21 febbraio 2012

musica


DUE ORCHESTRE A CONFRONTO

Quindici giorni fa avevamo scritto che “Se qualcuno avesse avuto ancora qualche dubbio sulla maturità e sulla professionalità della milanesissima Orchestra Verdi (…) se lo sarebbe definitivamente tolto ascoltando la straordinaria esecuzione dell’Elias di Mendelssohn diretta da Helmuth Rilling” e forse in questa osservazione vi era qualcosa di profetico se si pensa che nei pochi giorni successivi sono accaduti un paio di fatti che ne hanno clamorosamente messo in evidenza la veridicità: il concerto successivo della Verdi, diretto da Axelrod, e – per contrapposizione – la scandalosa edizione dell’Aida alla Scala.

Diciamo prima della Scala e, consapevoli di rischiare l’impiccagione per alto tradimento, cerchiamo di guardare in faccia la brutta realtà che – per malintesa carità di patria – ci nascondiamo da anni. Senza giri di parole: l’orchestra della Scala non è un’orchestra degna del suo teatro e della sua tradizione, è in declino – mal guidata e mal diretta – dalla fine dell’epoca di Abbado in poi, e purtroppo oggi Barenboim non si sta dimostrando all’altezza del compito cui è stato chiamato. Fra i professori dell’orchestra vi è un eccesso di sindacalizzazione che ne deprime la qualità e l’impegno, non si sente passione, non si provano emozioni, domina sempre più un’atmosfera da routine. I direttori invitati si accontentano del prestigio che dà loro la nostra sala (e degli applausi che il nostro fin troppo generoso pubblico non nega mai a nessuno) sapendo che non possono aspirare a nulla di più di una esecuzione tecnicamente decorosa, e tirano a campare con gli sguardi degli strumentisti incollati all’orologio perché dio non voglia che si superi il tempo previsto dal contratto. Ormai qualsiasi orchestra che arrivi da oltralpe ci regala emozioni alle quali non siamo più abituati, e siamo costretti a ingoiare paragoni che non ci fanno piacere.

Sulla vicenda dell’Aida han già detto tutto i quotidiani, a noi resta solo da chiederci in quale altro teatro nel mondo può capitare che un’orchestra reagisca alle riprovazioni del pubblico mandando una delegazione nel foyer a giustificarsi e ad accusare il “direttore ragazzino” (Omer Meir Wellber, che ha già una magnifica carriera alle spalle) di mancanza di autorevolezza! Ma andiamo!

Lasciamo dolorosamente la Scala, augurandole tempi migliori, e torniamo all’Auditorium dove nella scorsa settimana John Axelrod – succedendo alla cinoamericana Zhang Xian – dava inizio al suo triennio di “direttore principale” dell’Orchestra Verdi con un concerto molto ben impaginato. Esordio, in omaggio al nostro paese, con un’opera non particolarmente attraente di Giorgio Battistelli (ma come è difficile imbattersi in musiche contemporanee realmente godibili!), poi solo Mozart: un Concerto per corno e orchestra (il K.447 in mi bemolle maggiore) non annoverabile fra i suoi capolavori ma diretto e realizzato così bene da farlo sembrare interessante, e un portentoso Requiem che ha trascinato tutto il pubblico, quello colto e quello meno preparato, in uno stato di beatitudine ultraterrena che rasentava la levitazione.

Orchestra e Coro della Verdi, così come era già apparso evidente nella citata realizzazione dell’oratorio di Mendelsshon, e con due direzioni di segno diametralmente opposto (l’anziano direttore tedesco, appassionato bachiano e cultore della prassi esecutiva cosiddetta filologica, e il giovane seducente texano dalla carriera fulminante, amante della musica moderna e contemporanea), hanno dato prova di una duttilità, di una freschezza, di una sensibilità che raramente troviamo in altre compagini. L’impegno è tangibile, l’entusiasmo traspare da tutti i gesti, la qualità del suono è sempre più curata, la disciplina interna e la disponibilità a collaborare con tutti i direttori, tutto è finalizzato a dare il meglio di sé e a fare squadra. Ascoltare un concerto all’Auditorium è come ricevere una lezione di civiltà e una iniezione di fiducia nel futuro.

Abbiamo lungamente riflettuto, in questi anni, sul posto che tocca alla Verdi nel panorama delle orchestre italiane e siamo giunti alla conclusione che probabilmente oggi è la migliore; ovviamente le prestazioni di un’orchestra dipendono in grandissima parte dalle capacità di chi la dirige, e più precisamente dalla sua competenza, professionalità e autorevolezza. Ma l’ottima orchestra è anche quella che sa superare la prova di una modesta o inadeguata direzione sopperendovi con la propria coesione, generosità, orgoglio, spirito di appartenenza. Quelle qualità che oggi riconosciamo tutte alla Verdi e che invece stentiamo a riconoscere alla Scala, neppure nella formazione più “professionale” della Filarmonica. Peccato, perché la Scala è anche una delle principali vetrine per la città. Grazie invece all’Auditorium, anche per essere diventato il luogo in cui collocare un possibile futuro per le nuove generazioni di musicisti.

 

Musica per una settimana

*mercoledì 22, al Conservatorio (Società dei Concerti), il pianista Boris Berezowsky esegue 12 Fairy Tales, di Medtner, e i 12 Studi opera 10 di Chopin

*giovedì 23, al Conservatorio (Serate Musicali), il violoncellista Steven Isserlis e il pianista Kirill Gerstein in un programma interamente dedicato a Beethoven: le 12 Variazioni su un Tema di Händel “Judas Maccabeus”, le 12 Variazioni su “Ein Mädchen oder Weibchen” dal Flauto Magico di Mozart opera 66, la Sonata in fa maggiore per violoncello op. 5 n. 1, la Sonata per corno op. 17 (trascritta per violoncello) e la Sonata per violoncello in la maggiore op. 69

*giovedì 23 e sabato 25 al Teatro Dal Verme l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali diretta da Aldo Ceccato esegue l’ouverture di Haydn “L’anima del filosofo”, il Concerto per due pianoforti e orchestra K. 365 di Mozart (con Alessandro Marangoni e Costanza Principe ai pianoforti) e la Sinfonia n. 3 opera 55 (Eroica) di Beethoven

*sabato 25 alle ore 17 nella Sala 8a della Pinacoteca Di Brera, per la Società del Quartetto Giovanni Scaglione al violoncello e Massimiliano Damerini al pianoforte eseguono la Sonata n. 5 in re maggiore opera 102 n. 2 di Beethoven, il Phantasiestücke opera 73 di Schumann e la Sonata n. 1 in mi minore opera 38 di Brahms

*giovedì 23, venerdì 24 e domenica 26, all’Auditorium, l’Orchestra Verdi diretta da John Axelrod, con la violinista Kolly d’Alba, esegue “Prélude à l’après-midi d’un faune” di Debussy, il Concerto per violino e orchestra n. 1 opera 35 di Szymanowski, e – di Čajkovskij – la suite di “La bella addormentata” e “Il lago dei cigni”

*domenica 26 ore 11 e lunedì 27 ore 20.30 alla Palazzina Liberty l’Orchestra da camera di Milano Classica esegue le “Sei poesie di Marina Cvetaeva” opera 143 (del 1973) e la Sinfonia da camera opera 110a (dal Quartetto n. 8 opera 110) (del 1960) di Dmitrij Šostakovič con Oksana Lazareva (contralto) e Sergeij Galaktionov (violinista e direttore)

*lunedì 27 al Conservatorio (Serate Musicali) il pianista Yevgeny Sudbin esegue un programma omnibus e cioè: D. Scarlatti (Sonate K 466, K 455, K 27), Chopin (Ballata n. 4), Liszt (due Studi Trascendentali, il n.10 in fa minore e il n. 11 Harmonies du Soir), Shostakovič (3 Preludi dall’opera 34), Medtner (Sonata Tragica) e Scriabin (Sonata n. 5)

*lunedì 27 alla Scala un concerto riservato al Comitato Negri Weizmann con Gidon Kremer, Mischa Maisky e Alexander Lonquich che eseguono musiche di Bach, Debussy, Verdi, Boccherini, Auerbach e Piazzolla

*martedì 28 nell’Aula Magna dell’Università, in collaborazione con il Conservatorio, il violoncellista Issei Watanabe ed il pianista Boris Ilev eseguiranno Fünf Stûcke im Volkston opera 102 di Schumann, la Suite populaire espagnole di De Falla, l’Adagio e Allegro opera 70 di Schumann e la Sonata in re minore di Debussy

*martedì 28 al Conservatorio (Società del Quartetto), il Quartetto di Cremona esegue il Quartetto n. 4 di B. Bartók, il Quartetto in sol maggiore op. 77 di Haydn, “Di tumulti e d’ombre, studio per Faust” per quartetto d’archi S. Colasanti, il Quartetto n. 3 in la maggiore op. 41 n. 3 di Schumann

 

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org

 

 



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