17 gennaio 2012

PACE E BELLEZZA: DISCORSO SULLE UTOPIE?


Colgo lo spunto dalla riflessione di Rita Bramante sulla pace, pubblicato sul n°42 a commento del Science for peace, tenutosi recentemente in Bocconi per fare alcune considerazioni sul tema. Innanzitutto mi preme rilevare che qualora la Scienza abbia stabilito che l’uomo è animale pacifico, come affermato nell’articolo, la cosa non mi consola affatto sapendo che esistono depositi di ordigni che nel giro di pochi minuti potrebbero distruggere megalopoli come New York, Parigi o Mosca e che questi strumenti di morte sono il frutto avvelenato della Scienza stessa.

Parlare di pace è sempre arduo perchè si rischia di essere ipocriti o superficiali. Nel primo caso ci stanno tutti quei potenti (uomini o governi) che non rinuncerebbero per nulla al mondo al loro potere e sono sempre intenti ad armarsi per difenderlo. I Romani dicevano: “Si vis pacem para bellum”. È’ evidente che questa pace è ottenuta con la paura e il desiderio di pace è fittizio, è solo desiderio di dominio. Nel secondo caso ci stanno moltissimi cosi detti pacifisti e principalmente quelli che credono che sconfiggere la fame e la povertà porterà alla pace, vale a dire che con strumenti di natura economica si migliori la natura umana. Con questo non voglio dire che le disuguaglianze non creino motivi di conflitti ma bisogna tener conto di un fatto, che sia i popoli poveri che quelli ricchi hanno sempre praticato ed esaltato le guerre come mezzo per risolvere le controversie di qualsiasi natura.

Dunque, mi direte, che si deve fare? Intanto bisogna avere la consapevolezza della difficoltà di raggiungere una cultura di pace. L’uomo non è solo animale oeconomicus e quantunque la sua natura fosse anche pacifica, con tutti i dubbi del caso, non per nulla il cristianesimo prevede un Salvatore, ha comunque prodotto culture che hanno esaltato la guerra. Il fatto che nell’antica Grecia Marte fosse uno degli dei più importanti non era fortuito.

Noi, oggi a nostra volta, siamo immersi in una cultura bellica. Basti pensare al successo dei film di guerra ma anche alla stessa economia che mima il linguaggio militare: conquista di mercati, battaglie concorrenziali e così via. Vi è un bel libro di James Hilmann che sottolinea questi aspetti della nostra società e si intitola: Un terribile amore per la guerra. Le stesse meravigliose città che nei secoli abbiamo edificato sono state condizionate dalla guerra anche nella loro morfogenesi, basti pensare alle mura che hanno seguito gli sviluppi delle armi offensive.

A proposito di Ernesto Teodoro Moneta, Nobel per la pace 1907, unico italiano e milanese, era cultore di Kant e delle sue proposte per una pace perpetua. Quest’ultimo indicava due condizioni strutturali per ottenere ciò: l’abolizione degli eserciti permanenti e la creazione di un organismo internazionale riconosciuto da tutti per dirimere le controversie fra Stati. Che ne è stato dei suoi suggerimenti dopo circa duecento anni? Se l’Europa dovesse abolire gli eserciti addio economia. Per ora l’unico deterrente di una guerra mondiale, per altro sfiorata ai tempi di Kennedy, è la paura delle armi atomiche e questo non è un buon viatico sulla strada della vera pace.

Dai tempi di Moneta nel frattempo la psicologia ha scoperto l’inconscio e si è potuto constatare quanta influenza abbia nei comportamenti quotidiani e quanto l’aggressività umana risulti generata da pulsioni spesso inconsce dettate anche da aspetti religiosi. Allora non c’è nulla da fare? Una terapia vi sarebbe ed è quella suggerita dal mito, nel senso che è Venere che disarma Marte. È quindi nella soddisfazione del bisogno di bellezza e nel riconoscerne la sacralità che si può evitare la guerra, è necessario quindi un nuovo paradigma e nuovi valori non marziali.

Il femminismo, che finalmente torna di nuovo a farsi sentire, in parte ha contribuito a sradicare vecchi archetipi maschili legati alla figura del guerriero. Si dovrà incrementare nella società quei modelli e quei valori che aprono al dialogo e alla comprensione anziché alla competizione e alla combattività. Un pensiero sistemico o ecologico quindi che superi le dicotomie. A questo punto ritengo che non sia proprio la scienza senza Conoscenza, specialistica e parcellizzata, deputata a questo compito.

Venere apre al piacere dei sensi, ai tempi lenti e alla qualità. L’economia moderna è ancorata alla quantità, a una società dell’avere, alla vita in superficie, guai se non fosse così il PIL andrebbe a valori insostenibili. Ma questo livello superficiale della società è quello dei conflitti che si superano con l’approfondimento e ciò richiede un lungo lavoro educativo che non si liquida con le magiche parole di libertà, uguaglianza e fraternità. Ci si deve rendere conto che in tutti noi vi è un’aggressività latente con la quale bisogna confrontarsi.

La psicologia dell’inconscio ci ha fatto sapere che spesso la rimuoviamo perchè ci spaventa e invece viene fuori in tante azioni non belliche: la caccia al successo, il sesso compulsivo, la competizione commerciale, certa pubblicità, il razzismo ecc. La democrazia non è un antidoto alla guerra, tra parentesi Hitler andò al potere con il consenso popolare in un paese governato democraticamente e interpretò l’aggressività rimossa diffusa tra il suo popolo per la frustrazione della sconfitta.

Torniamo ad affermare che una via di uscita esisterebbe e, come dichiarava Fedor Dostoevskij: la bellezza salverà il mondo. Stendhal analogamente diceva che la bellezza è promessa di felicità. Bene hanno fatto a organizzare il suddetto convegno in Bocconi perchè un’economia di pace è ancora da inventare. Potrebbe essere la green economy? Il confronto e il dialogo dell’economia con l’ecologia, che tra l’altro hanno il semantema comune, fa ben sperare ma non saranno gli economisti puri a salvare il mondo bensì i poeti, nel senso etimologico di creativi, dal greco poieo uguale creo. Buon Anno.

 

Maurizio Spada

 

PS A proposito di Teodoro Moneta e della pace consigliamo il romanzo di Federico Bock, l’Isola di Serifo, Edizioni Otma 2007. Da considerarsi una bella ethnofiction sull’argomento.



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