13 dicembre 2011

libri – NUTRIRE MILANO. STORIA E PAESAGGIO DELL’ALIMENTAZIONE IN CITTA’



NUTRIRE MILANO. STORIA E PAESAGGIO DELL’ALIMENTAZIONE IN CITTÀ

Lucia Bisi

Skirà -Triennale di Milano, per Expo 2015

in stampa il 20 dicembre 2011

 

“Nutrire il pianeta, energia per la vita” è il tema scelto da EXPO 2015, che fa perno sull’alimentazione, intesa come civiltà, scienza, sostenibilità. “Nutrire Milano. Storia e paesaggio dell’alimentazione in città”, è il titolo del libro, dalla significativa ed elegante copertina, scritto con nitida penna dalla storica dell’architettura Lucia Bisi. Obiettivo dell’autrice è evidenziare, con uno studio innovativo e ricco di fonti, che va dal tardo Medioevo al ‘900, lo stretto legame tra il territorio milanese, la morfologia urbana, il contado, e la loro cultura alimentare, delineando un paesaggio alimentare nelle sue varie fasi, di produzione, scambio, consumo, frutto di esperienze millenarie.

“Milano è città in mezzo a terre ma acquatica; penetrata” fino a metà ‘800, “fuori e dentro le mura da immense ortaglie, eppure copiosissima di pesce, posta al centro di un immenso orto irriguo e navigabile” ricca di marcite, ove la rana regna sovrana. Milano che “non riposa mai” “tutta smossa e quasi rifatta” (Cattaneo), nella sua rete infinita di canali, ove qualità dominante è l’abbondanza del cibo per i signori e il clero, ma le minestre vegetariane e le polente sono il cibo dei meno abbienti per secoli. “Città di cuccagna”, “Paneropoli” (Foscolo), per il fiume di latte che scende dalle montagne brianzole.

Milano dunque “macchina idraulica”, secondo la felice immagine della Bisi, città che nell’acqua fonda il suo destino, dal XV al XIX secolo”: i canali infatti servono a molteplici usi, oltre a quello domestico: a) irrigare i campi per ortaggi, frutteti, vigne, per le marcite, dai sei/sette tagli d’erba all’anno, copioso cibo per il bestiame, da cui abbondante carne, latte, e formaggi; b) navigare per trasportare merci, legno, marmi, derrate, e motore per i mulini; c) fornire ottimo pesce; d) come scolo, vietato ma sopportato, per concerie, tintorie, ospedali, mercati di verdure (il Verziere), carne, pesce.

E il mercato sarà sempre il punto di partenza, perchè senza mercato non si può parlare di città (Pirenne). Gli odori più acri caratterizzano i vari quartieri e i loro mercati, ove la carne è macellata a cielo aperto, e alcuni mulini esalano il profumo dei semi di cacao, macinati e miscelati al latte. Nel Medioevo le corporazioni avevano il controllo topografico dei mercati; con l’abolizione dei privilegi nel ‘700 cambia l’urbanistica della città e i mercati vengono spostati più all’esterno.

Alla fine dell’800 si affermano strutture annonarie meccanizzate in edifici coperti, come il mercato di Porta Vittoria, di cui la Palazzina Liberty del 1911 rappresenta un bell’esempio di archeologia industriale. Dopo l’Unità d’Italia nel 1861, il connubio città-campagna viene incrinato per un diverso assetto urbano, scompaiono gli orti tra le mura, soppiantati da nuovi edifici, il treno sostituisce le linee d’acqua. Fino allo stravolgimento del 1928-30, quando i Navigli verranno coperti per le pressioni degli igienisti e per le nuove esigenze del traffico urbano. Milano perde così la sua identità, senza più acqua, orti, vigne e verde. E la campagna diventa un’officina a cielo aperto.

 

 

questa rubrica è a cura di Marilena Poletti Pasero

rubriche@arcipelagomilano.org

 

 



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