31 gennaio 2012

Teatro


OMBRE WOZZECK

da Georg Büchner e Alan Berg, regia di Claudio Morganti

con Gianluca Balducci, Rita Frongia, Claudio Morganti, Francesco Pennacchia, Antonio Perrone, Gianluca Stetur, Grazia Minutella

musiche Claudio Morganti, tecnico Fausto Bonvini, fonico Roberto Passuti, progetto Adriana Vignali, in collaborazione con L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino

Dopo una ventina di minuti dall’inizio dello spettacolo Claudio Morganti chiede al pubblico: “Volete sapere la storia?” E liquida in due frasi la vicenda di Woyzeck: un barbiere ama una donna, con la quale non è sposato ma ha un figlio, la donna lo tradisce con il Tamburmaggiore e lui la uccide.

Coerentemente a questo rifiuto della pura narrazione, la messa in scena si svolge per quadri, che certe volte sono veri e propri flash, tutti recitati dietro un telo bianco. Gli attori sono ombre che si allargano e si restringono, in un omaggio al teatro di figura e al cinema espressionista. Morganti, l’unico a essere al di qua del telo, visibile dalla platea, entra ed esce da vari personaggi, soprattutto quello dell’imbonitore, attraverso il quale si rivolge spesso direttamente al pubblico.

Il testo di Büchner è perfetto per questa operazione, perché la sua forza non è certo nella trama, ma nelle atmosfere espressioniste e nelle crepe profonde che si dilatano all’interno dei personaggi; “l’uomo è un abisso”, dice infatti Woyzeck.

Gli addetti ai lavori avranno sicuramente apprezzato il gioco meta-teatrale, i finti vuoti di memoria, i buchi nell’azione scenica ironicamente sottolineati da Morganti che urla “buco!”, e anche il grande lavoro sulla recitazione svolto dagli attori. Il rischio però, in casi come questo, è quello di perdere di vista il pubblico di non-teatranti. Uno spettatore, infatti, potrebbe avere la sensazione di sentirsi come un medico a una cena con solo ingegneri, in cui tutti parlano unicamente d’ingegneria e fanno ben poco per coinvolgerlo.

Resta comunque innegabile la bellezza estetica del gioco d’ombre, l’effetto inquietante di certe atmosfere, la bravura degli attori che giocano con i loro corpi riflessi e con le loro voci, e la capacità di Morganti di virare abilmente fra comicità e tragedia. Ma anche la scena finale, con l’attore/scimmia che rompe il telo bianco e si mostra al pubblico, nonostante la bella interpretazione, ricorda troppo un’avanguardia di anni lontani.

CRT Teatro dell’Arte, dal 17 al 29 gennaio

In scena

Al Teatro Elfo Puccini fino al 5 febbraio Il Mare di e con Paolo.

Al Teatro Grassi fino al 5 febbraio La modestia di Rafael Spregelburd, regia di Luca Ronconi.

Al Teatro Strehler fino al 11 febbraio Un flauto magico, da Mozart, regia di Peter Brook.

Al Teatro Franco Parenti dal 2 febbraio al 12 febbraio Pali, di Spiro Scimone, regia di Francesco Sframeli.

Allo Spazio Tertulliano fino al 5 febbraio Tito Andronico da William Shakespeare, regia di Fulvio Vanacore.

Al Teatro Out/Off fino al 5 febbraio Mia figlia vuole portare il velo di Sabina Negri, regia di Lorenzo Loris.

Al Teatro Ringhiera il 4 e 5 febbraio Il banchetto della Fattoria Vittadini.

questa rubrica è a cura di Emanuele Aldrovandi

rubriche@arcipelagomilano.org



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