13 dicembre 2011

PGT: COSA NE FACCIAMO DELLA CITTÀ CONSOLIDATA?


Nell’esame del PGT adottato e oggi in corso di parziale revisione, spesso viene prestata maggiore attenzione alle aree normalmente più significative dal punto di vista della trasfor-mazione urbanistica quali i grandi Ambiti di Trasformazione. Caratteristica del PGT eredi-tato dalla nuova amministrazione è invece, come in parte già detto, il rilevante ruolo assegnato alle trasformazioni nel cosiddetto TUC (tessuto urbano consolidato), categoria nella quale vengono raccolte situazioni territoriali anche del tutto differenti (nuclei storici, aree dismesse, aree agricole e inedificate). Questo può generare non poche difficoltà nella gestione della disciplina per ora definita, in particolare se si volesse modificarla superandone i limiti.

Alcuni temi di possibile approfondimento – soprattutto sul tema più innovativo, quello della perequazione e sul trasferimento dei diritti volumetrici – potrebbero essere i seguenti:

densificazioni minime: è l’anima della perequazione: indici base di edificabilità territoriale inferiori alle densità minime richieste per intervenire porterebbero automaticamente ad acquisire diritti edificatori su aree di pertinenza indiretta. Nel PGT adottato invece le densità minime venivano previste in un unico caso, quello delle aree accessibili con il TPL (trasporto pubblico locale). Avendo così reso la trasferibilità dell’edificazione poco interessante, si potrebbe creare un problema dei diritti volumetrici senza recapito. Sarebbe quindi opportuno ampliare i casi in cui è richiesta una densificazione minima, anziché cercare di facilitare il trasferimento dei diritti magari incentivandolo con premi volumetrici (ultimamente un po’ abusati, è la cosa più facile);

criteri di trasferimento dei diritti volumetrici: nel PGT il tema non viene accennato, ma ci si chiede se sia corretto trasferire diritti volumetrici poniamo da Quarto Oggiaro a piazza Duomo senza che l’ente pubblico senta la necessità di enunciare criteri di preferenza o moltiplicatori di valori, o altro;

densificazioni “massime” e caratteristiche del tessuto urbano: il PGT non fissa alcun limite e questo può creare scompensi nelle zone di maggior pregio; più che fissare un indice territoriale massimo indifferenziato per tutta la città, parrebbe opportuno fare riferimento alle caratteristiche positive del tessuto esistente all’intorno (altezze, densità fondiarie, ecc.) o ritenute migliori per il contesto di intervento;

superfici minime di intervento: dove le modalità di intervento facciano riferimento alla dimensione dell’area (secondo il criterio che a interventi più minuti corrispondano modalità più semplici) la valutazione di questa andrebbe fatto con riferimento alla continuità di situazione territoriale e non alla proprietà; altrimenti in questo modo si rischierebbe di incentivare involontariamente l’intervento minuto più banale;

indifferenza funzionale: l’art. 51 della LR 12/05 è chiaramente impostato a favore della mixité funzionale (cosa di per sé non sbagliata, anzi), a meno delle funzioni dichiarate “incompatibili” dal PGT: allontanarsi dal criterio di legge – che appunto richiede di inserire solo meccanismi limitativi, essendo tutto il resto permesso – senza definire appunto ciò che è incompatibile, potrebbe creare problemi in situazioni delicate;

nuclei storici periferici: oggi questa caratteristica tipica del tessuto milanese e lombardo sembra poco tutelata nel PGT adottato: qui potrebbe non essere sufficiente un controllo morfologico delle altezze, senza intervenire anche sulla valutazione della sensibilità paesistica, al momento spesso ritenuta bassa.

Ma l’importante è poi capire come questi temi si potranno tradurre operativamente nella riscrittura del Piano: che capacità insediativa complessiva, che impatto sulla mobilità, quale ridisegno dei tessuti incompiuti della città, quale operatività attuativa. Si intuisce che le modifiche all’impianto di PGT potranno essere notevoli, rimarcando la discontinuità con il Piano adottato; ci si chiede quanto. Il tempo stringe, purtroppo; ma la questione è troppo cruciale per le future politiche urbanistiche cittadine.

 

Gregorio Praderio

 



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