27 dicembre 2011

musica


BUON ANNO

Concludiamo il terzo anno consecutivo della rubrica di “musica classica” di ArcipelagoMilano: un appuntamento settimanale che ci ha fatto superare la soglia dei centotrenta “pezzi” tutti dedicati alla vita musicale milanese e, talvolta, a riflessioni sul curioso fenomeno per cui centinaia e migliaia di milanesi affollano teatri (la Scala, il Dal Verme) e auditorium (le sale del Conservatorio, quella dell’Orchestra Verdi) – ma anche chiese, università, palazzi (e d’estate piazze e cortili) – per ascoltare sempre le stesse musiche … Vien da chiedersi se questo ascoltare sempre e solo la musica scritta fra la fine del seicento e l’inizio del novecento sia normale o se siamo di fronte al rifiuto della modernità e a una fuga verso certezze rassicuranti che ci mettano al riparo dalle difficoltà e dalle incertezze della quotidianità.

Non è una domanda inedita, e sappiamo che vi sono alcune risposte rassicuranti: prima di tutto la musica è una necessità dello spirito, senza musica la vita è più triste, e la musica cosiddetta “classica” è un fondamento della cultura europea e occidentale. Soprattutto non è vero che si ascolta “sempre la stessa musica”; al di là di ogni apparenza è invece sempre diversa, ogni interprete la ricrea aggiungendovi volta a volta tutti i significati e i valori di cui lui e noi ascoltatori siamo portatori. Riascoltare quei capolavori vuol dire ogni volta rigenerarli e rigenerarci con essi.

Si dice che se Bach potesse ascoltare le moderne esecuzioni delle sue opere, non le riconoscerebbe; ed è noto che Mozart arrivò a Praga la sera prima della “prima” del Don Giovanni con i manoscritti accartocciati e ancora bagnati di inchiostro, sicché l’opera risultò eseguita in prima lettura sia da parte del direttore che dei professori di orchestra. È facile immaginare quanto sarà stata diversa dalla esecuzione ascoltata in questi giorni alla Scala! D’altra parte basta confrontare due diverse esecuzioni della stessa sinfonia di Beethoven, dirette per esempio da Toscanini e da Chailly, per scoprirne la totale incomparabilità.

Abbiamo anche la fortuna di vivere in una delle poche (dieci? venti?) città al mondo in cui è possibile ascoltare regolarmente e dal vivo i più grandi interpreti e le migliori esecuzioni, godendo così di un raro privilegio. Tanto raro che esiste una sorta di comunità internazionale che migra frequentemente da una città all’altra, da un paese all’altro, per ascoltare gli interpreti più celebri o le esecuzioni più rare. Milano ha poi vissuto la vicenda di Claudio Abbado, che per anni non ha voluto dirigervi, e oggi vi ha sede quel Circolo degli Abbadiani Itineranti i cui soci lo seguono nei suoi spostamenti in tutto il mondo; e l’anno che inizia ora dovrebbe essere anche l’anno del suo tanto atteso ritorno a Milano e alla Scala.

Recentemente abbiamo letto che, a fronte della crescente diminuzione di spettatori di cinema e di teatro, nelle sale da concerto e nei teatri d’opera le cose pare vadano un po’ meglio. Se fosse vero sarebbe anche un segno di vitalità della cultura musicale italiana, vitalità che viene dimostrata dai giovani musicisti che – nonostante la crisi “politico-istituzionale” dei nostri Conservatori e la difficoltà di trovare spazio nelle nostre istituzioni musicali – raggiungono con facilità il successo appena fuori d’Italia, persino nei colti paesi del centro e nord Europa. Vitalità dimostrata anche dal seguito che quest’anno hanno avuto le prime prove di flashmob orchestrale (con la prima sinfonia di Beethoven alle colonne di San Lorenzo) e corale (con l’Halleluja dal Messiah di Handel in piazza San Babila) di cui vi abbiamo dato conto, e i concerti della neonata Orchestra “amatoriale” Carish, diretta da Kitharatzis, come quello della scorsa notte di Natale in cui ha eseguito la Messa K. 259 di Mozart. In quella stessa chiesa di San Marco in cui, nel 1770, l’autore quattordicenne la diresse per la prima volta!

Dobbiamo dunque sperare che il “governo dei tecnici”, risolti i problemi più urgenti e più gravi della sopravvivenza, trovi modo di rimettere la cultura – e in particolare quella musicale, che è stata negli ultimi anni la più negletta – fra le prime cure per il rilancio dell’economia. Perché, come sa chiunque l’ami o la conosca bene, un mondo senza musica è un mondo più povero. Noi abbiamo la fortuna di possederla, stiamo attenti a non perderla. Buon anno a tutti.

 

 questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org



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