24 gennaio 2012

musica


UN NOVECENTO DA GODERE

È un vero peccato che il pubblico milanese, anche il più attento e il più preparato, spesso non si renda conto della ricchezza dell’offerta musicale della sua città, anche al di fuori dei soliti circuiti (Auditorium, Conservatorio, Dal Verme, Scala), con concerti che talvolta sfuggono anche a noi e che ci capita nostro malgrado di trascurare nella rubrica in coda a questa nota. Domenica scorsa, per esempio, nella deliziosa Palazzina Liberty inondata di sole e circondata dal bel giardino di largo Marinai d’Italia, è stata inaugurata la breve ma intensa stagione di Milano Classica, diretta da Gianluca Capuano ma promossa e guidata dalla infaticabile Maria Candida Morosini, che ci accompagnerà fino a giugno con una serie di ottimi concerti di musica da camera.

Questo primo concerto era dedicato al novecento e in particolare a due grandi musicisti per certi versi molto simili tra loro nonostante abbiano vissuto in luoghi fra loro molto distanti: Nino Rota (1911-1979) e Bohuslav Martinu (1890-1959), due vite egualmente brevi vissute a vent’anni di distanza l’una dall’altra, entrambi misconosciuti per lungo tempo. Di Rota conosciamo quasi solo i temi con i quali ha accompagnato un numero impressionante di film, ma ben poco abbiamo ascoltato dell’enorme e magnifica produzione sinfonica e cameristica; Martinu ebbe una certa celebrità negli ultimi anni di vita e subito dopo la scomparsa, poi cadde misteriosamente nell’oblìo.

Protagonista del concerto il «Trio Albatros Ensemble» – inusualmente composto da flauto (Stefano Parrino), violino (Francesco Parrino) e pianoforte (Alessandro Marangoni), molto affiatati e soprattutto appassionati, con alle spalle un percorso ormai ventennale e un evidente inclinazione per la musica moderna e contemporanea – che appunto con passione e competenza è riuscito a comporre un programma di grande interesse e soprattutto di estrema godibilità. È ormai scontato – ce ne siamo accorti troppe volte – che quando si accostano una all’altra musiche di epoche e di culture molto diverse fra loro, si fa molta fatica ad apprezzarne i linguaggi e le poetiche e si finisce per prediligere ciò che già si conosce e si ama e a essere infastiditi da quanto ci è culturalmente più lontano. Ma se nello stesso concerto si resta all’interno di un’unica atmosfera, della stessa aura, ci si immerge più facilmente in essa, se ne viene coinvolti e la musica – anche la meno conosciuta – viene assimilata con maggiore facilità ed empatia.

Così è accaduto per le due Sonate (H. 254 del 1937 ed H. 291 del 1942) di Martinu, piene di nostalgia per la patria boema dalla quale ha dovuto vivere lontano, e per il Trio di Rota, del 1958, con il suo elegiaco “andante sostenuto” dagli inattesi accenti slavi. Tutti e due sono stati negli Stati Uniti (Rota negli anni trenta come studente, Martinu negli anni quaranta come compositore già affermato) e così in entrambi si trovano delle contaminazioni jazzistiche che danno un sapore di freschezza e di giovialità alle loro composizioni. Peccato che il Trio Albatros – forse per un ammiccamento nei confronti del pubblico (purtroppo poco numeroso e non molto giovane) – abbia voluto concludere con un banale potpourri di temi musicali cinematografici di Rota, ovviamente magnifici ma molto male assortiti e ancor peggio integrati tra loro.

Con grande acutezza invece l’Albatros ha introdotto al centro del concerto, fra i pezzi dei due autori principali, una interessante opera di Alessandro Solbiati – un compositore contemporaneo, cinquantaseienne lombardo, non molto eseguito, docente di composizione al Conservatorio milanese – scritta solo tre anni fa per lo stesso Ensemble tanto da portarne il nome. «Albatros» è la strumentazione di un Canone a due voci tratto dall’«Arte della Fuga» di Bach, che prevede l’uso – oltre che del violino – di vari flauti (da quello basso in do fino all’acutissimo ottavino) e del pianoforte usato talvolta pizzicandone le corde anziché percuotendole. Un pezzo molto suggestivo che ha coniugato in modo esemplare il rigore armonico e contrappuntistico di Bach con il linguaggio contemporaneo, portandoci con mano a toccare queste contiguità di cui si parla molto spesso nelle chiose alla musica contemporanea ma quasi sempre, all’ascolto, si fatica a verificare.

Brava Milano Classica e bravo il direttore Capuano che ne sceglie il programma e i protagonisti; ci permettiamo solo di sussurrare che a nostro avviso la musica non andrebbe commentata dai musicisti (caso mai dai critici e dagli storici), così come i quadri non vengono mai spiegati o illustrati dai loro autori, e che anche per i concerti vale il motto «Ofelè fa el to mesté».

 

Musica per una settimana

* mercoledì 25 al Conservatorio (Società dei Concerti) il pianista Rudolf Buchbinder esegue le Sonate di Beethoven numeri 1, 10, 13, 17 e 18

* giovedì 26, venerdì 27 e domenica 29 all’Auditorium (Orchestra Verdi) tutto Mozart diretto da Helmuth Rilling: Sinfonie n. 39 (K. 543) in mi bemolle maggiore e n. 40, K. 550 in sol minore e Sinfonia Concertante per fiati in mi bemolle maggiore K. 297

* lunedì 30 al Conservatorio (Serate Musicali) concerto del chitarrista Manuel Barrueco che esegue musiche di Bach, Domenico Scarlatti, Sierra ed Albeniz

* martedì 31 al Conservatorio (Società del Quartetto) il pianista Eugeni Bozhanov esegue un programma omnibus con musiche di Chopin, Schubert, Debussy, Skrjabin e Liszt

* giovedì 26 e sabato 28 al Teatro Dal Verme (Pomeriggi Musicali), un concerto totalmente incentrato sulla musica ebraica, diretto da Giampaolo Bisanti con il baritono Timothy Sharp e Silvia Chiesa al violoncello, con il Concerto per violoncello e orchestra di Gil Shohat, la Chanson hébraïque e le Deux melodies hébraïques per voce e orchestra di Maurice Ravel, e la Sinfonia n. 8  (dalle sinfonie giovanili) di Felix Mendelssohn Bartholdy.

Alla Scala, intanto, una settimana molto ricca e cioè:

* giovedì 26 la Filarmonica della Scala, direttore e solista Barenboim, con un programma dedicato interamente alla Spagna e a Ravel che si conclude con il celebre Bolero

* venerdì 27 e mercoledì 1 repliche dei Racconti di Hoffmann, di Offenbach, diretti da Marko Latonja con la regia di Robert Carsen

* domenica 29 la Filarmonica di San Pietroburgo – diretta da Temirkanov, con Elisso Virsaladze al pianoforte – esegue l’Ouverture del Barbiere, il Concerto per pianoforte e orchestra di Schumann e la terza Suite di Čajkowskij

* lunedì 30 infine, il tenore Ian Bostridge, accompagnato al pianoforte da Julius Drake, in un magnifico programma di lieder di Schumann e di Brahms.

 

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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