17 gennaio 2012

CDA E MUNICIPALIZZATE: PAGARE DI TASCA PROPRIA


Ho letto con molta attenzione l’articolo di D’Alfonso su A2A, caratterizzato da concre-tezza riformista, e mi sembra che l’afferma-zione che non sia più strategica, da quando è stata ceduta la rete a fibre ottiche, sia una dichiarazione più che corretta. Senza entrare nella polemica specifica sui “gioielli” del Co-mune, è chiaro che una scelta del genere può essere considerata, un comportamento per lo meno colposo e forse anche una deviazione dalla mission aziendale, vista l’importanza di tali reti in questo particolare periodo. In ogni caso si doveva richiedere una maggiore diligenza nel processo decisionale.

Gli ultimi anni, nel contesto internazionale, sono stati caratterizzati da specifici provvedimenti legislativi emanati da vari paesi volti a sostenere lo sviluppo dell’economia da un lato, fornendo maggiori diritti e tutele agli investitori, e dall’altro ponendo maggiori responsabilità in capo ai manager. Dal 2003 è stata accelerata in vari paesi del mondo, compresa l’Italia, la riforma dei sistemi di corporate governance ed è stata posta maggiore responsabilità a carico degli organi di gestione e controllo delle società. Oggi ancor di più questi soggetti possono quindi essere chiamati a rispondere per comportamento colposo o atto illecito con il proprio patrimonio personale, illimitatamente.

La complessa e mutevole evoluzione del quadro normativo in materia societaria, ha aggravato il profilo di rischio degli esponenti degli organi di gestione e di controllo delle società di capitale; si pensi in particolare al Nuovo Diritto Societario (DLgs 6/2003) alla disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (DLgs 231/2001). Tutte norme che hanno ampliato le specifiche competenze richieste ad amministratori, sindaci e dirigenti e che pongono a loro carico maggiori responsabilità in termini di trasparenza e pubblicità delle informazioni societarie, oltre che di tutela degli interessi dei soci e, in generale, di tutte le controparti istituzionali, finanziarie e commerciali della società.

Non sarebbe sbagliato che nelle società partecipate il Comune, quando si trova davanti a scelte palesemente errate, anche se non necessariamente dolose, si preoccupi di chiedere i danni direttamente agli amministratori, aggredendone i patrimoni personali. Questo è un paese dove nessun amministratore ha paura della prigione, ma, credo che al contrario tema moltissimo di dover rispondere con il proprio portafoglio.

Tra l’atro, l’attuale impianto legislativo permette a tutti gli stakeholder, persino agli utenti di mezzi pubblici, di intraprendere una richiesta danni per il disagio creato dal mancato raggiungimento degli obiettivi di buona gestione. Per aumentare la deterrenza, sarebbe importante che le eventuali polizze stipulate per gli amministratori, le cosiddette D&O (Directors & Officier Liability), nel caso di aziende municipalizzate prevedano obbligatoriamente la rivalsa nei confronti del singolo, anche per evitare che i danni causati da manager poco diligenti siano pagati anticipatamente dai contribuenti. Si potrebbe cominciare con quello relativo all’Expo, per poi estendere questa prassi a tutti gli enti con i consigli in scadenza.

Quello che sfugge è: come mai fino a ora, in nessun ente partecipato siano state proposte azioni di responsabilità con richiesta di sequestro conservativo del patrimonio personale. Spesso sarebbero più efficaci meno dichiarazioni in aule consiliari e sulle prime pagina dei giornali, ma qualche raccomandata in più con nome cognome e indirizzo, per la messa in mora. Può darsi che con queste regole ci sarebbero meno persone in fila per “un posto” in qualche consiglio di amministrazione.

Massimo Cingolani



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