13 dicembre 2011

MARIO MONTI: SISMI E TERRITORIO, NON SOLO ECONOMIA


Egregio Professore, Le scrivo in qualità di cittadino italiano animato dall’idea che il suo periodo a palazzo Chigi possa smuovere questa nostra nave incagliata tra i ghiacci del localismo, del frazionismo, del qualunquismo. Io sogno un’Italia migliore, dove la parola speranza possa essere la prima nel dizionario delle nuove generazioni, ma non solo. Sono sicuro che riuscirà a dare dei colpi decisivi ai ghiacci che bloccano questa nave.

Le scrivo per chiederle in particolar modo di occuparsi del monte Marsili, un vulcano dell’arco insulare eoliano scoperto nel 1920, un gigante silenzioso che giace sul fondo del mar tirreno, occupa una superficie di 2100 km quadrati circa e si innalza dal fondo posto a 3500 mt sino a -450 mt dalla superficie, un mostro gigantesco che da un giorno all’altro potrebbe eruttare. Il sismologo Enzo Boschi, presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), ha dichiarato: «La caduta rapida di una notevole massa di materiale — spiega Boschi — scatenerebbe un potente tsunami che investirebbe le coste della Campania, della Calabria e della Sicilia provocando disastri». (1)

Ma perché le scrivo di questa montagna sommersa quando è alle prese con l’Europa i conti che non tornano, il pareggio di bilancio, e soliti i partiti politici che giocano facendo melina. Insomma il solito sentiero strettissimo che solo gli uomini come lei sono in grado di percorrere. Fare una campagna di stampa e allarmare inutilmente le popolazioni specie di Campania, Calabria, Sicilia per un terremoto ma soprattutto per un’eventuale onda di Tsunami non ha senso. Il Sud con la sua precarietà strutturale non farebbe altro che “far spallucce”. Ma partendo dal Monte Marsili per andare a invertire la rotta del paese in merito a questioni quali prevenzione e gestione del territorio, potrebbe essere il momento giusto, uno dei grimaldelli per uscire dalla crisi.
Le crisi sono fasi di analisi e di scelte a volte dolorose ma necessarie e spesso foriere di cambiamenti positivi. Roosevelt nell’ambito delle sue azioni per uscire dalla crisi del 1929 aveva fatto approvare anche il: Tennessee Valley Authority Act – “An act To improve the navigability and to provide for the flood control of the Tennessee River; to provide for reforestation and the proper use of marginal lands in the Tennessee Valley; to provide for the agricultural and industrial development of said valley; to provide for the national defense by the creation of a corporation for the operation of Government properties at and near Muscle Shoals in the State of Alabama, and for other purposes“. (2)

Della serie come impiegare disoccupati e sistemare i problemi dell’italico suolo, due piccioni con una fava. È noto da tempo che gli interessi di pochi nel business della ricostruzione da Terremoti Inondazioni Frane etc. etc. prevaricano gli interessi di tutti, come disse già nel 1971 il procuratore generale della Repubblica di Milano Luigi Bianchi d’Espinosa: «È soprattutto necessario vincere non lievi resistenze per la strenua opposizione che a qualsiasi provvedimento oppongono ben precisi interessi individuali e la volontà di chi mostra di curarsi soltanto di accrescere i propri profitti, incurante degli interessi della collettività», nell’introdurre il convegno sul tema «L’ambiente la legge il giudice», tenuto a Cervia. (3)

Partire dal Marsili per avviare un nuovo new deal rooseveltiano potrebbe essere una strada per voltare pagina. È evidente che così come stanno le cose non possiamo andare avanti. Il suo incarico a palazzo Chigi durerà forse diciotto mesi, ma rispetto al fluire del tempo, ai tempi geologici, sarà un batter di ciglia. Già nel 2010 l’Ordine nazionale dei geologi, che in parlamento conta non molto, aveva segnalato: “L’Italia è un territorio fragile: le aree a elevata criticità idrogeologica rappresentano il 10% della superficie italiana e riguardano l’89% dei comuni; le aree a elevato rischio sismico sono circa il 50% del territorio nazionale e il 38% dei comuni. (…) La rilevanza del problema emerge con forza. Secondo lo studio sono circa 6 milioni le persone che abitano nei 29.500 kmq del nostro territorio considerato ad elevato rischio idrogeologico e vi sono 1 milione e 260 mila edifici. La popolazione residente nelle aree di elevato rischio sismico è pari a 24 milioni di persone e comprende 6 milioni e 300 mila edifici.”. (4)

La crisi durerà forse non sei mesi come nel 1929, quello che io le chiedo, nel suo breve periodo a palazzo Chigi, è di gettare le basi per una nuova Italia che sia più consapevole delle sue risorse naturali del suo capitale umano, che coniughi lo sviluppo e il benessere con la riduzione degli sprechi finanziari ma anche energetici, e che possa garantire un futuro alle generazioni che verranno.

Il pianeta Blu, la terra, è un sistema ad alta entropia che nel secolo breve ha visto una accelerazione del processo di degradazione oltre le peggiori aspettative. Il nostro paese in specifico ha visto una disordinata ma poderosa crescita non accompagnata da una gestione intelligente del territorio. Magari questa è l’occasione buona per mettere un poco di ordine.

 

Riccardo Lo Schiavo

 

(1)http://it.wikipedia.org/wiki/Marsili

(2)http://www.tva.gov/abouttva/pdf/TVA_Act.pdf

(3)http://www.vajont.info/roubault1970/roubault3full.html

(4)http://www.consiglionazionalegeologi.it/cngwww/AODocumento.asp?iddoc=5648&idcat=10

 

 



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