15 febbraio 2012

L’EXCELSIOR E I DUE TRAFORI: MILANO, MONTI E L’EXPO


1. Non foss’altro perchè il “Gran Ballo Excelsior” è fra i pochi contributi autenticamente milanesi alla musica ottocentesca, crediamo che la Scala abbia fatto cosa egregia a riproporlo, superando il diffuso pregiudizio di prodotto “kitsch” che lo circonda. Ma quanto straniamento e quante riflessioni suscita assistere all’Excelsior con l’animo di questi giorni! Quanto siamo e ci sentiamo distanti e disillusi da quella ingenua fiducia nel futuro, nella capacità del progresso tecnologico di risolvere i conflitti e le miserie dell‘umanità, dalla convinzione entusiastica che i “moderni” rapporti fra le nazioni del mondo e, soprattutto, europee sarebbero stati definitivamente pacificati grazie all’apertura di nuove comunicazioni e nuovi scambi, simbolicamente rappresentati, nel balletto, dai quadri della caduta dell’ultimo diaframma del traforo del Frejus tra Italia e Francia e dell’apertura del Canale di Suez!

Excelsior nasce in seno alla borghesia milanese della fine dell’Ottocento a opera di Luigi Manzotti, suo coreografo “ufficiale”, e racconta, come noto, l’affermazione progressiva e inarrestabile delle forze della modernità e del bene (la Civiltà, il Progresso, la Luce) sull’Oscurantismo conservatore che difende gli iniqui squilibri del passato: è dunque il trionfo del pensiero positivista che pervade la cultura e la classe dominante della città, che in quegli anni conquista a ritmo incalzante il ruolo di capitale economica del Paese e polo del nascente “triangolo industriale”. Una classe agiata e colta, che ama celebrare e celebrarsi come forza protagonista che saprà definitivamente condurre il Paese all’incontro con i Popoli d’Europa ed alla pace universale.

Che cosa è successo – viene da chiedersi drammaticamente – perché, nel giro di poco più di cent’anni, una visione così concretamente fondata non su utopie ma su processi reali, tecnologici ed economici, sia stata travolta conducendoci sino alle odierne incertezze, poggianti sul dominante “pensiero debole”? Cosa sia successo nella storia lo sappiamo: i grandi conflitti mondiali, la contrapposizione delle ideologie e delle classi, le devianze del progresso tecnologico che, dopo aver creato macchine e motori, grandi infrastrutture e industrie manifatturiere, ha messo a disposizione delle “forze del male” potenti strumenti di imbarbarimento e di distruzione.

Ma tuttavia, cosa è mai successo nel pensiero delle classi dominanti, della borghesia illuminata, dei ceti emergenti che più di tutti anelavano ad accedere al benessere degli “happy few”? E come è potuto accadere che quell’Europa che allora condivideva, nonostante le divergenti politiche delle Case regnanti, un unico grande progetto collettivo, abbia dilapidato quella Weltanschauung progressista e che oggi fatichi così tanto, pur dopo esser riuscita a ricucire le lacerazioni di due conflitti mondiali, a ritrovare la smarrita comune identità?

2. Excelsior viene rappresentato per la prima volta a Milano nel 1881, l’anno della grande Esposizione Universale, di cui rappresenterà uno degli eventi centrali e di maggior successo. Facile dunque chiedersi se ci sarà e come sarà l’evento dell’Expo 2015, chi e cosa ne saprà rappresentare il messaggio con analoga pregnanza e a quali pubblici plaudenti ci si rivolgerà e con quali proposte…  Non che ci si illuda sulla rilevanza storica di una Expo … ma dovrà pure avere un senso per la Città diventare, ancorché per un tempo limitato, un luogo centrale del mondo globalizzato, una piccola-grande “Davos” nei cui spazi e ai cui partecipanti Milano sarà chiamata a esternare i valori e un’idea di futuro da condividere.

Non so se Lissner, decidendo di mettere nuovamente in scena l’Excelsior alla Scala, abbia voluto lanciare alla Città un messaggio e porre una domanda di questo genere. Ma credo che l’occasione non andrebbe persa e che, senza cedere a tentazioni “vintage”, l’Intellighenzia milanese dovrebbe raccogliere la “sfida” e cominciare, superato il dibattito sui “contenitori”, a porsi il problema dei contenuti. Sarebbe tragico errore pensare che non sia più tempo di visioni: anche se il percorso si è dimostrato ben più accidentato e complesso di quanto l’ingenua profezia di Manzotti facesse intravvedere, pur senza i lustrini pompier e le musiche trionfali di Marenco, il futuro è ben lì che ci aspetta e per affrontarlo serve lo stesso “ottimismo della volontà” che li ispirò.

3. Un’ultima nota: a metà della rappresentazione, durante il “quadro” dell’apertura del Traforo, veniamo colti da una folgorazione: il traforo di cui si assiste alla caduta dell’ultima barriera e all’incontro fra i minatori delle due tratte che finalmente si incontrano… è quello del Frejus, il primo tunnel ferroviario aperto fra Italia e Francia nel 1871… ma da allora è passato oltre un secolo e siamo allo stesso punto, le “Tenebre” ed il “Progresso” sono nuovamente in conflitto proprio lì, oggi che quel primo traforo non basta più e occorre realizzarne un secondo! E fosse solo questo il conflitto, fosse solo questo il tema che divide il nostro Paese…

Nel breve volger di qualche mese – dalla vittoria elettorale di Pisapia ai primi risultati-messaggio del Governo Monti – è sembrato emergere – generato dal timor panico di perdere i frutti di cinquant’anni di lavoro e investimenti – un “progetto” nazionale, un’inversione di tendenza, un orizzonte credibile e dignitoso cui aderire, sia pur ancora timorosi che la boccata d’ossigeno venga risommersa dai miasmi dell’Italia di ieri.

Ma non passa giorno che una diversa personificazione delle “tenebre” si rialzi dallo stato di momentaneo smarrimento e ci faccia ricordare che l’Italia è pervasa dalla corruzione delle menti, da figuri e figuranti che vorremmo definitivamente sbaragliati ma che, proprio come il ballerino con il costume nero e lo scheletro della morte, ogni volta riescono a risollevarsi minacciosi. Chi lo avrebbe mai immaginato, il nostro povero Presidente del Consiglio nei panni della “Luce”, che indomito, quasi inconsapevole dell’immane compito che lo attende, si sforza di convincere i suoi concittadini e i loro improbabili rappresentanti che occorre guardare oltre il misero particulare, che l’Italia non può più essere, ai propri occhi e a quelli del mondo, quella collettività di arraffoni che, ignara dell’interesse comune, si aggira famelica alla ricerca di ogni occasione di malaffare.

È passato oltre un secolo dalla trionfale prima rappresentazione del melodramma storico-politico che rappresentò per oltre trent’anni, sino alla vigilia del Primo conflitto mondiale, uno degli spettacoli più rappresentati ed eseguiti in tutta Europa. Oggi però ancora non siamo, come nella scena del Ballo Excelsior, al momento in cui la Luce vince la sua battaglia e i minatori arrivano a far cadere l’ultima tratta: noi, invece, abbiamo ancora molto da scavare, soprattutto dalla parte italiana…

 

Andrea Silipo

 



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