29 novembre 2011

PISAPIA E BOERI: NON SIAMO FIGLI DI UN DIO MINORE


Non siamo e non vogliamo essere figli di un dio minore. Ci siamo impegnati e il vento è cambiato: felici noi! Adesso devono anche cambiare i costumi della politica e di rapporti tra forze politiche, il nuovo non deve avere confini. Come sempre anche in questa vicen-da tra il sindaco Pisapia e il suo assessore Boeri, le ragioni non stanno da una parte so-la: ha ragione Pisapia quando lamenta la scarsa collegialità delle scelte di Boeri e nel far capire di non gradire sorprese ma non ha torto Boeri quando lamenta una la debolezza del sindaco nei confronti di Formigoni sulla vicenda Expo. Perché negarla?

A fare la politica in città non ci sono solo sindaco e Giunta ma anche i cittadini, soprattutto quelli che con i loro voti li hanno portati al governo della città. I microfoni aperti, Facebook e Twitter hanno fatto capire con certezza una cosa: la gente, il popolo arancione in particolare, pur rispettando i ruoli e la fatica della democrazia all’interno delle istituzioni, non ama il litigio e ritengono, giustamente, di essere stati non solo gli elettori ma anche il collante di questa Giunta e di questo va tenuto conto se si vuole che duri e non solo per una luna di miele.

Con questo non si vuole riscoprire il centralismo democratico dei tempi del PCI, tutt’altro, si vuole soltanto che il dibattito sulle idee sia più pacato, più argomentato e più trasparente e non intendo per trasparenza né le indiscrezioni dei media né le anticipazioni fuori luogo. È difficile che la gente possa capire perché ci sia ancora e sempre un capovolgimento dei tempi, perché i vizi della sinistra siano così lunghi a morire persino in una Giunta con tante facce nuove dalla politica.

La logica vorrebbe che ogni assessore avanzasse in Giunta le sue proposte, ne discutesse e solo nel momento in cui da un lato ritenesse le sue idee indissociabili dal suo ruolo e dalla sua immagine pubblica e le proposte in gioco fossero respinte senza appello, solo allora dichiarasse un’impossibilità politica a collaborare con sindaco e Giunta. In quest’occasione, ma con minor effetto anche in altre occasioni e pure a livello di consiglio comunale, si è fatto il contrario. Si dichiarano idee e progetti e poi si va in Giunta o in Consiglio comunale a discuterne e così facendo il rischio, realistico, della lite è altissimo e si è visto.

Si prenda atto fin in fondo del cambiamento avvenuto, della volontà dei cittadini di partecipare, di questa Milano tornata a essere una città effervescente e piena di iniziative politiche, culturali e sociali; prendiamo atto che questa nuovo dinamismo civico, che sarà la fortuna della città e la base per una ripresa anche economica, non costa nulla perché è volontario e perché è coerente con l’invito di J. F. Kennedy: “Non chiederti cosa il tuo Paese può fare per te, chiediti cosa tu puoi fare per il tuo Paese”. Un nuovo modo nei rapporti politici all’interno della maggioranza è anche un efficace strumento per vanificare l’azione dell’opposizione e della stampa a lei organica, interessata solo al gossip, prigioniera di vecchi schemi, incapace di nascondere il vuoto delle sue idee ma pronta a cogliere le possibili contraddizioni all’interno della maggioranza.

Questo, io credo, voglia il Popolo arancione. Ma non bisogna aspettare troppo.

LBG

 



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