8 febbraio 2012

OGGI CHI RACCOGLIE LE BANDIERE DELLA SINISTRA?


L’articolo di Piervito Antoniazzi sul futuro della sinistra dopo Monti pone diversi interrogativi da risolvere almeno entro la fine di questo governo. Questo è un paese strano, nei momenti peggiori riesce a reagire e fare uno sforzo per resistere. Quasi cent’anni fa, si combatteva una guerra convenzionale. Tra l’altro le battaglie finanziarie di oggi lasceranno le stesse macerie senza i costi in vite umane di quelle, forse.
La prima vera occasione di collassare l’Italia la visse nel 1917, si era appena dimesso da primo ministro Salandra, arrivato al governo senza alcun disegno di politica estera e risultato incapace di guidare il paese nella grande guerra. Nell’autunno del 1917 gli alleati diedero l’Italia per spacciata e non rischiarono né un cannone né un uomo, finché il paese non dimostrò sul Piave di essere capace di fare da se. A dire alla Camera che gli italiani ce l’avrebbero fatta furono Filippo Turati a nome dei Socialisti e Giolitti. Come si vede non è la prima volta che la sinistra e il centrosinistra in questo paese si fanno carico di salvarlo. Sul Piave salvarono l’Italia i ragazzi del ’99, nel 2012 i pensionati.
Le conclusioni nel dopoguerra non furono delle più felici, non è il caso di fare paragoni azzardati ma è certo che il problema della sinistra è lo stesso, chi rappresentare e come? Alcuni sostengono che la sinistra debba essere una visione della società prima di tutto connotata da ideali di giustizia, libertà e solidarietà, che si riallaccia a un atteggiamento democratico. Ma solo questo non è sufficiente perché è poi necessario trovare la giusta angolazione.
Ad esempio fino a poco tempo fa il riferimento ideale era “l’operaio”, spesso idealizzato e ben distante da quello in carne e ossa. Per semplificare, lo si vedeva vivere per e nella fabbrica, e quando andava a far la spesa non era un consumatore ma un lavoratore in pausa. Ora le fabbriche sono sempre di meno e dominano i servizi, il livello a cui vengono erogati è il vero interesse di chi lavora.
Allora è più di sinistra ridurre l’orario degli uffici pubblici, e intendo anche quelli che danno un servizio pubblico come banche, assicurazioni, panettieri, ecc, o difendere le riduzioni per quelli chi ci lavorano? Lo sfruttamento del consumatore attraverso posizioni dominanti sul mercato è oggi più rilevante, per le sue dimensioni economiche, dello sfruttamento dei lavoratori, per usare un linguaggio arcaico. Perché nessuno nel centrosinistra dice qualcosa sul più grosso caso di concentrazione nel settore assicurativo come Unipol-Fonsai, forse perché ci sono gli oligopolisti amici?
Le liberalizzazioni di Monti, anche se lui le paragona alle riforma di struttura, riprendendo delle bandiere lasciate cadere dalla sinistra, rischiano se non mediate dalla politica di lasciare un paese lacerato, dove potrebbero essere possibili fughe in avanti, anche di tipo populistico.
Da noi la sinistra ha questa significato: riferimenti ideologici, visioni irrigidite, ecc. Forse è venuto il momento di abbattere anche l’ultimo pezzo del muro caduto più di venti anni fa e abolirne il nome. Infatti, non è un caso che la sinistra, anche se cerca di essere liberale, rimane sempre minoranza. L’importante è non navigare verso l’isola che non c’è.
Questo è terreno per i professori, per il momento dobbiamo fare i conti, in particolare a Milano, con un partito che tende a essere sempre di più il partito degli eletti, senza una struttura intermedia capace di dialogare con la società. Ci sono solo gruppi dirigenti e iscritti, credo sempre meno, da mobilitare per qualche presidio, ma un progetto lo si costruisce anche con le competenze della società. Sono i gruppi intermedi cha mandano avanti il mondo, i partiti e anche la specie, compresa quella umana.

Massimo Cingolani



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