13 dicembre 2011

Scrivono vari 14.11.2011


Scrive Giuseppe Vasta a Giuseppe Ucciero – Il tema sollevato da Giuseppe Ucciero (rapporti fra Sindaco, Giunta e Consiglio Comunale) è sicuramente rilevante, ma non lo è solo recentemente o della sola Giunta Pisapia. Ricordo che la riforma del ’93 (che non ha troppe responsabilità) intendeva affidare i ruoli principali ai due organi eletti dai cittadini, ovvero Sindaco e Consiglio, che dovevano fra loro bilanciarsi; ed è stata una successiva riforma – una delle tante sciagurate (si può dirlo?) riforme Bassanini, fatta sull’onda delle richieste di tanti Sindaci progressisti, che si sentivano tutti dei Bassolino, ma con le mani legate da quei noiosi dei consiglieri comunali – a svuotare il Consiglio di prerogative, e ad affidare sempre più mansioni non tanto al Sindaco, quanto alla Giunta. Questa infatti, da semplice supporto esecutivo del Sindaco, ha assunto tutte le funzioni residuali non espressamente affidate a Sindaco e Consiglio; e con l’evoluzione delle funzioni, ha inevitabilmente preso (soprattutto nelle grandi città, dove il Sindaco non può materialmente seguire tutto) il ruolo più rilevante .

Ruolo oscuro quanto mai, perché appunto la Giunta è l’unico organo che non viene eletto e che non risponde ai cittadini, ma più spesso ai gruppi di potere (partitici e non) che hanno portato alla loro nomina. Ma anche ruolo misto, tecnico e politico, con possibilità di intervento diretto sulla macchina comunale, con cui l’azione degli Assessori è compenetrata. E qui c’è l’altro nodo della questione, i dirigenti comunali che non hanno solo un ruolo tecnico o sono stati scelti per le loro competenze, ma spesso invece per la vicinanza al potere politico o per lo meno per la connivenza con lo stesso; e che sono gli stessi a garantire la continuità (nel bene e nel male) delle politiche amministrative al di là dei mandati elettorali.

Destano a questo proposito molte perplessità alcune scelte della Giunta Pisapia, tese a riconfermare (se non addirittura a promuovere!) in ruoli strategici alcuni dirigenti dalla carriera interamente protetta dall’amministrazione precedente (alcune nomine sono dovute addirittura al Vicesindaco Intiglietta, se qualcuno se ne ricorda). Tanto per fare un esempio, ci si chiede quale garanzia di discontinuità con le fallimentari politiche in tema di mobilità delle Giunte di centrodestra possa dare la riconferma (senza concorso) dei medesimi dirigenti, o il fatto che nella revisione del PGT lo stesso tema sia trattato da chi (in base al ruolo acquisito in qualche società parapubblica, sempre senza concorso) lo ha così malamente affrontato agli ordini dell’Assessore Masseroli. Non c’era davvero a Milano un esperto di mobilità più bravo e disponibile? Anche senza sbaraccare tutto (cosa impossibile e anche inopportuna), qualche segnale di discontinuità in più sarebbe stato ben accetto.

 

Scrive Roberto Limena a Guido Martinotti – Sono perfettamente d’accordo con i contenuti dell’articolo di Guido Martinotti. Aggiungo che il Sindaco (che ho votato con entusiasmo) e la giunta non possono scherzare con una città come Milano, che non può essere fermata senza preavviso in due giornate lavorative, creando enormi disagi a tutti quelli che non hanno fatto il “ponte” e hanno necessità di muoversi per lavoro, magari con pesanti bagagli. Occorre un piano organico sul traffico e sull’inquinamento e non provvedimenti a casaccio e contraddittori. Sono sicuro che i milanesi, come sempre è stato, capiranno e si adegueranno a decisioni intelligenti e prese nell’interesse della loro salute. Per ultimo, senza controlli, com’è stato sinora, non si va da nessuna parte.

 

Scrive Alberto Grancini a Massimo Gargiulo – La ripresa del dibattito sulla realizzazione della Città Metropolitana trova nell’intervento di Gargiulo degli spunti molto interessanti. Il termine Provincia Metropolitana che ad esempio le Provincie Proposero aveva un duplice obbiettivo: dare pari dignità a ogni Ente Locale; avere un riferimento certo dei confini territoriali per la gestione amministrativa e per il governo del territorio. Purtroppo ciò è stato letto come il tentativo di difesa delle Provincie non invece come il superamento delle resistenze di tanti comuni e di evitare, come purtroppo ancora oggi viene proposto, che la città metropolitana si istituisca con adesioni volontarie diventando di fatto un allargamento, ad esempio Milano di una espansione delle decisioni del capoluogo sui comuni che aderiscono. Sappiamo tutti che la “volontarietà” nella istituzione di un qualsiasi Ente o Consorzio se non già definito territorialmente provoca la moltiplicazione e o doppioni. E questo è un rischio reale, basta guardare alla realtà che ci circonda. Per questo è necessaria la definizione geografica

L’altro tema che dobbiamo porci: è preferibile un Ente di governo territoriale e di gestione amministrativa eletto dai cittadini o nominato? Io preferisco la scelta dei cittadini non i designati (per questo sono per abolire il porcellum) e allora se conveniamo si deve agire di conseguenza.

Mi permetto una considerazione aggiuntiva, mutuando da uno scritto nel 2006 per il convegno sul tema della città metropolitane, promosso dalla Provincia di Milano guidata da Penati, e utilizzato per il dibattito sul costo della politica e degli sprechi. E che può anche aiutare la definizione dei poteri e dei confini della provincia metropolitana, se non si consentisse la duplicazione di Enti gestori. In sostanza anziché concentrare la discussione su province si/no, decidere che per la gestione di materie delegate da Stato o Regione è sufficiente in un solo Ente territoriale tra la Regione e i Comuni superando e abolendo ogni altro Ente, consorzi, comunità montane, etc. etc. E questa decisione si può fare subito basta la volontà politica e leggi ordinarie non procedure Costituzionali. Se poi non si vuole chiamarla provincia, si chiami Mariuccia. Capisco le difficoltà ma che bel segnale ai cittadini e che bel salto in avanti nel controllo della spesa pubblica e della vita amministrativa.

 

Scrive Eugenio Repetto ad ArcipelagoMilano – Nell’ultimo numero di ArcipelagoMilano è comparso un articolo dell’architetto Emilio Battisti “Expo: cronologia di una disastrosa deriva” nel quale critica il Sindaco per non aver fatto ancora nulla, nel suo ruolo di Commissario Straordinario dell’EXPO, “per impedire la deriva che aveva nel frattempo consentito di passare dall’idea di Orto Planetario alla denominazione molto più tecnica di Parco Agroalimentare, per approdare infine a un non meglio definito Parco tematico, come se si trattasse di una qualunque Gardaland o Italia in Miniatura: insomma di quel luna park che vorremmo proprio evitare. Di quale parco tematico sta parlando l’architetto Emilio Battisti?

In un recentissimo incontro con l’architetto Matteo Gatto della Società. EXPO 2015 al quale avevo illustrato i contenuti del documento “Il Parco tematico: una proposta per il dopo EXPO” non mi ha mai accennato all’esistenza di una proposta alternativa avente per oggetto un parco tematico. Se non ci sono quindi possibili equivoci nell’identificazione del Parco di cui fa cenno l’architetto Battisti mi domando a quali fonti abbia attinto per concludere trattarsi di una qualunque Gardaland (comunque da rispettare).

Certamente non può aver tratto spunto dall’esame del documento “Il Parco tematico: una proposta per il dopo EXPO” che mi ero premurato di trasmettergli. D’altra parte era sufficiente leggere l’introduzione per capire che si trattava di altra cosa rispetto a un luna park quando accostavo il Parco tematico a: Accademia delle Scienze, Eden Park, Cité de l’Espace, Vulcania, Futuroscope, Museo delle Scienze Principe Felipe, nessuno purtroppo in Italia dove, tranne qualche lodevole eccezione, sono i parchi di divertimento a farla da padrone, complice una certa arretratezza culturale.

Per la verità avevo cercato un contatto con l’architetto Emilio Battisti ritenendo, come ritengo ancora, che si potessero stabilire delle sinergie tra il Parco tematico e il progetto di un’EXPO diffusa e sostenibile in una prospettiva che andava oltre l’evento espositivo. Come vede ho raccolto solo un frutto avvelenato.

 

Risponde Emilio Battisti a Eugenio Repetto – Gentile Eugenio Repetto, guardi che non alludevo affatto alla sua idea di parco tematico ma a quanto viene portato avanti, senza fornire alcuna precisazione sui contenuti, da parte di Expo 2015 Spa. Se lei avesse potuto assicurarmi che il suo progetto era stato fatto proprio da Expo non avrei esitato a citarlo per il suo intrinseco valore. Oltretutto esso non riguarda direttamente il sito Expo ma i territori circostanti, tant’è chi io le ho proposto di registrarlo nella piattaforma di partecipazione on line di Expo Diffusa e Sostenibile, riconoscendone l’intrinseco valore. Mi dispiace molto che lei abbia frainteso il significato delle mie critiche.

 

 

Replica Raffaello Morelli a Guido Martinotti – La ringrazio per l’assenso ai miei rilievi sulla borghesia snaturata. Mi accorgo poi di aver omesso la parola “politicamente” nella mia frase “autoconsolare le elites intellettuali borghesi oggi politicamente perdenti”. Senza l’omissione, non esisterebbero dubbi interpretativi. Perché l’espressivo esempio che il professor Martinotti fa di borghesi che “non sono perdenti per nulla”, conferma che lui tratta appunto di quella borghesia snaturata, il cui modo di vivere rammenta il “dategli le brioche” che si dice fosse la ricetta della regina Maria Antonietta per fronteggiare la carenza di pane. Mi auguro un finale meno cruento, ma l’incapacità di vedere la realtà è analoga.

 

 



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