23 dicembre 2011

TEMPI URBANI: UNA MINIERA INSESPLORATA


Una delle sfide importanti che la nostra città affronterà a partire dal nuovo anno, è lo studio e l’elaborazione di un nuovo Piano Urbano dei Tempi e degli Orari. Nuovo perché Milano non parte da zero: all’inizio degli anni ’90 si è dotata di un Piano efficace che poi è stato dimenticato e che va adeguato ai nuovi bisogni e alla nuova visione di città. La città oggi ha più che mai bisogno di questo strumento strategico di pianificazione temporale che interviene in modo organico sulla relazione tra l’uso individuale del tempo e il tempo collettivo e ‘sociale’ della città, coordinando gli orari dei servizi pubblici, del lavoro, delle scuole e del commercio con i flussi della mobilità, per migliorare la qualità della sua vita urbana.

Quando si decide di registrare l’orologio della città per restituire un equilibrio più disteso a chi ci vive, uno dei comparti chiave è quello dei tempi della scuola, che negli ultimi vent’anni ha registrato grandi cambiamenti. Non è semplice rimodulare i tempi della rete scolastica di una grande città come Milano, perché significa agire su fattori complessi come il progetto pedagogico, la conciliazione, i tempi delle famiglie e del personale che nella scuola lavora, le abitudini consolidate nel tempo.

La definizione degli orari e dei tempi delle scuole coinvolge tutti gli aspetti dell’organizzazione scolastica: dalla distribuzione degli edifici scolastici sul territorio, con i relativi bacini e flussi d’utenza, al dimensionamento degli istituti, dai diversi modelli didattici ai modi e tempi d’uso delle strutture in relazione al tempo della didattica e dell’extra didattica. Gli orari scolastici sono spesso gli elementi cardine attorno ai quali si organizza la vita delle famiglie con bambini, con sensibili differenze a secondo dell’età dei figli.

Se per gli asili nido e la scuola materna il rapporto di vicinanza casa-scuola è la variabile temporale dominante, con il passaggio alla scuola dell’obbligo acquista valore il tempo degli spostamenti casa – scuola – luoghi del tempo libero; nell’armonizzazione di queste componenti incidono sia i modelli didattici (tempo pieno, modulo, rientri), sia la capacità delle scuole di essere aperte e accessibili oltre i tempi della didattica. Il bisogno di prossimità, e quindi di ottimizzazione del tempo, si estende come un domino anche agli spazi pubblici vicini (biblioteche, parchi, luoghi di aggregazione, di sport), e richiede interventi mirati sugli spostamenti, sulla congestione, sul traffico, sui nodi problematici della mobilità pubblica collettiva e privata, sulla tutela e la qualità della mobilità debole.

Se la risposta al bisogno di ‘prossimità’ delle scuole per i bambini più piccoli influisce soprattutto sulla vivibilità e sulla qualità urbana di un pezzo di città, il pensiero sui tempi delle scuole medie e superiori, richiede un approccio a una scala più ampia: gli studenti infatti si muovono sempre più da soli, a coppie o in gruppi di consimili, senza necessità di essere accompagnati e i loro spostamenti investono il tempo sociale e il sistema di mobilità urbana della città nel suo complesso.

Sono più di 60.000 gli studenti milanesi che frequentano le scuole secondarie superiori, e moltissimi si muovono al mattino utilizzando i mezzi pubblici alla stessa ora di chi li usa per andare a lavorare. La congestione del trasporto pubblico in quel momento è altissima, e varrebbe la pena di fare delle ipotesi di cambiamento degli orari di ingresso delle scuole secondarie, spostando le lancette più avanti. Studi sperimentali condotti soprattutto all’estero hanno dimostrato che il tasso di rendimento e la capacità di concentrazione negli adolescenti aumenta se l’orologio della prima ora di lezione si sposta in avanti di un’oretta circa. Pensiamoci, e proviamo a valutare le opportunità e le incidenze attraverso una sperimentazione.

In alcune città italiane come Cremona e Bolzano, all’interno delle nuove politiche temporali urbane, l’amministrazione pubblica ha prodotto progetti specifici sugli orari scolastici, a partire dall’istituzione e dal coordinamento di tavoli di lavoro di coprogettazione partneriali e trasversali con tutti gli attori (studenti, famiglie, insegnanti, direzioni didattiche, provveditorato, settori educazione e mobilità, università, zone di decentramento).

Attraverso questo percorso di partecipazione possono essere definiti strumenti efficaci d’indagine (come questionari rivolti a studenti, famiglie, personale elaborati insieme agli stakeholders stessi), strumenti analitici (analisi di calendario e rappresentazioni cronografiche degli orari degli istituti scolastici), e strumenti di confronto tecnico su esigenze specifiche coinvolgendo livelli istituzionali omologhi e superiori (Comuni, Provincia, Regione), senza trascurare gli investimenti in comunicazione, per raccontare le ipotesi di scenari futuri, per divulgare i risultati delle sperimentazione.

Occorre tempo e grande disponibilità all’ascolto, ma la via è tracciata dalle più aperte modalità di confronto con la città che questa nuova Amministrazione ha cominciato a sperimentare in questi mesi.

 

Paola Bocci



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