8 febbraio 2012

LA PROVINCIA NON È UNA TELENOVELA, SIAMO SERI


L’abolizione delle Provincie, passata ormai in giudicato nella percezione dell’opinione pubblica che le ritiene pezzi da museo, o un profondo ripensamento delle loro funzioni, è il primo passo da affrontare, con la maggior celerità possibile, per un efficace intervento sull’organizzazione degli Enti Locali. Fatto salvo il problema del personale e dei suoi costi a carico della collettività, che non potrebbero essere recuperati – almeno in termini di efficienza – trasferendo i dipendenti provinciali ad altro Ente, resta aperta, prepotente e imbarazzante, la questione delle competenze. Le Provincie esercitano il loro presidio amministrativo, gestionale e di controllo su una serie di tematiche e funzioni non esclusive ma che, al contrario, sono le briciole, i rimasugli, i resti, di quello che rimane sul tavolo della spartizione dopo il passaggio di Comuni, Regioni e Stato.
Ecco alcuni esempi. Gli edifici scolastici degli istituti superiori sono di pertinenza provinciale. Solo quelli però, mentre sono demandate ai Comuni le cure, le manutenzioni e la gestione degli immobili delle scuole primarie. Nelle Politiche Sociali la prestazione di servizi alle persone con disabilità sensoriali (i non vedenti e non udenti) sono a carico degli assessorati provinciali diversamente da quelle fornite ai disabili motori o intellettivi, anche in questo caso di competenza comunale. Nel settore delle politiche ambientali il controllo e la direzione dei parchi di interesse sovracomunale è affidata alla Provincia, mentre il resto della gestione della aree verdi è di pertinenza della Regione.
Insomma quello che manca realmente è un coordinamento organico che superi la duplicazione di funzioni, di uffici, di burocrazia e di decisori. È difficile pensare che in un territorio come l’area metropolitana di Milano le politiche per la disabilità siano di competenze della Regione per quanto concerne le prestazioni sanitarie, della Provincia per le disabilità sensoriali e del Comune per le disabilità intellettive e motorie. Non sarebbe meglio, più produttivo più efficiente, decidere che un solo ente pubblico (il Comune?) coordini e organizzi questi servizi.
Una delle priorità nella riforma della Pubblica Amministrazione, tanto richiesta ma lontana dall’essere anche solo progettata (nemmeno il Governo Monti ne parla!) e l’abolizione della trasversalità, della duplicazione di funzioni e competenze, della riproduzione come in una fotocopia di soggetti decisori. Quanto tempo si perde, e lo sanno bene gli amministratori locali, per dipanare il dedalo di un processo autorizzativo per colpa dei continui rimandi fra enti, del passaggio a uffici diversi, dell’attesa di pareri, a volte in contraddizione fra loro (ad esempio in termini di bonifiche ambientali).
Ecco perché le Provincie non sono più giustificabili o almeno non lo sono con l’attuale forma amorfa. Per tenerle in vita e per legittimare Consigli e Giunte, sono state sbriciolate le competenze, rendendo ancora più caotica la Pubblica Amministrazione e disordinato il suo rapporto con i cittadini e fra gli Enti.
L’abolizione non è l’unica soluzione. Ragionando su macro aree – le famose Città Metropolitane nel caso della grandi aree urbane ma anche sulle zone contigue di interesse (bresciano, veronese e trentino per il Lago di Garda, o le zone montane) – è possibile intervenire con l’istituzione di Enti sovracomunali ai quali vanno assegnati compiti esclusivi (in materia di promozione turistica e di branding, di gestione di servizi integrati, di prestazioni sociali esclusive) che rendano chiaro e non affastellato il quadro delle competenze pubbliche per dare un vero servizio e non perdersi nei rivoli dell’inutile burocrazia.

Maurizio Trezzi

*Docente Comunicazione Pubblica Università Iulm



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