e coerente del resto con le politiche regionali in materia sia di sanità sia di istruzione. Ora che quel documento, e la giunta che lo aveva promosso, sono stati archiviati, stupisce che quell’impostazione torni a fare capolino nella circolare per l’iscrizione a nidi e scuole dell’infanzia del Comune di Milano, diffusa il 1 febbraio dalla giunta di centrosinistra del Sindaco Pisapia.

La principale novità della circolare – su cui si è concentrata la stampa, per ovvie ragioni di polemica politica e di discontinuità con il passato – è il pieno riconoscimento del diritto al nido e alla scuola di infanzia per i bambini figli di immigrati irregolari. Ma a leggere nel dettaglio – là dove si sa che ama nascondersi il diavolo – emerge un’altra innovazione, forse meno appariscente ma assai rilevante per gli effetti che avrà sul piano organizzativo (gestione delle graduatorie) e sulla ratio generale che il Comune segue nell’assegnazione dei piccoli alle scuole del territorio. La circolare stabilisce infatti la piena libertà delle famiglie di scegliere (quattro preferenze) il nido e la scuola dell’infanzia in cui inscrivere il figlio; e di poterlo fare in maniera del tutto indipendente dalla prossimità abitativa. È stato in altre parole eliminato il maggior punteggio che fino all’anno scorso veniva assegnato alle famiglie su due strutture di pertinenza, e che garantiva di fatto la precedenza dei residenti sui nidi/materne di quartiere.

L’amministrazione spiega che questa svolta radicale è finalizzata a favorire l’organizzazione famigliare e la conciliazione, poiché dà la possibilità di scegliere la scuola più comoda ad esempio rispetto al luogo di lavoro o alla vicinanza ai nonni. In effetti nel passato queste esigenze venivano “schiacciate” dal peso che la residenza aveva in termini di punteggio. Tuttavia la contrapposizione netta tra il criterio della conciliazione lavoro-famiglia e quello della prossimità è del tutto ingiustificata: cancellare il criterio della prossimità mette infatti seriamente in discussione la possibilità di ingresso nel nido/materna di quartiere, che, come noto, è spesso la soluzione migliore per l’organizzazione dei tempi e degli spostamenti delle famiglie, sopratutto se si ha più di un figlio. Certamente in alcune situazioni scegliere un asilo lontano da casa (ma vicino al luogo di lavoro o alla residenza di altri care giver) può essere la soluzione più comoda. Ma per venire incontro a queste esigenze sarebbe stato sufficiente ammettere per queste famiglie (verosimilmente una minoranza) la possibilità di deroga – previa motivazione – al principio di prossimità all’abitazione. 

Inoltre un’estensione così ampia della libertà di scelta dà adito a numerosi dubbi sugli effetti a cascata che questa impostazione potrebbe avere su diversi piani.

1) Sul piano organizzativo e dell’equità: come verrà gestita dall’amministrazione la costruzione di graduatorie basate prevalentemente sulla scelta delle famiglie? Il rischio infatti è che le preferenze si concentrino sulle scuole più gettonate (ad esempio quelle che offrono migliori condizioni ambientali o che hanno migliore “fama”) creando situazioni paradossali, perché nella scelta di chi entra o meno finiscono infatti per assumere un peso dirimente criteri non di merito quali: l’età del bambino (a parità di punti passa il bimbo più grande) e la presenza di fratelli (l’avere più di un figlio dà punti, sebbene il principio del ricongiungimento dei fratelli nella stessa struttura o in strutture vicine non comprende più le primarie ma solo materne e nidi; in altre parole, se ho un figlio alla materna posso chiedere che il secondogenito vada al nido più vicino, ma la stessa cosa non vale se ho un figlio alle primarie).

2) Sul piano dei processi inclusione e segregazione sociale: si alimenta una concorrenza tra le scuole che può innescare effetti perversi. La disponibilità e capacità di scelta NON è infatti uniformemente ed equamente distribuita nella popolazione. Le ricerche ci dicono che sono sopratutto le fasce sociali deboli ad essere più penalizzate in questi processi. Il rischio è che nella scuole poco gettonate ci finisca un certo tipo di utenza (figli di immigrati, famiglie di basso livello economico e culturale…), il che a sua volta può alimentare fenomeni di fuga ed evitamento di quelle scuole negli anni futuri, col risultato finale di creare scuole segregate. Inoltre è noto che creare condizioni di concorrenza e quasi-mercato tra servizi pubblici (per altro in regime di monopolio, come è il caso delle materne comunali) tendono ad acuire piuttosto che ridurre le disparità tra scuole, in termini di qualità del servizio localmente offerta, capacità di attivazione di fronte a problematiche e nuove sfide, capacità di attrazione di nuova utenza.

3) Sul piano educativo e comunitario: diverse ricerche mostrano l’importanza che la dimensione di quartiere gioca nella costruzione di reti di socialità e solidarietà tra famiglie, anche di diverse appartenenze sociali (immigrati/italiani, classi sociali diverse…). Sganciare completamente la scuola dal quartiere di residenza compromette la possibilità che si creino questi circoli virtuosi, nei quali i bambini possono frequentarsi fuori e dentro la scuola (ad esempio negli spazi pubblici di quartiere) e le famiglie possono conoscersi, stringere legami e aiutarsi a vicenda.

4) Mobilità urbana: questo è un punto molto rilevante, considerato l’incidenza del mezzo privato negli spostamenti con bambini piccoli. Ci si chiede se l’amministrazione ha valutato le ricadute che questa scelta potrà avere sui flussi di mobilità nella città e sulla coerenza con altri obiettivi, quali l’educazione alla mobilità sostenibile (vedi iniziative quali Pedibus o la settimana “A scuola a piedi”).

Insomma, la circolare va ad agire su un piano molto delicato – studiato a livello internazionale per gli effetti che ha sui processi di segregazione e di integrazione sociale – che avrebbe richiesto maggiore attenzione ai casi concreti ma anche a quale indirizzo politico si vuole dare alla città. Non si comprende francamente perché si sia deciso di sposare un’impostazione liberista così radicale, quando si sarebbe potuto introdurre una libertà di scelta ben temperata dal mantenimento di un criterio di territorialità, anche se non automaticamente vincolante.

Postilla – Il 14 febbraio, giorno in cui aprivano le iscrizioni ai nidi, il settore Educazione e Istruzione del Comune ha rilasciato una nuova circolare che reintroduce il principio della prossimità come criterio suppletivo da tenere in considerazione nelle situazioni di parità di punteggio. Secondo le nuove regole, a parità di punteggio ha la precedenza chi abita a minore distanza – fosse anche di un metro (calcolato secondo il Sistema Informativo Territoriale del Comune) – dalla scuola; tale diritto si può però far valere solo nelle prime due sedi scelte. L’amministrazione ha così deciso saggiamente di rivedere almeno in parte le proprie scelte e ha avuto l’onestà di tenere conto delle voci critiche di genitori ed esperti. Tuttavia, lavorare su una macchina in corsa è un’operazione molto difficile anche per il miglior meccanico. Modificare i criteri che danno diritto all’accesso a un servizio vuol dire infatti mettere mano a un’architettura complessa, che va pensata e calibrata nel suo insieme, altrimenti si finisce per creare – magari involontariamente – nuove contraddizioni e disparità.

Senza entrare in tecnicismi, la decisione di premiare il residente solo nelle sue prime due preferenze può essere un buon compromesso tra l’obiettivo di incentivare la prossimità e l’esigenza di non blindare l’ingresso sulla residenza (anche quando le scuole di quartiere sono considerate dalle famiglie come ultima scelta, magari accettata di malavoglia, a scapito di non residenti).

D’altra parte, quella che viene reintrodotta è una versione debole – la prossimità conta solo a parità di punteggio, dunque potrebbe darsi il caso di scuole molto richieste, in cui riescono a entrare solo famiglie con molti punti, a prescindere da dove abitino – e nel contempo assai radicale di prossimità, che non tiene conto dei problemi di disequità spaziale. Non essendo infatti le strutture distribuite uniformemente su tutto il territorio, chi si trova per incolpevole sorte relativamente lontano da tutte le scuole è svantaggiato sistematicamente. Diverso sarebbe stato riconoscere a chiunque il diritto di poter accedere ad almeno due scuole di pertinenza, sulla base del riconoscimento di un punteggio-residenza che premia le scelte di prossimità delle famiglie.

 

Barbara Borlini e Francesco Memo

 



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