6 dicembre 2011

Scrivono vari 07.12.2011


 

Risponde Guido Martinotti a Raffaello Morelli – Direi che sono sostanzialmente d’accordo con Morelli e forse la frase con cui cercavo una definizione sintetica di borghesia (peraltro non “dipingevo”, come scrive Morelli, alcunché) “un corpo unificato dalla caratteristica unica di essere la classe dominante tipica di sistemi capitalistici, inclusi i sistemi capitalisti di stato”.poteva legittimamente trarre in inganno. Sono stato tradito dal desiderio di esprimere un concetto complesso con poche parole e mi scuso. Non avevo però alcuna intenzione, né si può attribuirmela, di “autoconsolare le elites intellettuali borghesi oggi perdenti”. Non c’è nulla nel mio testo che possa essere interpretato in questo senso. Intanto perché le élites intellettuali borghesi (comunque le si vogliano definire) non sono perdenti per nulla: anzi. professori, giornalisti, scrittori, poeti, registi, attori, consulenti, ingegneri, medici, pittori, scultori, uomini dei media e così via per un lungo elenco di possibili ruoli concreti che possiamo classificare nel termine “élites intellettuali borghesi”, stanno tutti benissimo con buone prebende, buon accesso alle risorse, compresa la visibilità, e grande prestigio.

È vero che non tutte le persone che svolgono queste occupazioni sono élites, ma lo sono solo quelli che occupano i piani alti, per così dire: ce lo ha spiegato benissimo Pareto cento anni fa e non c’è alcun bisogno di reinventare qualcosa di diverso. Restando peraltro il fatto che chiunque, anche ai piani bassi, si trovi in questi “mestieri”, ha più chances di chi non lo è. Come dicevamo noi precari universitari d’antan “ci pagano poco, ma è sempre meglio che lavorare”. Oggi le cose sono visibilmente peggiorate, ma, anche nel quadro di una massiccia “proletarizzazione” o impoverimento dei ceti medi, i lavori per gli intellettuali restano un tantino sopra la media dei “lavori e basta”. Comunque, ripeto, qui non parliamo dei famosi ceti medi, ma specificamente di “élites intellettuali borghesi”: che stanno benissimo (ci sono 18 universitari nel Governo) e non hanno perso un bel nulla. Per il resto concordo con il senso di tutto ciò che scrive Morelli, ma non vedo, nelle cose che ho scritto, nulla che dicesse qualcosa di diverso.

In conclusione, il punto principale su cui Morelli si dichiara d’accordo (“concordo con l’autore che sia un giochetto infondato sostenere che in Italia non vi sia una borghesia. Concordo anche che la presunta mancanza piace molto ai mass media che della borghesia celebrano il funerale anzitempo”) soddisfa quello che intendevo fosse il senso del mio intervento. Che poi Morelli non concordi sul fatto che “la borghesia in massa si è ripresentata a occupare tutti gli scranni ministeriali disponibili” è materia di libera opinione e rimaniamo su posizioni diverse senza grossi danni a uomini o cose, come si usava dire.

 

Scrive Giuseppe Vasta a Giuseppe Merlo – Non capisco perché Giuseppe Merlo dica che Ada De Cesaris è il primo Assessore all’urbanistica “di genere” (immagino volesse dire: femminile) di Milano. Ricordo che nella seconda fase delle Giunta Formentini (e quindi non tanto tempo fa) l’Assessore all’urbanistica era Elisabetta Serri, che anche lei ereditò una situazione molto difficile (la città bloccata dopo Tangentopoli) e seppe rilanciare varie iniziative, fra cui i PRU, che vengono spesso erroneamente (e immeritatamente) attribuiti al suo successore Lupi, che invece si limitò a concludere l’iter, traendone grande beneficio per la sua successiva brillante (e, sotto molti versi, incomprensibile) carriera politica.

 

Scrive Armando Sandretti a Walter Marossi – Trovo in genere interessanti i tuoi commenti, ma questa volta mi sembra che proponi un’idea della politica talmente riduttiva da farla sembrare una mezza buffonata. Talvolta lo è ma certo non è il caso della vicenda milanese. La spregiudicatezza, usata in dosi eccessive come in questo caso, mi sembra fuori luogo e sbagliata. Il sostegno che stiamo dando a Pisapia e ai partiti di riferimento (per chi ne ha uno) non hanno niente a che vedere con le tue descrizioni. A Milano si sta tentando di costruire qualcosa di nuovo e davvero non ci troviamo a bordo della vecchia carretta della politica. E’ ciò non accadeva da tempo immemorabile. Dovresti tenerne conto.

 

Scrive Luigi Caroli a Luca Beltrami Gadola – Sbaglio o, a proposito di EXPO, qualche settimana fa hai scritto (più o meno) le stesse cose che, dette da Boeri, han fatto irritare Pisapia? Le avresti scritte lo stesso (o le avresti taciute pro bono pacis?) se fossi entrato prima nella “squadra”? Boeri ha toccato – questa è la verità – un nervo scoperto. Non so se ci sia una recondita spiegazione ma Pisapia è appiattito su Formigoni (o sotto Formigoni?). E non tirare fuori anche tu (lo fa a profusione D’Alfonso) i soliti “vizi” della sinistra. Di sinistra in giro a Milano non vedo l’ombra. E i suoi “veri” vizi sono stati gli “inciuci” che – a livello nazionale – hanno provocato conseguenze che ci stanno facendo tremare vene, polsi e portafoglio.

Per il Museo Liebeskind credo che tu e moltissime altre valide personalità milanesi pensiate le stesse cose dette da Boeri. Addirittura, il ben modesto Consiglio di Zona 8 ha “respinto”la perorazione di un consigliere PDL – appartenente a CL – perchè il Museo d’Arte Contemporanea si faccia urgentemente. Tu vedi il vento nuovo. Io vedo un arretramento rispetto all’amministrazione Moratti. Il che è tutto dire. E non è solo colpa dei soldi che mancano.

 

Risponde Luca Beltrami GadolaLe mie opinioni non sono mai cambiate e non ne ho fatto mai mistero né in pubblico né in privato. Credo che se si è in “squadra” la franchezza reciproca sia essenziale e le mie critiche nei confronti di Boeri sono sostanzialmente sulla forma e le circostanze in cui sono emerse non certo sulla sostanza. Quanto al vento che cambia non sarei così pessimista: proviamo a fare delle valutazioni complessive e non solo di “settore”.



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