17 gennaio 2012

Scrivono vari 18.01.2012


Scrive Gaspare Jean a Franco D’Alfonso – Bravo d’Alfonso! Finalmente una voce fuori dal coro che fa vedere il retro della medaglia delle liberalizzazioni. La vulgata è: “le liberalizzazioni aumentano la concorrenza e fanno diminuire i prezzi”; è facile constatare che nessun prezzo è diminuito per effetto delle liberalizzazioni, anzi potrebbero verificarsi aumenti perché la concorrenza porta a maggiori spese per reclamizzare il prodotto.

Per quanto riguarda i farmaci penso che inizialmente ci sia stato un errore di confusione tra i farmaci di fascia C e farmaci concedibili senza prescrizione medica, tanto è vero che il ministero ha poi precisato che aumenterà la tabella dei farmaci da banco (quindi nulla di innovativo rispetto a oggi, se non quello di permettere che le case farmaceutiche possano fare reclame anche alla TV per un numero maggiore di prodotti).

Le liberalizzazioni in sanità hanno portato all’apertura di numerose case di cura e servizi sanitari, che avrebbero dovuto diminuire le liste d’attesa; ma queste sono identificabili con gli ordinativi delle aziende manifatturiere; quanto più una azienda ospedaliera ha lunghe liste di attesa tanto più sembra sana! Un primario che chiede la sostituzione o l’acquisto di uno strumento o un infermiere in più, deve dimostrare al Direttore Generale che il suo reparto ha una lunga lista d’attesa che gli permetterà di ammortizzare la spesa in breve tempo. Ma i guai sono anche maggiori se si tiene conto che gli ospedali pubblici ora lavorano quasi come i privati, scartando malati “rognosi”, facendo dimissioni selvagge, aumentando le prestazioni.

Quello che è avvenuto alla Santa Rita non è che la punta di un iceberg che interessa ospedali sia privati che pubblici; solo che la Santa Rita non aveva dietro potenze come S. Donato (RCS) o Humanitas (Mediobanca-Fiat). In ogni caso il pubblico è svantaggiato; basti pensare che per acquistare un semplice elettrocardiografo nel pubblico ci sono dodici passaggi amministrativi, mentre il privato se la cava con tre!

 

Scrive Marco Fontana a Maria Berrini – Approfitto per far presente la mia esperienza passata di utente del metrò, quando lavoravo in zone che erano al di là, di qualche km, dell’ultima fermata. S. Donato – c’era (c’è ancora, nonostante la giunta di destra?) un grande parcheggio di biciclette appena fuori dell’uscita, che consentiva la loro custodia notturna, e la ripresa al mattino da parte dei pendolari, dipendenti delle varie aziende ENI. Era comodissimo, e chi va in bici sa che sono molto pochi i giorni di vero maltempo in cui è proibitivo usarla. Bisceglie – una volta ho chiesto se all’interno del parcheggio dedicato alle auto ci fosse anche una zona biciclette. I simpatici addetti ATM si sono guardati tra loro e poco è mancato che mi ridessero in faccia (ma non erano la Merkel e Sarkozy…).

Ci vorrebbe molto a organizzare posti per un centinaio di biciclette alle stazioni terminali di metro e ferrovie (S.c.r.s.l., ecc.)? Io penso di no, anche se qualcuno si metterà a fare le cose un po’ più difficili, come tesserini col chip, informatizzazione, ecc. Se per assumere un extracomunitario di guardia bisogna far lavorare anche qualche giovane informatico figlio di qualcuno, pazienza: l’importante sarebbe poter coniugare ulteriormente il trasporto pubblico con la flessibilità privata, che non è solo quella delle auto.

Risponde Maria BerriniNel documento prodotto da Amat per il Comune, sulle linee di indirizzo per l’ampliamento del sistema della sosta biciclette (dicembre 2010) oltre l’analisi di attrattori e generatori di mobilità per l’installazione di nuove rastrelliere, sono stati individuate le località dove è indispensabile realizzare Bicistazioni (Centrale FS, Garibaldi FS, Cadorna LeNord, Lambrate FS, Greco/Pirelli FS, Certosa FS, Linate aeroporto / Idroscalo) e veniva indicata la necessità di dedicare aree per le biciclette all’interno dei parcheggi di interscambio come Maciachini, Molino Dorino, Bisceglie

 

Scrive Paolo Deganello ad ArcipelagoMilano – La utile ricostruzione della vicenda “Expo” fatta da Emilio Battisti si conclude con l’amara considerazione che “l’ultima opportunitá per salvaguardare e promuovere i contenuti originari” del progetto Expo é un “fuori expo alternativo” Ho inviato insieme una raccomandata al Sindaco Pisapia il 13 Ottobre 2011 che non ha avuto alcuna risposta e che propone un altra via di uscita a quella che Battisti definisce una “Expo ridotta a kermesse gastronomica”. In quella lettera suggerivamo al sindaco Pisapia di sostenere l’Expo diffusa e sostenibile (petizione fata da me e da Emilio Battisti nel Marzo 2009) quale unica conclusione realistica di un progetto di Expo sbagliata, partorita dall’Amministrazione Moratti e da Formigoni, continuamente via via ridimensionata nelle sue iniziali intenzioni per riduzione progressiva degli investimenti possibili e per una progressiva appiattimento del progetto iniziale sul modello “Expo dei padiglioni” ,imposto, si dice, dal BIE.

L’articolo di Battisti ricordava giustamente l’adesione di “Pisapia candidato” alla petizione/progetto di una “Expo diffusa e sostenibile” per Milano 2015. Voglio osservare che l’amministrazione Pisapia sta giustamente promuovendo un decentramento amministrativo che porti Milano a evolversi da “cittá centrale e radiale ad una cittá policentrica (Daniela Benelli) e sta altrettanto giustamente tentando un decentramento / diffusione della vita culturale (Stefano Boeri) nelle periferie milanesi. Una “Expo diffusa e sostenibile puó trovare una coerente e concreta e “spettacolare” applicazione di questa strategia e solo una contraddittoria palese negazione di questa strategia nella soluzione nell’Expo concentrata a Rho – Pero. L’assessore Maran, nell’incontro con Giorgio Viale allo Studio Battisti diceva che il 2016 dovrá quale evento offrire al mondo un’altra Milano, quale occasione migliore di un altra Expo che ridefinisca una volta per tutte la nuova tipologia dell’evento EXPO quale occasione per una diffusa e decentrata riqualificazione di un intero territorio urbanizzato invece della vecchia Expo che nel piú assoluto silenzio si cerca di realizzare CONCENTRATA a Rho Pero ennesima riedizione della vecchia e obsoleta Expo dei padiglioni…… nonostante il fallimento dell’Expo di Hannover di Siviglia di Saragoza ecc.ecc.

Invece di chiedere una amara consolazione nel “fuori expo” a me sembra che i molti sostenitori di una “Expo diffusa e sostenibile” dovrebbero pretendere dall’amministrazione Pisapia tutto l’impegno possibile per considerare sbagliata e irrealizzabile oggi nella crisi, la Expo dei padiglioni concentrata a Rho-Pero fino a imporre al BIE di aderire all’unica EXPO realizzabile e, “spettacolare” per la sua innovazione, la prima EXPO DIFFUSA E SOSTENIBILE appunto a Milano, per il 2015. La Milano del 2016, come promette o spera o si illude l’assessore Maran sarebbe cosi veramente finalmente, sicuramente un’altra Milano.

Scrive Antonella Nappi ad Enrico Fedrighini e a Maria Berrini – In particolare mi sembra molto utile diffondere continuamente informazioni sulla salute dal Forum permanente di medici e pediatri milanesi. – Cara Berrini, hai tutta la mia fiducia

Scrive Gabriella Bertolini ad ArcipelagoMilano – Molto, molto interessante. Alimento alla memoria per avere il coraggio .- come è stato detto – di credere che si può andare oltre…

Scrive Alberto Perego ad ArcipelagoMilano – Due righe solo per evidenziare come sempre troppo spesso, anche con nuovi governi locali o nazionali, si continui a predicare bene ma poi a non mettere in atto tutti i giorni quanto promesso. Lotta all’evasione al non rispetto delle regole: vivendo nel quartiere Sarpi continuo a vedere gran dispiego di auto dei vigili e della guardia di finanza girare o sostare, ma senza mai vedere che escano dalle loro auto, se non per andare al caffè! Il colmo è stato oggi pomeriggio: vedo un auto ferma davanti a un negozio di elettronica di cinesi (aperto la domenica in barba a tutti i divieti) e uno dei due militi dentro! mi dico.. guarda finalmente incominciano a verificare anche la contabilità dei cinesi…!! ma no!! stava solo comperando un carica telefonino da auto!

Concorrenza sleale: ma qualcuno vuole far seguire ai negozi dei cinesi le stesse regole imposte a quelle degli italiani? Come fanno a sopravvivere i parrucchieri italiani se quelli cinesi possono stare aperti ad ogni ora del giorno ( e notte) e della settimana e non avere controlli? Soprattutto si può anche incominciare a verificare se la contabilità dei cinesi è corretta e dove finisce il fiume di denaro che si vede ogni giorno prelevato con il furgone delle FIDELITAS dal cambia valute che c’è in Paolo Sarpi all’altezza di via Signorelli? A proposito come ha fatto un negozio di chincaglieria a trasformarsi in un negozio di viaggi e scambio soldi? Chi lo controlla qualche volta? Deve sottostare alle stesse regole delle banche sulla trasparenza dell’esportazione di capitali o si pensa che sia poca valuta? Grazie per chi vorrà dare una risposta pratica a questi semplici quesiti.



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