31 gennaio 2012

DALLA SVIZZERA A VENEZIA, RIAPRIRE I NAVIGLI – CONTINUA IL DIALOGO


A – Aspetto con interesse gli esempi di abilità e di competenza idraulica di cui mi avevi dato un anticipo la volta scorsa. La tua descrizione della Martesana e degli altri Navigli mi fa apparire davanti agli occhi una Milano incantevole; una città ricca di canali, di laghetti, di darsene, di ponti, di chiuse; una città di acque, di giardini (allora non ancora distrutti), di palazzi riflessi nello specchio dei Navigli.

B – Ora voglio dirti di più. La rete dei Navigli Milanesi non è solo una ricchezza della Regione Lombardia, ma di tutto il nord Italia; da un lato si spinge fino alla Svizzera, ed entra nel Canton Ticino; dall’altro fino all’Adriatico, e permette di raggiungere Venezia. Questa grandiosa rete di collegamenti era già stata concepita, e in parte attuata, più di cinque secoli fa, con mezzi, conoscenze, disponibilità ben minori di quelle attuali. Non possiamo che ammirare l’intraprendenza e l’intelligenza che animavano gli uomini di allora; e rattristarci di fronte all’indolenza e al torpore mentale che tolgono vigore e fantasia agli uomini di oggi.

A – Non a tutti; rammento infatti che anni fa Piero Bassetti, primo Presidente della Regione Lombardia, aveva prospettato un collegamento navigabile fra la Svizzera e Venezia, passando da Milano; e aveva insistito molto per realizzarlo; ma l’inerzia dei politici e la diffidenza dei finanziatori avevano ostacolato e fatto morire il suo progetto. Tutto di è fermato e nessuno oggi ne parla più.

B – Tuttavia il progetto merita un commento, perché indicava una prospettiva non nuova nella storia dei Navigli. La rete delle comunicazioni per via d’acqua, auspicata da Bassetti, già in passato era stata prevista allo scopo di collegare Milano con i porti dell’Adriatico; si pensava si unire i due laghi lombardi (Verbano e Lario), con il litorale veneto; e perfino di creare un collegamento ininterrotto tra Svizzera italiana (Canton Ticino) e paesi slavi, affacciati sulle coste dell’Istria e della Dalmazia. La navigazione si sarebbe svolta lungo i corsi d’acqua del nord Italia; percorrendo sia fiumi naturali (Ticino, Adda, Po), sia canali artificiali (Naviglio Grande, Naviglio di Pavia, Naviglio della Martesana, Naviglio di Paderno). Gli ingegneri di una volta non mancavano di coraggio.

A – Era un disegno grandioso, una visione ciclopica, un progetto si sorprendente lungimiranza. È sbalorditiva la fantasia, la determinazione e l’ardire di ingegneri e uomini politici vissuti cinquecento anni fa. Data l’involuzione dell’attuale momento storico si sa che non è possibile riproporre un disegno tanto imponente e coraggioso; ma almeno si dovrebbe proteggere e salvaguardare ciò che ancora resta di quella mirabile visione, di quell’audace programma che univa nazioni e popoli lontani.

B – Ora capisci perché io cerco di difendere con ostinazione quel poco che ancora resta della nostra vecchia città; una volta – come hai detto tu – così vivace e affascinante, oggi appiattita, spenta, priva di idee.

A – Ti capisco e ti seguo quando proponi di difendere ciò che ancora rimane; ti capisco meno e mi rammarico quando rifiuti di considerare ciò che ancora si potrebbe fare.

B – Non riesco a cogliere che cosa intendi dire. Non c’è più niente di nuovo da fare. Non si può restituire ciò che è morto.

A – Non si può resuscitarlo, certo. Ma continuarne l’esempio, questo si.

B – E come?

A – Riaprendo i Navigli interni; scoperchiando il tratto della Martesana, ora coperto, che scorre sotto da via Melchiorre Gioia; riportando l’acqua nel cuore di Milano.

B – La considero peggio di una utopia; una pazzia. Non è più fattibile quel che proponi; non se ne vede lo scopo; non si troveranno i finanziamenti; non comparirà mai nessuno disposto ad avventurarsi in una operazione così fuori da ogni realtà, così priva di ogni buon senso.

A – Vi sono alcune persone che credono nell’utopia: anzi nella pazzia, come dici tu. Recentemente, a uno dei soliti incontri organizzati dall’instancabile e ammirevole Emilio Battisti, abbiamo visto alcuni architetti (Umberto Vallara; Antonello Boatti; Marco Stanislao Prusicki con Giovanni Cislaghi), fare tre proposte stimolanti e molto diverse tra loro.

B – Sapresti descrivermele sinteticamente?

A – Certo. Vallara è della tua idea: non crede nella possibilità di riaprire i Navigli né di farvi scorrere, come una volta, l’acqua corrente. Propone tuttavia di ricordare e di rendere noto il loro intero percorso, che – come sai – si svolgeva all’interno della città, intorno al centro storico. Per fare ciò Vallara pensa di lasciare un segno e di mettere in evidenza questo percorso, segnandone una traccia di colore azzurro brillante, sull’asfalto delle strade che oggi ricoprono la vecchia Cerchia dei Navigli. Pensa anche di segnalare i luoghi in cui si trovavano opere di particolare importanza (ponti, conche, laghetti); e di esporre pannelli e tabelloni contenenti grafici, disegni, fotografie, e ogni altra notizia – tecnica, storica, urbanistica – necessaria a illustrare l’opera idraulica oggi scomparsa.

B – La sua proposta è molto realistica e pienamente condivisibile; è anche attuabile senza difficoltà, perché non richiede grandi lavori né alti costi.

A – La sua proposta a me sembra molto nostalgica e, direi, rinunciataria. Vallara, non vi è dubbio, ama i Navigli e ne riconosce l’importanza nella storia di Milano, ma si accontenta di amarli da lontano, nel ricordo, attraverso una immagine. È come se amasse una donna non stringendola a sé in carne e ossa, ma limitandosi a guardarla in una fotografia. Boatti al contrario propone di riaprire i Navigli, e di far tornare l’acqua nel cuore di Milano, come si vedeva in passato; il suo progetto è coraggioso e forse avventato, ma a me piace e lo condivido. Infine Prusicki e Cislaghi progettano un’ampia distesa d’acqua navigabile, tangente al Naviglio Grande, ed estesa nell’area oggi occupata dai binari della Stazione di Porta Genova. Il loro grande merito consiste nell’aver compreso che il ritorno dell’acqua potrebbe ridare vita e bellezza alla nostra brutta Milano. Tuttavia si può fare ancora di più: si può riportare la navigazione non solo lungo i Navigli esterni, anche dentro alla Cerchia dei Navigli interni e instaurare un trasporto di persone su di un regolare servizio di battelli. Muovendosi in due direzioni opposte i battelli potrebbero compiere il giro completo della città, il periplo del centro storico, seguendo lo stesso itinerario lungo il quale oggi transitano i due filobus della circonvallazione interna.

B – Sono proposte interessanti come esercizio di fantasia; sono utili come visioni teoriche; possono servire come progetti di idee: ma nulla più.

A – Al contrario, sono proposte capaci di dare una scossa a questa nostra città, che sta diventando sempre più anonima e triste; e servirebbero da stimolo per rinnovarla e trasformarla radicalmente.

B – Cerchiamo di essere realisti e restiamo con i piedi per terra. I Navigli interni sono stati riempiti di sabbia durante le passate amministrazioni socialiste, intorno all’anno 1960 circa. Il riempimento si era reso necessario perché la soletta di copertura, gettata sopra l’alveo vuoto, aveva cominciato a dare segni di cedimento. Riconosco tuttavia che tale riempimento, supponendo seriamente di volere riaprire i Navigli, non sarebbe l’inconveniente più grave, perché potrebbe facilmente essere rimosso. In realtà vi sono altri ostacoli ben maggiori, e, ti assicuro, ormai insormontabili. Te ne elenco alcuni, ponendoteli sotto forma di quesiti. Dove le linee della metropolitana incrociano il vecchio alveo dei Navigli sei sicuro che rimarrebbe un margine d’acqua abbastanza alto, sopra le gallerie sotterranee, per consentire il passaggio dei battelli senza il pericolo di vederli arenare? Sai che il tratto del vecchio Naviglio di San Gerolamo, compreso tra la attuale piazza Cadorna (Ferrovie Nord) e la antica Pusterla di Sant’Ambrogio, è stato interamente occupato dalla linea “due”, la linea verde della metropolitana? Come puoi pensare di poter riaprire, lungo quel tratto, l’alveo originale del Naviglio? Non ti ho detto che esso è ormai scomparso per sempre?

Una volta le principali strade radiali, dirette al centro città, scavalcavano il vecchio canale e lo superavano con un ponte; oggi tu credi che rimarrebbe abbastanza altezza sotto l’arco del ponte per far passare un battello destinato al trasporto di persone; e perciò ben più alto di una chiatta carica di sabbia? Se l’altezza non fosse sufficiente occorrerebbe rialzare la quota del ponte; ma ciò obbligherebbe a creare delle rampe di raccordo tra la strada esistente e il futuro estradosso del ponte. Che succederebbe dei portoni di ingresso e delle vetrine dei negozi se, in prossimità del ponte, venisse sollevata la strada che passa a loro davanti? E infine ti pare che offrano una vista entusiasmante le cortine di case moderne, ai due lati della circonvallazione interna che oggi copre i Navigli interrati? La navigazione in mezzo a quelle due cortine di case non potrebbe certo considerarsi un tragitto panoramico interessante. Non sarebbe certo paragonabile al Canal Grande di Venezia, ma neanche ai molti piccoli canali di tante città nord europee, ancora oggi solcati da battelli carichi di turisti. E infine vi è un ultimo ostacolo che impedisce definitivamente qualsiasi ipotesi di navigazione, sia per trasporto di merci sia di passeggeri: sono le chiuse. Ve ne erano molte lungo la Cerchia dei Navigli; ed erano necessarie a superare vari dislivelli, tutti di lieve entità, ma ineliminabili.

A – Perché ineliminabili?

B – Il perché te lo spiego nella nostra prossima conversazione.

A – Sono molto curioso di sentire la tua spiegazione

 

fine parte quinta – continua

 Jacopo Gardella

 

parte prima

parte seconda

parte terza

parte quarta

 

 



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