31 gennaio 2012

AREA C: MILANO MAGLIA NERA IN EUROPA


Seconde solo a Los Angeles per numero di automobili pro capite e chilometri percorsi, Milano e Roma si sono viste rifilare l’ennesima bocciatura europea in fatto di inquinamento e trasporti. L’Ufficio europeo dell’ambiente, verso la fine del 2011 ha infatti stilato una classifica che mette in fila 17 fra le principali città del vecchio continente analizzando le rispettive politiche di monitoraggio della qualità dell’aria e capacità di governo del traffico, considerato la prima causa d’inquinamento urbano. Non stupisce che Berlino si aggiudichi il primo posto, seguito a ruota da Copenaghen, Stoccolma, Vienna, Zurigo, Amsterdam e Lione. Non stupisce nemmeno che Londra, Parigi e Madrid navighino a mezza classifica dovendo gestire complesse megalopoli. E certo non saltiamo sulla sedia trovando Milano e Roma a chiudere la classifica nelle due ultime posizioni. (vedi link: http://sootfreecities.eu/)

La figuraccia, insomma, era da mettere nel conto. L’incapacità delle città italiane di governare il territorio urbano e a maggior ragione il sistema della mobilità, tutta sbilanciata verso il mezzo privato, non è una novità. Lasciamo perdere Roma. Milano, che l’anno scorso ha totalizzato 145 giorni di superamento delle soglie di inquinamento da polveri (e quest’anno già 20, dato aggiornato al 26 gennaio), non riesce a raggiungere la sufficienza nella classifica delle capitali europee della mobilità dolce. In realtà negli ultimi mesi le cose sono molto cambiate e la nuova amministrazione ha messo in campo notevoli competenze per riprendere il governo della mobilità cittadina, a partire dall’Area C. Ma non basterà questo pedaggio anticongestione (simile a quello di Londra e Stoccolma) per raddrizzare una situazione compromessa al di là del livello di decenza. Guardiamo allora a Berlino e alle altre, e impariamo da loro.

Effetto Berlino – Berlino conquista in realtà il primo posto in classifica delle città virtuose per un insieme di misure ben armonizzate fra loro. La zona interdetta alle auto più inquinanti (Low Emission Zone) si estende per un decimo della città e riguarda un milione di abitanti. Il successo di questa misura sta nei numeri: a tre anni di distanza dalla sua applicazione i berlinesi hanno accelerato il cambio dell’auto, al punto che oggi il 90% dei veicoli circolanti sono euro4, e possono quindi esibire sul parabrezza il bollino verde che consente l’ingresso nella zona centrale della capitale. L’inquinamento da polveri si è così quasi dimezzato, mentre quello da ossidi di azoto (NOX) è sceso del 19%. “La nostra strategia sulla mobilità sostenibile comprende però molti altri punti” spiega ad ArcipelagoMilano Martin Lutz, delegato alla mobilità del Senato berlinese. “La flotta dei mezzi pubblici è stata dotata di motori a gas o di filtro antiparticolato se a Diesel (che adesso vengono sperimentati con successo anche sui battelli che fanno la spola lungo il fiume Sprea che attraversa la città). Tram e bus possono sfruttare la cosiddetta onda verde dei semafori avendo sempre la precedenza sulle auto. Il 75% delle strade di Berlino sono soggette al limite dei 30 km all’ora, e molto si fa anche per i pedoni e le biciclette”.

Berlino è una città per ciclisti. Come Amsterdam, Goeningen, Copenaghen, Parigi, Vienna e Zurigo. Tutte le strade devono avere una pista ciclabile e a ogni angolo si trovano stazioni di noleggio per bici normali e ora anche ibride pedale – elettrico (per indurre anche i pigri e gli anziani ad abbandonare l’auto). D’altra parte, Berlino è un caso un po’ a sé anche a confronto con le altre città tedesche. Il tasso di motorizzazione è uno dei più bassi del mondo (32 auto per 100 abitanti, la metà del nostro), mentre il 16% per cento si sposta in bicicletta, il 29% a piedi e il 27% con i mezzi pubblici. “Non siamo ancora soddisfatti di queste percentuali” commenta implacabile Lutz, “e per il 2025 ci poniamo l’obiettivo di portare l’uso della bici al 25%, pari a quello delle auto, e dei trasporti pubblici al 29%”.

Per noi Berlino è come Marte: una libera repubblica di pedoni e ciclisti. “Non dimentichiamoci che ciò è reso possibile da una rete di servizio pubblico urbano e suburbano fra i primi al mondo” spiega l’esperto di mobilità Andrea Debernardi. “La decina di linee metropolitane integrate con la S-Bahn ha le sue origini all’inizio del Novecento. Dopo la riunificazione delle due Berlino la Germania ha investito decine di miliardi di euro nei trasporti pubblici della città (pari all’investimento pubblico per tutta Italia), culminato con la più grande stazione ferroviaria d’Europa. I treni e la metro vanno giorno e notte e arrivano ovunque, drenando gran parte dei pendolari”.

Meno parcheggi, più biciclette – Già che siamo su Marte possiamo fare un giro anche a Londra e Amsterdam per trovare altri spunti di buone politiche anti traffico. Londra, per esempio, affronta in modo sistemico il problema dell’inquinamento non solo con la congestion charge (che come dice il nome serve più che altro per ridurre traffico e ingorghi in centro) ma anche con la Low Emission Zone più grande del mondo, 1.570 chilometri quadrati interdetti al traffico dei mezzi pesanti, più inquinanti. Se ci provano a entrare, la multa è di 224 sterline. Prima di altre città, Londra ha cominciato a ragionare anche in termini di riduzione dei gas serra, attraverso un piano climatico che prevede la progressiva riduzione del traffico privato. In alcuni sobborghi, come Richmond – upon – Thames, la tariffa del parcheggio si paga in ragione della CO2 emessa. Qualcosa di simile sta per entrare in vigore anche ad Amsterdam, che per il 2030 si prefigge di convertire la maggior parte del parco auto da benzina e gasolio a elettrico.

Come osservano gli autori del rapporto dell’Institute for Transportation and Development Policy (“Europe’s Parking U-Turn: From Accomodation to Regulation”, 2011) il controllo del traffico e dell’inquinamento si ottiene tanto con pedaggi e isole pedonali quanto con una rigorosa politica della sosta e parcheggio. Anzi, è questa la leva più utilizzata e apparentemente più efficace. “Ogni posto macchina occupa dai 15 ai 30 metri quadrati e in media gli automobilisti usano da due a cinque diversi parcheggi al giorno” spiegano gli autori dello studio. “Così ci si è cominciati a chiedere se destinare questo spazio pubblico alle automobili sia ancora ecologicamente e socialmente sostenibile. Da qui la vera e propria inversione a U compiuta da tante amministrazioni in Europa, che dopo decenni di aumento dei posti auto ora li stanno diminuendo”. Parigi, ad esempio, nell’ultimo decennio ha risposto all’aumento complessivo delle automobili circolanti tagliando 15.000 posti macchina solo nel centro a vantaggio delle stazioni delle bici a noleggio (Velib) e del car-sharing. Ancora più incisiva Monaco di Baviera, che ha pedonalizzato grandi parti del centro creando 120 parcheggi “Park-and-Ride” in prossimità delle stazioni ferroviarie. In questo modo l’uso dell’auto negli ultimi dieci anni è sceso dal 42 al 36%, mentre il 29% degli spostamenti avviene a piedi, il 21% con i mezzi pubblici e il 14% in bicicletta.

In Italia – come osserva Debernardi – nelle grandi città come Milano e Roma si ha quasi paura di far rispettare le norme del Codice della strada, e chiunque sa che, partendo da casa con la propria auto, potrà parcheggiare ovunque, magari sulle aiuole o sui marciapiedi, senza rischiare una multa. È appena il caso di notare che in nessuna delle dodici città europee analizzate dal rapporto ITDP i residenti possono parcheggiare gratuitamente come ancora oggi nelle due città italiane.

Una rivoluzione in corso – Facile fare paragoni con le virtuose città tedesche e nordeuropee – dirà qualcuno. Ma il discorso non cambia se si guarda alla Francia o alla Spagna. Lione, per esempio, è forse la città più dotata di mezzi pubblici in Europa. “In generale tutte le medie città francesi (come Bordeaux, Marsiglia, Valenciennes, Montpellier, Grenoble, Nizza) stanno investendo intensamente su tecnologie avanzate di trasporto collettivo come i ‘tram su gomma’ e i ‘bus ad alto livello di servizio'” spiega il ricercatore Luca Trepiedi dell’Isfort di Roma. Anche Madrid e Barcellona non sfigurano affatto nel trasporto pubblico sia in città sia nei collegamenti con l’hinterland. Tutti proventi dei parcheggi della città catalana, per esempio, va al potenziamento della mobilità dolce, in particolare agli spostamenti in bicicletta. Nessuna città europea si sognerebbe di far mancare un parcheggio per biciclette in corrispondenza con le stazioni ferroviarie, come invece avviene a Termini a Roma e in stazione Centrale a Milano. Anche nelle stazioni secondarie appena rifatte di Tiburtina (Roma) e di Lambrate (Milano) ai progettisti le due ruote non sono proprio venute in mente, nonostante gruppi di cittadini avessero inoltrato petizioni per reclamare posteggi per biciclette.

Ad Amsterdam, Copenaghen (dove il 67% degli spostamenti nel centro avviene in bici) e a Parigi (con le 20mila biciclette di Velib) i ciclisti hanno la precedenza assoluta e possono anche procedere contromano rispetto al flusso dei veicoli. Intere parti di queste città hanno il limite dei 30 km/h, e al di fuori delle grandi arterie di scorrimento, le automobili sono state retrocesse a mezzi a malapena tollerati, e costretti a procedere a passo di lumaca nei cosiddetti woonerfs olandesi (ma un primo esperimento è stato fatto anche a Milano nel quartiere Crescenzago): strade “destrutturate”, in cui non vige più la suddivisione fra pedone, bicicletta e automobile, ma dove tutto è mischiato, con chicane, panchine, aiuole quasi in mezzo alla via, e senza strisce pedonali. Le auto passano, ma a passo d’uomo, quasi scusandosi di esistere. Non sono più loro le padrone della strada.

 

Luca Carra*

 

*Italia Nostra



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti