20 dicembre 2011

QUANDO LA LEGA FA REGALI ALLA MAFIA


L’operazione antimafia, in codice chiamata “infinito”, con la sentenza emessa nell’aula bunker di Ponte Lambro ha scritto la più recente ma non l’ultima parola sulle infiltrazioni mafiose nel Nord Italia e dunque anche nella “Padania felix”, patria adottiva della Lega. Proprio la Lega, nell’intento di favorire i piccoli Comuni di questa Padania e consentir loro meglio di favorire le imprese edili locali proteggendole dalla concorrenza esterna, soprattutto dal sud, ha premuto in sede parlamentare perché nell’incredibile calderone del Decreto sviluppo13 maggio 2011, n. 70,
si prevedesse anche che le soglie degli appalti fatti con la “procedura negoziata” fossero enormemente alzati e con questo facendo un involontario favore alla mafia.

Il ministro degli interni di allora, Maroni, che tanto si è vantato dei suoi successi nella lotta al crimine organizzato, avrebbe dovuto fare più attenzione a quel che faceva il collega Tremonti con i suoi decreti. Mi spiego.

Capo primo. Le norme di legge che il nostro Paese si è dato in materia di appalto pubblico sono le peggiori al mondo, sono il succedersi di troppi provvedimenti, scritti male, contradditori tra di loro, d’inutile complessità e soprattutto inefficaci a contrastare il malaffare nell’appalto pubblico, con o senza mafia e camorra. Tra le (troppe) procedure di affidamento di lavori alle imprese ve n’è una, quella che va sotto il titolo di “procedura negoziata”, che consente a chi appalta la quasi totale discrezionalità nella scelta dell’impresa cui affidare i lavori: l’appaltante – un Comune in genere – sceglie chi invitare alle gare di appalto – oggi almeno 5 imprese per importi inferiori a 500.000 euro e almeno 10 per importi maggiori e non ha più il limite prima esistente di 1.000.000 di euro per questo tipo di gara, soglie alzate dunque a questo livello proprio dal recente Decreto Sviluppo. Che ci fosse qualcosa di “peculiare” in questo tipo di gara l’aveva capito da tempo l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, osservando che il ricorso alla procedura negoziata senza bando – la più opaca – già nel 2009 era aumentato del 33,4%. Un caso? No. Un segnale al qual fare attenzione.

Capo secondo. Anche di recente un autorevole magistrato aveva spiegato durante una trasmissione televisiva – “Le storie – diario italiano” di Corrado Augias su Rai 3 – che per la mafia impossessarsi dei Comuni – piccoli e meno piccoli – non è difficile perché basta controllare pacchetti di voti anche modesti per determinare l’elezione di un sindaco e di conseguenza la formazione di un’intera giunta, che è poi quella che esprime l’assessore delegato alle opere pubbliche (ma anche altri assessori con importanti capitoli di spesa o decisori di destini urbanistici). Molti i casi noti moltissimi quelli da scoprire. Se mettiamo assieme capo primo e capo secondo il gioco mafioso è fatto: amministrazioni controllale libere di fare quel che vogliono nell’assegnazione di appalti ora anche di grande valore e dunque più ambiti. Un bel regalo.

Arriviamo al Capo terzo. Ma di cosa è fatta la lotta alla mafia oltreché di coscienza e cultura della legalità? Di contrasto sul piano investigativo, di attività polizia, d’impegno giudiziario ma anche di protezione e tutela delle istituzioni, rimuovendo tutte quelle norme che sono altrettanti varchi per l’infiltrazione mafiosa: il caso del Decreto Sviluppo con la sua incidenza sul Codice degli appalti, sulla legislazione esistente e quella in fieri, mai esaminata dal punto di vista della lotta alla mafia o addirittura in contrasto con questa finalità – vedi questione intercettazioni e ossequio strumentale alle norme sulla privacy – è esemplare; è il caso più recente, temo non l’ultimo tra i moltissimi.

Quanto alla Lega e ai suoi incauti ex ministri, cosa dobbiamo dire? Erano come i ragazzi che girano con le cuffiette dell’iPod; per loro musica metal, rok o pop, per i leghisti un solo breve ritornello sull’aria di Va pensiero che ripete “…. federalismo fiscale, Padania e secessione ….”. I ragazzi inciampano per strada e rischiano di essere investiti, la Lega inciampa sulla mafia e rischia di esserne travolta anche nei Comuni che più le stanno a cuore. Oggi non è più al governo ma fa risse parlamentari per avere visibilità elettorale: cambia la posizione ma la testa resta sempre quella.

 

Luca Beltrami Gadola


 



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