14 febbraio 2012

CITTÀ: RESISTERE È CREARE E CREARE È RESISTERE


Ho letto anch’io l’articolo di Biondillo sul Corriere della Sera relativo al progetto sull’area ex AEM davanti al Monumentale e mi sono trovato d’accordo su molte della affermazioni fatte dall’autore tranne che su una: quella di aver scritto nome e cognome del progettista per trascinarlo in una specie di gogna mediatica. Solitamente si dice il peccato e non il peccatore. Anche se poi salta fuori ugualmente è tuttavia più elegante tacerlo. Ho altresì letto la risposta di Pisapia che ovviamente, da amministratore e buon avvocato, si rifà alla normativa. Poiché ho recentemente organizzato un convegno sulla bellezza nella città mi sono venute quasi in automatico, alcune riflessioni.

La bellezza non la si può normare ma il bisogno di ordine, di eleganza, di equilibrio e di coerenza sì, anzi questo era alla base delle leggi del costruire nella città storica. La civitas si riconosceva nell’urbs attraverso queste regole condivise. Ordine, equilibrio, eleganza e coerenza erano attributi della bellezza e ne denotavano i contorni. Si potrebbe anzi dire che la differenza tra non città e città fosse proprio nel carattere estetico delle scelte di quest’ultima. Diciamo che questi attributi vanno interpretati e l’aspetto della città oggi viene deciso dalle amministrazioni comunali che ne danno appunto una lettura attraverso le commissioni, una volta di ornato, poi urbanistiche o edilizie e infine paesistiche. Purtroppo però le commissioni risentono della cultura del momento storico, anzi in teoria ne dovrebbero essere l’espressione, dico purtroppo perché da una parte sarebbero la garanzia di una stratificazione storica che rappresenti il presente ma dall’altra, proprio per questo, oggi sono depositarie di una cultura globalista, invadente e provocatoria, che interpreta le esigenze narcisiste del nuovo capitalismo finanziario.

Il fatto che vi siano forze centrifughe nella morfogenesi urbanistica attuale non sarebbe di per sé un grave problema, vi sono sempre state nei vari periodi storici e hanno costituito la tensione al rinnovamento ma ora è la potenza e la dimensione del fenomeno che impressionano. È il titanismo novecentesco che si manifesta e, come nel campo delle armi, rischia di distruggere tutto il resto e di appiattire il contesto al proprio servizio. È un agire contro la città più che per la città o dentro la città, come testimoniano gli interventi dell’ex fiera e delle ex varesine. La bellezza è dunque figlia della cultura e se questa è più un’incultura avremo bruttezza. Nella città, come del resto in generale nell’arte, il bello è un’emozione generata dall’osservazione del rispetto per la vita e quindi dalla dimensione di cura, attenzione e amore che sono l’esatto contrario della disattenzione, della casualità e della megadimensione degli interventi citati e di certe periferie.

Ma per tornare a noi un suggerimento lo vorrei dare ai nostri amministratori: è vero che la bellezza non la si può imporre con delle norme ma la si può favorire con un atteggiamento, direi, culturale. Ora, spesso ultimamente ci si chiede che cosa differenzi la sinistra dalla destra, personalmente darei una risposta in questo senso: la sinistra storica aveva la funzione di portare al potere le classi che tradizionalmente non ce lo avevano per una maggiore creatività sociale, le forze naturali migliori, non bloccate dai privilegi, al servizio della comunità. Ecco, credo che questa sia la discriminante: favorire la creatività che poi coincide con la bellezza. Per scendere nel concreto: andare anche contro le logiche economiciste e dei sondaggi per favorire la vita. Area C compresa. E per tornare al conflitto tra conservare e innovare, cui faceva riferimento Luca Beltrami Gadola, bisogna avere il coraggio di affermare che oggi la vera rivoluzione della nostra civiltà è conservare perché, come conclude anche Indignatevi di Hessel: resistere è creare e creare è resistere. Resistere alle forze antiumanistiche di un’economia dissociata dall’ecologia.

 

Maurizio Spada

 



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