13 dicembre 2011

“SALVA ITALIA” PROVINCE AZZOPPATE E DEMOCRAZIA


La primavera araba concorre alla salvezza dell’Europa attraverso una delle misure apparentemente secondarie del decreto “salva-Italia”: l’applicazione delle cifre arabe ovvero il riconoscimento della dignità di numero anche allo “zero” e di conseguenza la periodicità del sistema decimale, laddove greci e romani non ci erano ancora arrivati! Tanto vale la provocazione – a Costituzione invariata – del Governo Monti che affida tali entità alle Giunte Provinciali (zero) e ai relativi Consigli (dieci). Si tratta evidentemente di un gesto di professorale sarcasmo del Governo “tecnico” verso la “politica” che, se conservasse un tanto di dignità e lucidità, risponderebbe con una possibile contro-proposta: dimezzare, in ogni regione, le province e ridurre a un terzo (o un quarto) gli esecutivi, non le assemblee elettive al fine di conservare un minimo di democratico pluralismo.

In casa nostra allora come si potrebbe ridisegnare la carta geografica della Lombardia nel senso di accorpare e modificare le sue province? Un primo rozzo criterio consiste nel taglio “lineare”: via quelle sotto i 300/500.000 abitanti. Questa soluzione però non tiene conto di fondamentali fattori territoriali e logistici nonché economici e sociali. Allora è bene cominciare dalla definizione dell’area metropolitana, visto che la istituzione della Città Metropolitana, dopo anni di disprezzo e ironia, comincia a essere sdoganata nel linguaggio politico ufficiale. Uno sguardo dal satellite mostra subito che mentre a sud la soluzione di continuità è facilmente individuabile appunto nel Parco Sud, a nord la “città infinita” si estende sin quasi alle falde dei laghi minori. Posto dunque che l’area metropolitana riguarda il territorio urbanizzato entro il quale “avvengono spostamenti di massa quotidiani”, il confine nord non può che ricomprendere tutta la Brianza nonché la densa zona di Busto-Gallarate (per una puntuale e documentata dimostrazione vedi lo studio di G. Boatti “L’Italia dei sistemi urbani”, Mondatori, 2008).

Formulata così una Città Metropolitana corrispondente al bacino della metropoli reale, che assorbe quasi metà degli abitanti della Regione, diventa relativamente facile pensare un’ipotesi di accorpamenti, sintetizzabile nella seguente tabella, per arrivare a non più di 6 province residue di popolazione compresa tra 750.000 / 1.250.000, con una sola eccezione di più piccole dimensioni. Chiaramente tale estensione deve essere compensata da una radicale redistribuzione delle competenze verso i Comuni, escluse solo poche funzioni strategiche attinenti la pianificazione territoriale, la mobilità, le risorse ambientali (sufficienti Giunte residue di 3 / 4 assessori).

 

 

Certamente tale soluzione può apparire forzata e incontrare resistenze e riluttanze, magari nel nome di anacronistiche “identità”, ma qual è l’alternativa? Mantenere le attuali 12 in Lombardia e 120 in Italia con l’effetto di delegittimarle tutte a furor di popolo, dopo gli incauti ma ripetuti e autorevoli proclami multi-partisan per l’abolizione tout court nonché la garbata demolizione operata infine da Mario Monti?

 

P.S. Analoga proposta è stata pubblicata da “ArcipelagoMilano” il 19/07/2011, dunque prima della lettera BCE, decreti Tremonti, ecc. di agosto e seguenti.

 

Valentino Ballabio



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