23 dicembre 2011

A2A E IL BILANCIO DEL COMUNE


L’ex assessore Masseroli, nominalmente capogruppo di un partito di opposizione che sembra più un participio passato che una formazione politica, ha annunciato ai giornali per la trentesima volta o giù di lì di aver “smascherato il bluff di Pisapia”, questa volta grazie ad una dichiarazione dell’assessore Tabacci riguardante la possibile cessione di una quota di A2A. La tesi, chiamiamola pure nobilmente così, di Masseroli è dal 1 luglio dello scorso anno sempre la stessa, vale a dire che il buco di bilancio lasciato dalla Moratti “non esiste” e Pisapia, novello zio Paperone, impone tasse e “vende gioielli” per accumulare ricchezze nel forziere blindato del Comune per scopi non precisati. La “prova”, questa volta, verrebbe dal fatto che non appena “svenduta” la Sea e trovato un accordo per Edison, già si parla di “svendere” altro.

Non varrebbe la pena di occuparsi della propaganda poco meditata che viene da chi ha fatto parte importante di una banda di signore e signori che da oltre un decennio non hanno fatto altro che vendere patrimonio pubblico a prezzi quanto meno discutibili riuscendo al contempo a raddoppiare l’indebitamento del Comune (arrivato a 4,3 miliardi di euro) e nello stesso tempo a rendere strutturale, nel senso che va avanti così da sei anni, un disavanzo tra entrate correnti e uscite correnti di 400 milioni di euro l’anno (pari al 25% del bilancio comunale senza l’Atm, incorporata di fatto, sciaguratamente, con il contratto di servizio dello scorso anno) se non fosse che il balletto delle dichiarazioni e controdichiarazioni è subito virato verso una poco utile discussione sulla “vendita dei gioielli”, con pericoloso corollario sullo schieramento della destra, della sinistra e del centro in merito ad un’ipotesi che, presa a sé stante, non ha alcun senso comune.

Tabacci ha ricordato, infatti, una verità che andiamo ripetendo da mesi: la cessione della quota Sea ha “salvato” il bilancio 2011 che la Moratti aveva incardinato su un default praticamente certo, ma il deficit strutturale di bilancio di 400 milioni di euro si riproporrà nel 2012, con l’aggravante di 100-150 milioni di euro di ulteriori tagli derivanti dalle tre manovre di Berlusconi e dall’ultima di Monti, che ha in realtà fatto pochi tagli ma molti inaridimenti di fonti di entrate (l’introduzione dell’Imu con il 50% che va allo Stato riduce le entrate di Milano ex Ici seconda casa di 15 milioni di euro l’anno, costringendo cosi certamente il Comune a valutare l’introduzione di un’aliquota maggiorata).  La Giunta Pisapia deve quindi trovare circa 500 milioni di euro per le spese  correnti e, volendo far ripartire gli investimenti per Expo e non solo, ne deve “trovare” almeno altrettanti .

I risparmi già realizzati (in cinque mesi e con le spese previsionali impegnate al 90 %, ricordiamolo !) e quelli prevedibili come esito della spending review potranno arrivare a 100-150 milioni, risultato in sé già straordinario, mentre le maggiori entrate determinate dagli interventi di questi mesi (Irpef, biglietti Atm, Cosap) porteranno nel 2012 100-120 milioni aggiuntivi: per non alterare il livello dei servizi erogati mancano all’appello almeno 200 milioni di euro. Questi possono venire solo da addizionali ulteriori (Irpef, Andiamo) o dalle sopravvenienze attive da cessione di partecipazioni, mentre un possibile gettito viene dal recupero da evasione di tasse comunali (a causa dello scarso attivismo su tale piano delle passate amministrazioni, è possibile qualche sorpresa positiva, visto che per la sola occupazione suolo sono già partite intimazioni per 5 milioni di euro e accertamenti per evasione per 16 milioni di euro). La compartecipazione al recupero delle tasse statali evase, derivante dall’attività’ dell’ufficio antievasione, darà presumibilmente gettito concreto nel 2013, essendo funzione di un’attività esecutiva dell’Agenzia delle entrate e non del Comune.

Ma il sindaco Pisapia ha più volte detto che intende far ripartire gli investimenti per la casa, per le periferie, per la cultura e per i servizi di città: la fervida fantasia che ha accompagnato la Giunta nei primi mesi facendo trovare risorse e iniziative a “costo zero” non può bastare e la necessità di almeno 2-300 milioni per gli investimenti è chiara a chiunque sia un minimo in buona fede. E queste risorse non possono che venire dalle dismissioni di patrimonio comunale considerato non più strategico: alcune aree e immobili, la quota Serravalle rimasta ancora in carico al Comune e altre dismissioni minori potrebbero essere sufficienti per sostenere una ripresa della politica degli investimenti.

E’ in questo quadro che si deve parlare di A2A. E’ innanzitutto ancora strategica  per il Comune di Milano? Se ricordiamo che il Comune non è un’azienda e non fa della finanza il proprio business, è strategica una partecipazione quando a) permette di fornire ai propri cittadini un servizio essenziale di qualità a prezzo di costo e non di mercato b) quando riguarda un servizio o un’infrastruttura  essenziale per la politica comunale. Restando a questa definizione (che non è mia, ma di Gb Shaw e di molti economisti di scuola laborista fabiana) non c’e’ alcun dubbio sul fatto che A2A non  è più strategica per il Comune di Milano da quando ha sciaguratamente ceduto le reti a fibre ottiche (quelle sì, che lo sarebbero state !): la produzione di energia  è fatto di competizione mondiale, il prezzo è determinato dal mercato e la distribuzione urbana è un fatto acquisito.

Dopo la mai abbastanza deprecata fusione con Brescia e la totale perdita di potere d’indirizzo come azionista di maggioranza o di riferimento (con il risultato che pessimi manager hanno realizzato quel bel capolavoro della partecipazione Edison, appena sbrogliata dalla nuova Giunta e dal nuovo governo; ovvero l’investimento che dovrebbe essere più che altro “investigato” in Montenegro !) la partecipazione del Comune in una società quotata in Borsa è oggi solo ed esclusivamente un investimento finanziario e come tale va trattata: tenerla se “conviene”, vale a dire se rende dal punto di vista dei dividendi; cederla se i dividendi  devono essere “tirati” facendo indebitare e indebolendo l’azienda, come invece ha fatto fino all’ultimo secondo possibile la signora Moratti .

Meglio, molto meglio, monetizzare l’investimento che imbarcarsi in improbabili e incomprensibili avventure tipo la “holding elettrica del Nord”, avventura industriale di dubbio significato industriale ma indubbiamente fuori da una strategia politica ed economica territoriale di un Comune che pure ha un orizzonte metropolitano di 5-6 milioni di utenti .

Semmai meglio provare a mettere rimedio a un’altra delle sciagurate operazioni compiute dalla Moratti, con l’accordo del neoindignato Masseroli, la “svendita” purtroppo vera e dimostrabile dell’AMSA.  E’ proprio quest’ultima l’azienda strategica per Milano per eccellenza, dal momento che ambiente, territorio e ciclo dei rifiuti sono al primo posto di qualsivoglia iniziativa strategica comunale.

La quota del Comune di Milano di A2A vale circa 700 milioni di euro, Amsa fu inserita a mo’ di “buon peso” nella fusione per circa 400 milioni di euro: ridateci l’Amsa e 300 milioni di euro e non se ne parli più…

Franco D’Alfonso



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