6 dicembre 2011

musica


DUE MAGNIFICHE SOLISTE

Mentre va in scena il Don Giovanni – di cui è difficile tacere, e dunque ne parliamo oggi in altra parte del giornale per commentarlo nella rubrica della prossima settimana – abbiamo ancora nelle orecchie la bella musica che abbiamo ascoltato giovedì scorso al Conservatorio, in un concerto delle Serate Musicali che ha visto protagoniste due giovani donne con un programma molto ben costruito ed eseguito, di grande godibilità.

Julia Fisher, una giovanissima violinista bavarese, e Milana Chernyavska, una pianista ucraina appena meno giovane, era già un piacere guardarle: Julia, capelli biondi cortissimi, che suona tutto a memoria; Milana, lunga chioma corvina, che suona con gli occhi incollati allo spartito. Perfettamente affiatate (vivono e lavorano tutte e due a Monaco), hanno organizzato il concerto dedicandosi nella prima parte a Mozart e a Schubert – alla piena classicità viennese – e nella seconda a Debussy e Saint-Saëns, dunque a quei delicati momenti di passaggio dal romanticismo al moderno.

Molto intrigante ascoltare una ventottenne eseguire due pezzi scritti da due suoi coetanei (la Sonata K. 454 in si bemolle maggiore di Mozart, nato nel ’56, è del 1784 mentre il Rondeau brillante opera 70 di Schubert, nato nel ’97, è del 1826); specialmente nel primo si sentiva l’atmosfera carica dell’ottimismo di chi si aspetta ancora molto dalla vita e guarda al futuro con fiducia. Pari dignità fra i due strumenti, lettura discorsiva senza mai darsi sulla voce, precisione e rigore senza pedanteria o rigidità, ci hanno rappresentato la quint’essenza della musica limpida e cristallina della “felix Austria“. Ma se la morte di Mozart era ancora lontana (si fa per dire, sette anni!), quella di Schubert era molto più vicina (sarebbe mancato solo due anni dopo) e il suo Rondeau – un po’ divertissement, un po’ virtuosistico, soprattutto “brillante” come da lui indicato nel titolo dell’opera – lascia trapelare il sentimento di impotenza nei confronti della malattia che già lo stava consumando.

Un primo tempo dunque compatto e coerente nel disegnare un’epoca e una “nazione” (nel senso culturale del termine, la nazione Mitteleuropea) per poi passare – nel secondo tempo – a un’altra “nazione” e alla ricerca dei segnali del nuovo mondo che stava per nascere in tutt’Europa. Una ricerca assai diversa, in Francia, da quella che contemporaneamente si svolgeva nella Germania già patria del romanticismo.

Anche la celebre Sonata n. 3 in sol minore fu scritta da Debussy due anni prima della sua morte, e anche lui era già divorato da una terribile malattia. Ma le circostanze erano molto diverse: la “bell’époque” era già un ricordo, Parigi già subiva i bombardamenti tedeschi della prima guerra mondiale (siamo nel 1917) e Claude aveva già cinquantaquattro anni e una fama ben consolidata.

Un Debussy inusuale, quello di questa Sonata, che lotta con la tonalità cercando invano di liberarsene, che cerca una via d’uscita – diversa da quella tedesca – alla capitolazione dell’armonia tonale; il Pierrot Lunaire era stato scritto cinque anni prima ed eseguito nel 1916, mentre il Manuale d’armonia – con il quale Schönberg crea i fondamenti della musica dodecafonica – sarà pubblicato a Berlino, nella capitale della nazione nemica, nel 1921.

Non si può negare che si tratti di un’opera piena di musica, molto ispirata, ricca di spunti dialettici fra i due strumenti e di momenti di vera poesia, ma a noi sembra anche perdersi in qualche superfluo virtuosismo e in una generale vaghezza; non ha lo spessore e la coerenza formale di altre opere impressioniste di Debussy e sembra rimasta a metà della strada che si era prefissata di compiere.

Un discorso diverso va fatto per la Sonata n. 1 in re minore di Saint-Saëns, opera del 1885 che possiamo dire a cavallo di tutto: fra la scuola francese e quella tedesca, fra classicismo e modernità, una sorta di ponte fra Liszt e Ravel, priva di forti tensioni ma anche segno di una grande padronanza delle discipline dell’armonia e del contrappunto. Vi si sente ancora salda la lezione della sonata di Beethoven ma anche la profonda conoscenza dei corali bachiani, mentre sembra ignorare le passioni e le emozioni di Schumann, di Brahms, di Mendelssohn.

Camille Saint-Saëns è stato una delle menti più versatili del secolo (nasce nel 1835 e muore solo nel 1921) tanto che si è occupato con grande professionalità di astronomia, geologia, archeologia, botanica, entomologia, matematica, acustica, scienze occulte, perfino delle decorazioni teatrali dell’antica Roma. Scrisse di come la scienza e l’arte possono rimpiazzare la religione e il suo ateismo pessimista anticipò l’Esistenzialismo. Ebbene la sua prima Sonata rispecchia appieno la passione per la scienza e per la tecnica e in certo distacco dalle passioni; vagheggia il ritorno alla classicità ma non trascura una certa voglia di innovare e di sperimentare. Il risultato è una musica serena, difficilmente databile e forse con scarsa identità, che si lascia ascoltare sempre con grande piacere.

Tutto questo è stato perfettamente compreso dalle due musiciste che si sono destreggiate con sicurezza fra Vienna e Parigi, fra classicismo e impressionismo, fra richiamo all’antico e fascino del moderno, tanto che – molto intelligentemente – hanno scelto per il bis la dolcissima “Melodie” di Čaikowskij quasi per ricongiungere gli opposti e concludere con una sintesi piena di calore e di affetto per la musica e per il loro pubblico.

 

Musica per una settimana

 

Al Conservatorio:

*venerdì 9 per le Serate Musicali la pianista cinese Sa Chen esegue il Klavierstuck opera 119 di Brahms, la Sonata n. 21 opera 53 di Beethoven – detta Waldstein o Aurora – e, di Liszt, le Campane di Ginevra, la Ballata n. 2 e la Rapsodia Ungherese n. 12

*lunedì 12 ancora per le Serate Musicali il Quartetto di Tokio eseguirà due Quartetti dell’opera 74 (numeri 2 in fa maggiore e 3 in sol minore) di Haydn e il Quartetto in fa maggiore K. 590, una delle ultime e più toccanti opere di Mozart

*martedì 13 per la Società del Quartetto, Leonidas Kavakos ed Enrico Pace eseguiranno le Sonate n. 4, 5 e 10 (opere 23, 24 e 96) di Beethoven per violino e orchestra

*mercoledì 14 per la Società dei Concerti, Pavel Berman e Vardan Mamikonian eseguono la celeberrima Sonata a Kreutzer di Beethoven (n. 9 in la maggiore opera 47) per violino e pianoforte, facendola precedere da due opere di Prokof’ev: le “Cinque melodie” opera 35 e la Sonata n. 1 in fa minore opera 80

Al teatro Dal Verme:

*giovedì 15 e sabato 17 l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali diretta da Daniele Agiman eseguirà un “Concerto di Natale” con musiche di Rossini e di Strauss

Alla Scala

*domenica 11 e giovedì 15, fra una replica e l’altra del Don Giovanni (che replicherà per ben 11 volte, sino al 14 gennaio), avremo i concerti del ciclo “Beethoven e Schönberg” con la Filarmonica diretta da Barenboim

 

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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