30 dicembre 2011
DIO E IL MONSIEUR DIVAN
di Stefano Jacini
Bompiani, 2011
pp. 202, euro 14
“Dieu et Monsieur Divan” è il terzo romanzo che Stefano Jacini, scrittore, editore e musicologo, ambienta nella sua personalissima e nebbiosa Macondo lombarda (?), dopo i fortunati “Le Svetlana” del 2005 e “Il collezionista di suoni” del 2009. Nei palchi del teatro sociale, tra i tavoli dei restaurant alla moda, nelle sale dei circoli degli ottimati e di quello dei loggionisti accaniti, si dipana una vicenda che è, innanzi tutto, umana, con le sue implicazioni mondane, erotico-sentimentali, affaristico-speculative, ma anche di forte cifra ideologica e culturale nonché, paradossalmente, teologica.
Il protagonista è un vescovo colto e poliglotta, che dalla sua diocesi orientale, Smirne, e grazie ai frequenti viaggi in Italia, ha intessuto una vasta rete di rapporti con rabbini, imam, patriarchi e archimandriti, tutti impegnati – in un continuo scambio di informazioni, riflessioni e proposte rivoluzionarie – ad allestire un clamoroso convegno interreligioso, all’Hotel King David a Gerusalemme. Il tema da dibattere, sovversivo e blasfemo, sarebbe stato il mondo e la sorte di Dio, imprigionato da un Usurpatore, il Diavolo probabilmente, che ne ha preso il posto e che, perciò, l’acuta brigata intende smascherare.
Accanto all’intraprendente prelato, che si avvia a divenire eresiarca, attirando le sotterranee attenzione dei poteri forti della varie Chiese, Vaticano in primis, agisce un io narrante melomane, raffinato e un po’ rassegnato, che vive in una villa patrizia, in fastoso disfacimento, che il vescovo anatolico utilizza quale base logistica per la sua permanenza in Italia.
Attorno ai due amici ruota un turbine di personaggi, descritti da Jacini con divertito e impietoso realismo: finanzieri fedifraghi, monsignori sfuggenti, sarti apocalittici, questori narcisisti, in un caleidoscopio di vicende di tradimento, di quotidiana collusione collusiva e di avvertimenti obliqui, che fanno presagire sviluppi inquietanti.
Non è un giallo teologico alla moda, per evidente eccesso di laica ironia, non è un affresco dei vizi e virtù del nostro paese, per manifesta carenza di moralismo sociologico. “Dio e Monsieur Divan” è un godibilissimo apologo sulle miserie e banalità del quotidiano in cui siamo immersi e che vengono riassunte magnificamente in uno stralcio della corrispondenza tra il vescovo di Smirne e un pensoso rabbino, suo caro amico: «…prima della forma attuale dell’universo, Dio aveva tentato 26 volte di crearlo e ogni volta l’aveva distrutto. Alla ventisettesima aveva esclamato “Ora basta” e l’universo si è finalmente configurato com’è. Dio allora si è detto in cuor suo: “Speriamo che tenga e ha fatto un passo indietro”.».
P.S. L’identità del misterioso Monsieur Divan sarà disvelata solo nelle ultime pagine.
(Paolo Bonnaccorsi)
questa rubrica è a cura di Marilena Poletti Pasero