20 dicembre 2011

Scrivono vari 21.12.2011


Scrive Nicola Pedone a Luca Beltrami Gadola – Caro LBG, questa volta non sono d’accordo. Robert Carsen criptoberlusconiano? Mai visto il “Candide” alla Scala, giugno 2007, col Berlusca in mutande? Maschilista, poi… La scena finale non intende secondo me celebrare il dissoluto “impunito” ma ribadire piuttosto l’immortalità di Don Giovanni in quanto mito: non è il personaggio precipitato all’inferno che torna in scena ma il suo archetipo, con tutta la sua strafottenza e il suo carico di ambiguità: libero pensatore illuminista? Nevrotico compulsivo? Superuomo niciano in pectore? Signore prepotente e prevaricatore? Tutte queste cose insieme, e probabilmente altre ancora. Perché “chi son io tu non saprai”, detto all’inizio dell’opera, rimane appunto la chiave di un’identità sfuggente. Nelle mani di un regista mediocre qualunque mito viene semplificato e in qualche modo “rettificato”: Carsen ce lo restituisce con una lettura ambigua e conturbante. Così come turbata, per tutta l’opera, rimane donna Anna. Lei fa bene a riportare le prime battute del libretto; poi si chiede: “Qualcuno ha dei dubbi sul significato del testo?”. Eppure sarebbe bene averne: si è mai vista la vittima di una violenza carnale (consumata o solo tentata, non è questo il punto) che artiglia lo stupratore in fuga per scoprirne l’identità? Il fatto è che intorno a questa identità ruota tutta l’opera: tutti lo cercano, per amarlo, portarlo sulla retta via, punirlo, ammazzarlo di botte ecc. Ma intanto lo cercano. La ringrazio comunque per la stimolante lettura.

 

Scrive Carlo Chambry a Luca Beltrami Gadola – Grazie LBG per il tuo scritto! Condivido la tua lettura della regia di Carsen che conferma, se ancora fosse necessario, come tanto minimalismo ostentato si fondi su approssimazione critica e povertà narrativa. Così distante dalla “fosca grandezza eroica” e dalla “ambigua superiorità alla legge della morale comune” di cui parlava Massimo Mila.

 

Scrive Gregorio Praderio a Jacopo Gardella – Sempre ottimo e interessante il “dialogo” di Jacopo Gardella sui Navigli. Sul percorso verso Nord fino al Toce, vorrei solo ricordare che serviva non solo per il trasporto – come giustamente viene ricordato – del marmo di Candoglia, ma anche delle merci che attraversavano il passo di Gries al termine della Val Formazza, unendo Milano al Nord Europa prima dell’utilizzo del Sempione (infido da un punto di vista militare, mentre con le popolazioni lungo il percorso verso Gries il Ducato di Milano aveva stretto accordi). Fra il Lago Maggiore e lo sperone di Oleggio (dove iniziava il Naviglio Grande) c’era poi una discontinuità che veniva faticosamente e lentamente affrontata prima di una definitiva soluzione tecnica del problema verso la metà dell’Ottocento, ovvero subito prima che il nuovo trasporto ferroviario rendesse in gran parte obsoleto il sistema! Sistema che per altro ha continuato a funzionare nell’altro importante ruolo territoriale svolto dai Navigli, quello di canali irrigatori della campagna milanese. Comunque complimenti per le interessanti notizie e approfondimenti

 

Scrive Dario Maggi a Raffaello Morelli – L’articolo sottovaluta, e di molto (per non dire che è cieco) la situazione reale in cui il governo Monti si è trovato ad agire: l’urgenza, e la fretta conseguente. Non si può far una palingenesi in una settimana. Quando il decreto viene chiamato “salva Italia”, questo può benissimo intendersi “per ora”, è solo frutto di un’interpretazione fantasiosa di Morelli supporre che questo voglia dire “salvi per sempre”, vuol dire sottovalutare l’intelligenza di Monti. Quanto alla patrimoniale, anch’io sarei personalmente favorevole, ma mi piacerebbe sapere quanti di quei quattro quinti di Mannheimer sarebbero ancora favorevoli quando capissero di essere personalmente toccati nel portafogli. In Italia le tasse giuste sono sempre quelle degli altri. Inoltre sul Sole ho letto un articolo di Franco Debenedetti che sosteneva che proprio la patrimoniale avrebbe sottratto risorse ai possibili investimenti, nella situazione attuale di scarsa liquidità. Quanto all’abbassare numero e livello delle aliquote fiscali. Provvedimenti catalizzatori di sviluppo e mercati, dove ho già sentito qualcosa del genere? Ah sì, nei programmi elettorali di Berlusconi e della destra americana. In Svezia è un po’ diverso. Ma in Svezia non sono liberali…

 

Risponde Raffaello Morelli – Osservo: 1 – il governo non ha affrontato le cause reali della crisi ed è ricorso alla solita manovra sul tassare i redditi senza pensare allo sviluppo; 2 – la definizione Salva Italia è nel discorso ufficiale di Monti, che non ha aggiunto “per ora”, quindi aggiungerlo è fantasia pura (proprio perché Monti è intelligente); 3 – inventarsi che gli italiani sarebbero contrari alla patrimoniale sul debito, non solo è smentito dal sondaggio ma è la scusa di chi non la vuole per poter non ridurre le imposte, non liberalizzare e non tagliare le spese, cose aborrite da burocrazie e lobbies; 4 – senza dubbio la patrimoniale sui redditi è recessiva; 5 – dire che l’abbassare numero e livello delle aliquote fiscali era nei programmi di Berlusconi (mai realizzati) e insieme non ricordare la sua dichiarata contrarietà a ogni patrimoniale, dimostra che il sig. Maggi è tra i demonizzatori privi di un programma alternativo al berlusconismo, che ora puntano sulla presunta natura palingenetica del tecnico amico Monti, di nuovo per trascurare il progetto politico. Morale: il buongiorno (non liberale) si vede dal mattino.

 



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