17 gennaio 2012

DARSENA E MARTESANA, CONTINUA IL DIALOGO TRA URBANISTA E ARCHITETTO


 

A – Mi avevi promesso di spiegare per quale motivo la Darsena è stata svuotata.

B – La Darsena è stata svuotata perché il Comune di Milano aveva promosso la sciagurata idea di costruire una autorimessa interrata, da collocare interamente al di sotto della Darsena. Per fortuna il folle progetto è stato fermato e non si eseguirà più.

A – Si sarebbe trattato di una autorimessa non tanto sotto terra quanto sott’acqua.

B – Una autorimessa che avrebbe rovinato l’intero ampio spazio dentro cui si adagia il largo bacino d’acqua; e intorno al quale si elevano importanti monumenti storici. Le rampe di entrata e uscita, i pozzi d’aerazione, le scale di sicurezza, gli ascensori per il pubblico, e il transito incessante delle auto; tutto ciò avrebbe trasformato una invidiabile area di sosta, di quiete, nonché di notevole interesse artistico e monumentale, in un incessante carosello di automezzi, diurni e notturni.

A – Una sciagura tanto per i passanti quanto per i residenti, che tuttavia, con coraggio, hanno saputo reagire; capeggiati da una coraggiosa signora di nome Gabriella Valassina, hanno contrastato caparbiamente il progetto dell’autorimessa; e sono riusciti a farlo sospendere definitivamente.

A – Tornando alla prima delle due conche, tu hai idea di cosa si debba fare dei pochi resti archeologici, trovati ancora in ottimo stato?

B – Credo che sia giusto scegliere fra due possibilità: a) isolarli dall’acqua; creare intorno a loro un muro di contenimento; lasciarli in vista sul fondo del pozzo artificiale così costruito; b) oppure fotografarli, misurarli, analizzarli; e poi lasciarli come prima sul fondo della Darsena – quando questa verrà di nuovo riempita d’acqua – dove continueranno a vivere per altri mille e più anni, come i quasi mille che hanno già trascorso, completamente sommersi ma rimasti perfettamente intatti.

A – Passando dalle proposte per i resti archeologici alle proposte per la futura sistemazione della Darsena e dei Navigli, vorrei sapere se hai delle tue idee, e quali.

B – Le mie idee possono riassumersi in quattro punti che sinteticamente ti espongo: 1) Anzitutto elaborare un unico progetto di intervento e di recupero, uno studio sia urbanistico che paesistico, esteso a tutto l’ambiente storico della Darsena e dei monumenti che la circondano. Evitare categoricamente opere, anche se provvisorie, che possano compromettere il futuro di questo progetto unitario. 2) In secondo luogo vorrei suggerire un consiglio di metodo: elaborare un progetto organico, dove organico significa, completo e definito; ossia non frammentato in singoli interventi poco coordinati fra loro e non conseguenti l’uno all’altro secondo un disegno logico. Un intervento che sappia valorizzare in un progetto di sistemazione complessiva sia la Darsena, sia i Navigli, sia i vicini monumenti storici. 3) In terzo luogo è importante rivendicare per la Darsena un obiettivo prioritario: impegnarsi perché essa si trasformi in un bacino portuale, usato da natanti, solcato da imbarcazioni, percorso da battelli; e non diventi un semplice specchio d’acqua, vuoto e privo di vita; ed esigere che i due Navigli esterni alla città, quello Grande e quello di Pavia, tornino a essere navigabili, come lo erano in passato; e non restino due morti corsi d’acqua, inutilizzati e privi di qualsiasi funzione. 4) In quarto luogo è importante precisare, a scanso di equivoci divulgati con eccessiva disinvoltura, e ripetere ancora una volta, che la Darsena non è stata svuotata per verificare lo stato di solidità delle sue sponde – come è stato detto, mentendo – ma solo e unicamente per iniziare i lavori del parcheggio sotto il suo fondo.

A – Come mai si è avuto paura di dire la verità?

B – Perché appena sapute le folli intenzioni del Comune, e si è cominciato a parlare di un parcheggio sotto la Darsena, subito si sono formati combattivi comitati di cittadini, decisi a impedire la insensata impresa.

A – Quindi non era vero che le mura delle sponde fossero lese e pericolanti.

B – Non è affatto vero. Le mura avevano resistito benissimo da centinaia di anni; e potevano resistere ancora senza necessità di consolidamenti.

A – Mi hai parlato a lungo della Darsena e del sistema dei Navigli collocati a Sud di Milano. Ora avrei qualche domanda da farti sul sistema dei Navigli posti a Nord di Milano: in particolare vorrei capire come arriva in città il Naviglio della Martesana; come si svolge il suo corso, e da dove prende le sue acque, provenienti dal fiume Adda; mi sembra che le prenda da una bocca situata presso Trezzo d’Adda.

B – Infatti è così. Ma tu sai come viene chiamata la bocca da cui l’acqua del fiume viene presa e convogliata nel Naviglio?

A – Non lo so; dimmelo.

B – La bocca viene chiamata “incile”: parola tecnica, poco usata nel linguaggio comune.

A – Bene, ma ora parlami del Naviglio della Martesana.

B – Il Naviglio della Martesana, che collega il fiume Adda con la città di Milano, ha avuto una genesi laboriosa e lunga. Il tracciato è stato progettato e iniziato sotto i Visconti, e il corso completo è stato ultimato sotto gli Sforza. Filippo Maria Visconti ne ha avuto l’idea: Lodovico il Moro ne ha vista la conclusione. La prima funzione del Naviglio era quella di portare acqua a Milano: la città, abitata da una popolazione numerosa, aveva bisogno di una abbondante alimentazione idrica. Un’altra funzione era quella di aumentare la portata dei Navigli interni, che già ricevevano acqua da una derivazione del fiume Seveso. Una ulteriore funzione infine era l’irrigazione di tutta la campagna a est di Milano, fino al corso dell’Adda.

A – Molte sono quindi le funzioni di questo e degli altri Navigli lombardi.

B – Certo, molte: alimentazione idrica, trasporto mercantile, irrigazione agricola.

A – Quindi non è esatto dire che il Naviglio della Martesana è stato costruito solo ed esclusivamente per creare un collegamento navigabile tra Milano e Lecco, cittadina posta sul Lago di Como o Lago Lario.

B – Non è esatto. Il Naviglio aveva altre funzioni; e il collegamento è avvenuto in un tempo di gran lunga successivo; quando fu possibile risalire l’Adda, nel tratto che inizia da Trezzo e arriva fino alla città di Lecco. Ti ricordo che da Trezzo inizia anche la Martesana che arriva fino a Milano.

A – Perché dici “quando fu possibile”? Non si poteva risalire e scendere l’Adda da Trezzo a Lecco subito?

B – Proprio no. Tra Paderno d’Adda, a monte, a Trezzo d’Adda, a valle, il fiume percorre un tratto accidentato, reso impervio da forti dislivelli, da rapide, da turbolenza. Lungo quel tratto era impossibile navigare, sia discendendo la corrente sia risalendola.

A – Difficoltà simili, anche se molto meno impervie, si incontravano nel tratto del fiume Ticino, a partire da Sesto Calende, in fondo al Lago Maggiore, fino all’imbocco del Naviglio Grande, in località Turbigo.

B – Infatti quel tratto del fiume Ticino veniva superato dai barconi con notevoli difficoltà e non poche manovre acrobatiche. Ma torniamo agli ostacoli del fiume Adda.

A – Come si sono potuti superare questi non lievi ostacoli?

B – Creando un canale dal corso parallelo a quello del fiume, dotato di regolari conche, e destinato a consentire la navigazione dei barconi là dove il corso dell’Adda non lo avrebbe permesso.

A – La costruzione di questo canale è paragonabile alla applicazione di un by-pass al sistema circolatorio arterioso; i natanti, usufruendo del canale artificiale, superano il tratto non navigabile del fiume; rientrano di nuovo nel fiume Adda poco sopra Trezzo; e possono così spostarsi comodamente da Lecco a Milano e viceversa.

B – Il nuovo canale si chiama Naviglio di Paderno d’Adda.

A – Da non confondere con Paderno Dugnano, che si trova da tutt’altra parte della Lombardia, sul fiume Seveso, tra Monza e Saronno.

B – Il naviglio di Paderno è stato costruito durante il corso di parecchi secoli.

A – Ciò dimostra la complessità e la immensa difficoltà di questo colossale sistema dei Navigli; e la grande audacia nell’averli concepiti e portati a termine.

B – Il Naviglio di Paderno viene costruito in tre tempi distinti. Il primo progetto risale all’ingegno dei due impresari idraulici di epoca rinascimentale: Missaglia e Della Valle. L’iniziativa è presa nell’anno 1520 per volontà del Re di Francia Francesco I, che subentra agli Sforza nel governo di Milano, prima che iniziasse la successiva lunga dominazione degli Spagnoli. Il secondo tentativo è avviato dall’ingegnere idraulico Meda, già sotto la dominazione spagnola. L’impresa di Meda è ambiziosa: essa consiste nella elevazione di un sistema di due conche, collegate tra loro e indispensabili per superare il forte dislivello della campagna compresa tra Paderno e Trezzo: una conca avrebbe dovuto essere alta diciotto metri, l’altra sei metri. Ma non si riuscì mai a completarle e a farle funzionare.

A – Posso immaginare la pressione dell’acqua contro i portoni ai piedi della conca.

B – L’opera, audace e ingegnosa, era tuttavia così carica di rischi che alla fine venne abbandonata.

A – Ma allora quando ebbe termine la costruzione del Naviglio di Paderno?

B – Soltanto durante la dominazione austriaca, nell’anno 1777, sotto il regno della imperatrice Maria Teresa d’Austria, a cui va il merito di aver finalmente patrocinato l’inaugurazione del Naviglio.

A – L’utilità del Naviglio di Paderno fu grandissima. Insieme al Naviglio della Martesana, già funzionante da quasi tre secoli, esso contribuì a completare quel sistema di collegamenti fluviali che univano i Grandi Laghi, Maggiore e di Como, con la bassa pianura lombarda e poi con il Po e l’Adriatico; e permetteva, passando attraverso il Naviglio Milanese, di andare da Lecco ad Arona e viceversa. Una meraviglia di ingegneria idraulica.

A – Avevi detto che le acque del Naviglio della Martesana erano vitali per il sistema idrico di Milano, perché, insieme al fiume Seveso, erano la principale fonte di alimentazione dei Navigli interni. Vorresti spiegarmi meglio come si svolge l’intero corso della Martesana, a partire da Trezzo d’Adda per arrivare fino a Milano?

B – Il Naviglio della Martesana parte in località Concesa, appena a valle di Trezzo d’Adda.

A – È in quel punto che si trova il suo “incile”, il suo imbocco.

B – Proprio in quel punto. Partendo da Trezzo il Naviglio della Martesana per un certo tratto corre parallelo all’Adda, in direzione nord-sud; poi bruscamente, alla altezza del paese di Cassano d’Adda, il Naviglio devia bruscamente ad angolo retto e si spinge verso ovest in direzione di Milano.

A – La deviazione si chiama infatti “Volta di Cassano”.

B – Dopo la “Volta di Cassano” le acque scorrono per un lungo tratto rettilineo e arrivano in città da est, dopo aver scavalcato su di un acquedotto il letto del fiume Lambro. Arrivate alla località Cassina dè Pomm, dove incontravano una prima conca oggi scomparsa, le acque imboccano il tracciato rettilineo corrispondente alla attuale via Melchiorre Gioia. Di fianco al corso del Naviglio correva la strada alzaia, percorsa dagli animali da tiro che trascinavano i barconi carichi di merci. Oggi il Naviglio è coperto e non si vede più, e la strada alzaia è inglobata nella carreggiata di via Melchiorre Gioia, che in effetti mostra una sezione stradale alquanto larga.

A – Larga sicuramente, dal momento che il selciato copre sia il Naviglio che la strada alzaia. In conclusione l’attuale via Melchiorre Gioia una volta non esisteva; e al suo posto, costeggiato dalla strada alzaia, correva il Naviglio della Martesana che sboccava nella Cerchia del Naviglio interno.

B – Tuttavia per raggiungere la quota, che era più bassa, del Naviglio interno, ed entrare nel Laghetto di fronte alla Chiesa di S. Marco, le acque dovevano scendere di qualche metro e passare attraverso una seconda conca, ancora oggi perfettamente visibile, sebbene abbandonata; questa seconda conca era detta Conca delle Gabelle o della Incoronata, dal nome della Chiesa della Incoronata che oggi si affaccia sul tratto nord del vicino corso Garibaldi.

A – Superata la Conca delle Gabelle le acque discendevano al Laghetto di San Marco, e di qui si immettevano nel Naviglio interno.

B – Prima di entrare nel Naviglio interno dovevano tuttavia superare ancora la conca di S. Marco, posta a valle del Laghetto.

A – Entrate finalmente nel Naviglio interno, quale percorso dovevano fare le acque per arrivare fino alla Darsena, posta sul lato opposto, ossia a sud della città?

B – Dovevano ancora superare tre conche, tutte in discesa: la conca del Marcellino, situata a lato dell’abside della Chiesa di S. Marco; la conca di via Senato; la conca di Viarenna, di cui abbiamo già parlato a lungo.

A – Oltre ad alimentare il Naviglio interno, che poi – come avevi già spiegato – si scaricava nella roggia della Vettabbia, e da qui nel fiume Lambro, le acque della Martesana confluivano anche nel Redefossi, il fossato di difesa militare che circondava le mura spagnole.

B – Il Redefossi era anche alimentato da una rigogliosa sorgente naturale, uno dei tanti “fontanili”, situati a nord di Milano. Come vedi tu stesso, la cattura, il dirottamento, lo scarico, l’utilizzo delle acque naturali, aveva raggiunto in quell’epoca un grado di precisione ammirevole, e denotava una abilità e una competenza straordinarie. Di questa abilità e competenza ti darò esempio nella nostra prossima conversazione.

 

Parte quarta – continua

 

Jacopo Gardella ringrazia il Professore Gianni Beltrame per le dettagliate notizie storiche cortesemente fornite durante la stesura di questo articolo.

 

parte prima

parte seconda

parte terza



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