6 dicembre 2011

OGGI SONO ADOLESCENTI I FIGLI O I GENITORI?


Un bambino piccolo che inizia, gattonando, la propria esplorazione del mondo, fatti pochi metri si volta, inevitabilmente, verso il genitore o la figura adulta che in quel momento ha come riferimento. Lo fa perché cerca, nel suo sguardo, l’incitamento a proseguire l’esplorazione o il “no limitante” che la freni. Questo perché – come dice lo psichiatra infantile francese Daniel Marcelli – “lo sguardo condiviso con l’adulto gli permette la conoscenza dei limiti al di là dei quali c’è una minaccia“. “No limitante” che serve, se non a indicare una strada, quantomeno a tracciare dei confini e che dovrebbe accompagnare un bambino, prima, e un adolescente, poi, in tutto il suo percorso di crescita e di transizione verso l’età adulta. “No-limitante” che sembra però merce sempre più rara nelle famiglie di oggi.

Sara – una studentessa tredicenne che ha partecipato a uno dei tantissimi incontri con gruppi di adolescenti che svolgo nell’ambito della mia attività di ricerca – dice testualmente ed efficacemente: “Ai genitori fanno quasi paura, i figli; [i genitori] fanno tutto quello che gli chiedono loro“. Una immagine evocativa di genitori asserragliati in un fortino pronti a pagare tributi e dazi per scongiurare l’assalto finale. Ma forse, più che “paura” vera e propria, è quella che e lo psicologo domenicano Costantino Gilardi chiama preoccupazione di essere “amati” dai loro figli, piuttosto che essere identificati come coloro che esercitano un ruolo di guida e indirizzo e quindi, inevitabilmente, anche sanzionatorio e limitante. Genitori-amici che, come se non bastasse, sono sempre più spesso anche in concorrenza tra loro per contendersi questo amore.

Ma è una “amicizia” che troppo spesso non funziona. La candida presunzione delle mamme di raccogliere tutte le confidenze delle loro figlie “perché siamo amiche” è pari solo alla determinazione con cui le figlie dicono che alle mamme raccontano si e no il dieci per cento della loro vita: “qualcosa, anche inventata, la devi dire così non sospettano“. Non credo che ai nostri tempi raccontassimo di più ai nostri genitori, ma certamente loro si illudevano molto meno del contrario”.

Osserviamo, poi, un altro cambiamento, all’interno della famiglia, che sta avendo molta influenza in particolare sul modo in cui gli adolescenti di oggi manifestano il loro naturale desiderio di sentirsi adulti e di imitarne i comportamenti. Mentre in passato gli adolescenti avevano nei genitori un modello di adulto “vero” oggi – forse per la prima volta nella millenaria storia della famiglia – hanno dei genitori che, a loro volta, cercano di imitare gli adolescenti: nel modo di vestire, nel modo di parlare, negli atteggiamenti, in una attenzione esasperata verso il proprio aspetto fisico. Se un tempo era la figlia a desiderare di indossare i vestiti della mamma, oggi sono le mamme a cercare di “entrare” a tutti i costi nei jeans o nelle T-shirt delle figlie.

Inevitabile conseguenza (cito i dati dell’indagine 2010 che ho realizzato per la Società Italiana di Pediatria e la Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza sulla fascia di età 12-14 anni) è che solo l’11% degli adolescenti che vorrebbe apparire più adulto della sua età afferma di adottare – per ottenere lo scopo desiderato – dei comportamenti che possono in qualche modo ricondurre a una maturità di tipo adulto (leggere, ridere meno, parlare con gli adulti, essere prudente, lavorare, cucinare, mangiare in modo più genuino…), mentre il 47% (63% tra le femmine) confina la rappresentazione dell’adultità al look (modo di vestire, trucco, farsi crescere la barba, mettere in risalto il seno, fare un piercing…).

I figli si attardano nell’adolescenza, spesso fin oltre i 30 anni, mentre i genitori cercano disperatamente di rientrarci. Ma questo “affollamento” non giova a nessuno. Non giova agli adulti che restano sempre più figli che genitori (complice l’allungarsi della vita per cui è sempre più probabile che a cinquant’anni si abbiano ancora in vita i propri genitori) e, soprattutto, non giova agli adolescenti “veri” che non sanno più dove andare a cercare dei modelli di riferimento dell’età adulta. O, peggio, li cercano nella virtualità televisiva o della rete.

Il genitore-adolescente-amico non è sia genitore che amico, ma rischia di non essere né l’uno né l’altro. L’adolescente continuerà, infatti, a identificare nel gruppo dei pari (e non nel genitore-amico) l’interlocutore “amicale” col quale condividere le proprie esperienze, i propri problemi, i propri “segreti”, e stenterà a trovare nel genitore che gli contende Facebook e le All Star quella controparte adulta indispensabile alla sua crescita.

Famiglia debole o assente? Forse si può essere presenti senza “esserci”, perché una assenza più che temporale può essere “strutturale”. Oggi, molti genitori-amici più che “esserci”, “danno” e gli effetti sono una generazione di adolescenti “full-optional”, accessoriata di ogni genere di tecnologia e di griffe che – ascoltando ciò che raccontano gli stessi ragazzi – ha perso anche il piacere del desiderio, spesso esaudito prima che compaia (come nel caso, frequente, del telefonino regalato prima che venisse chiesto) o il piacere della sfida per il premio (regali per la promozione riscossi a febbraio… sulla fiducia). Ma nell’educazione dei figli (termine fondamentale che però non piace più) non va bene “risarcire” in I-Phone e I-Pad il tempo che non si riesce a dedicare loro, e quel 33% (sempre dati SIP-SIMA) di adolescenti che dice di non essere mai aiutato dai genitori nello studio non si compensa con quell’atro 37% che viene quotidianamente accompagnato a scuola, in auto, da mamma o da papà.

Maurizio Tucci



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti