14 febbraio 2012

NUOVO PGT: ENDORSEMENT DI UN URBANISTA MILITANTE


Io sono un vecchio riformista e ho sempre usato le leggi e i piani per ridurre gli effetti perversi della rendita urbana sulla città e sul territorio; ho sempre pensato e lavorato così, quando ho deciso di fare l’urbanista, quando ho scelto di amministrarla come assessore comunista a Bologna e quando ho convinto il mio partito a battersi per la riforma legislativa, nonostante che i comunisti il riformismo lo avessero messo all’indice.

E infine quando ho ripreso a insegnare nel 1968, proprio quì a Milano. Dove sono felice di ritornare, perché finalmente il Comune ha deciso con saggezza di utilizzare la cultura applicata di questa facoltà, per governare meglio la città. In questi mesi ho seguito da lontano, dopo la vittoria democratica alle Comunali, la vicenda del vecchio, disastroso piano di governo del territorio, ereditato dalla nuova Amministrazione. Ed essendo un pragmatico riformista penso che a Milano siete stati intelligenti, rinunciando a rifare il piano da capo a piedi; lavorando, invece, in profondità sulle controdeduzioni per realizzare in poco tempo, molti degli obiettivi di un nuovo piano alternativo al vecchio.

Alla operazione, diretta da una capace assessore ed elaborata da bravi tecnici comunali, hanno contribuito lavorando per sei mesi gratuitamente, alcuni giovani che sono stati miei allievi o sono i loro allievi; mi piacerebbe ricordarli, Arcidiacono, Bolocan, Dapri, Galuzzi, Longo, Pareglio, Pogliani e Vitillo. Il risultato, anche se visto da lontano, mi sembra sinceramente buono; in sostanza, se io fossi stato l’assessore all’urbanistica di Milano avrei fatto proprio così.

Perché non potendo con un piano comunale intervenire sui comuni contermini, lo avete però affrontato con una esplicita visione metropolitana, che al vecchio piano, invece, mancava del tutto; una visione che domani, dovrete assolutamente istituzionalizzare. Lasciatemi dire, però, che al limite il punto centrale di questa visione metropolitana, è rappresentato oggi dalla drastica scelta sul dimensionamento; indispensabile per lasciare a tutta l’area lo spazio necessario per scelte policentriche di riequilibrio.

Per un vecchio militante della battaglia contro la rendita urbana, una strategia urbanistica democratica e riformista, equa e solidale, si realizza prima di tutto riducendo per quanto è possibile la dimensione delle previsioni private del piano; e insieme aumentando per quanto è possibile, le previsioni pubbliche. Vedo oggi con piacere che i miei insegnamenti sulla rendita, che altrove sembrano passati di moda, sono invece applicati realisticamente alle nuove scelte milanesi.

Non si tratta, però, di scelte strettamente disciplinari, ma in sostanza di scelte di politica economica, che servono per affrontare il mercato immobiliare, in un regime dove non esiste la concorrenza. Ce lo dice la scienza e ce lo conferma l’esperienza. E in questo regime la liberalizzazione che bisogna praticare, non è quella di moltiplicare le aree per la edificazione privata, ma quella di ridurle, aumentando invece le aree per gli usi pubblici. Quindi il mio giudizio sulle scelte proposte per aggiustare il piano milanese è positivo; perché queste scelte affrontano con coraggio, i difetti strutturali del mercato immobiliare monopolistico.

Le proposte avanzate useranno, dunque, le controdeduzioni per dimezzare le potenzialità della edificazione privata del piano ereditato; non sarà un poco realistico sviluppo zero – come chiedono i massimalisti -, ma sarà un obbiettivo assai importante, che taglia decisamente le peggiori speculazioni e quindi va in ogni modo mantenuto in sede di approvazione. Così come va mantenuta a tutti i costi, la scelta di salvare il Parco Sud, eliminando i 2 milioni e mezzo di nuovi metri quadri di pavimento; che il vecchio piano attribuiva in modo fittizio al Parco, per poterli trasferire sulla città, congestionandola ulteriormente. Come appartiene alla stessa filosofia da portare avanti, la decisa riduzione del cosiddetto indice territoriale unico da 0,50 a 0,35 metri quadri di pavimento per ogni metro quadro di superficie.

Nel nuovo piano cresce, invece, quasi della metà, la quota destinata all’edilizia residenziale sociale. E specialmente crescono in larga misura i servizi pubblici; in particolare perché in tutti i nuovi insediamenti, almeno il 50% della superficie totale dovrà essere ceduta gratuitamente per le dotazioni territoriali. Questa è una regola emblematica di come sono state adeguate le modalità attuative del piano; le quali, al contrario delle vecchie norme, sono ispirate in modo sistematico alla difesa dell’interesse pubblico.

Tra le altre novità nel piano compare la rete ecologica comunale e una prima sottovalutata disciplina per la bonifica dei suoli contaminati, mentre sono fortemente curate le regole della nuova efficienza energetica. Eliminato del tutto il maxi-tunnel che tagliava in due Milano, con un realismo del tutto nuovo è affidata al futuro Piano della Mobilità Urbana, la verifica finanziaria oltre che tecnica, delle numerose infrastrutture di cui il vecchio piano aveva trascurato di programmare la fattibilità.

E il Piano della Mobilità dovrà affrontare la “cura del ferro” puntando esplicitamente sul Servizio Ferroviario Metropolitano e Regionale, facendone lo strumento decisivo per combattere la congestione del capoluogo e realizzare in prospettiva un policentrico riequilibrio.

Da lontano non ho certo potuto apprezzare più attentamente, le scelte della vostra operazione urbanistica e ho indubbiamente trascurato di citare altri temi essenziali delle trasformazioni apportate al piano. Ciò non ostante sono sicuro di poter dire, che il risultato finale è, forse, il migliore possibile; e per questo vi esorto ad approvarlo in modo definitivo, senza cedimenti, né pretesi miglioramenti, che rischierebbero di rimettere in discussione tutto il quadro realizzato.

Vorrei, però, aggiungere ancora qualcosa. Perché il vostro lavoro ha dovuto fare i conti con una legge urbanistica regionale, che é fra le più discutibili in Italia; e che non vi ha, dunque, aiutato a fare le scelte urbanistiche alle quali ambivate. E allora, oltre all’obbiettivo di realizzare l’istituzione metropolitana, il Comune di Milano domani dovrà lavorare politicamente perché la Regione sia spinta a cambiare in senso riformista, la legge urbanistica regionale; facendone uno strumento più adatto, a perseguire le scelte che avete introdotto nel vostro nuovo piano.

Oggi Milano, dopo la sconfitta di Roma, é il più grande Comune a maggioranza democratica del Paese; ebbene, come vecchio urbanista militante, chiedo di fare del Comune di Milano una delle punte avanzate per la riforma urbanistica nazionale. Non è un obbiettivo facile, ma certamente qualcosa che lascerà tracce indelebili di questa nuova Amministrazione.

 

Giuseppe Campos Venuti

 



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