29 novembre 2011

ESISTE UN FUTURO PER GLI ALBERI IN CITTÀ?


Gli esperti della Società Italiana di Arboricoltura (SIA), Chapter italiano della International Society of Arboriculture (ISA) affermano che la vita media di un albero in città è di 15 anni. Come possiamo garantire ai nuovi impianti vegetali una vita più longeva affinché possano gradualmente sostituire gli alberi secolari che, con grandi sforzi, siamo riusciti ad allevare nei nostri viali? A questa domanda, ricercatori, arboricoltori e paesaggisti del settore pubblico e privato, raccolti da più di venticinque anni attorno alla rivista specializzata Acer, cercano di dare delle risposte che possano essere di facile applicazione proprio nel difficile ambiente urbano.

Normalmente ci si concentra sulla scelta delle specie arboree da impiantare, considerando i cromatismi di foglie e fiori, il portamento e lo sviluppo presunto della chioma a maturità; difficilmente vengono però valutate le esigenze ecologiche delle piante (luce, temperatura, acqua, suolo) e tanto meno lo spazio necessario a un corretto accrescimento dell’apparato radicale. Ma è proprio dalla corretta preparazione del sito d’impianto che dipenderanno in gran parte l’attecchimento e lo sviluppo di un nuovo albero. Francesco Ferrini, docente di Arboricoltura dell’Università degli Studi di Firenze ci ricorda che sono necessari da 28 a 48 mc di substrato esplorabile dalle radici perché la chioma raggiunga le dimensioni “naturali” fornendo tutti i benefici estetici e ambientali attesi, quali il miglioramento del microclima, l’assorbimento di CO2 e inquinanti vari, comprese le polveri sottili, fornendo inoltre ospitalità alla fauna urbana e in generale benessere ai cittadini.

La buca di impianto dovrebbe avere almeno un metro di profondità e una superficie minima di 2,5 mq per garantire un volume di suolo adeguato per il primo periodo di crescita post-impianto e le relative necessità idriche e nutritive, nonché consentire un idoneo ancoraggio.

Ovviamente questi parametri sono difficili da garantire in ambienti antropizzati come la città di Milano, dove non solo il suolo esplorabile è molto limitato, ma il sottosuolo è particolarmente ricco di sottoservizi posizionati in modo non sempre coordinato tra i diversi enti gestori. Basti pensare che per piantare un albero nel centro della nostra città è necessario che l’Ufficio Coordinamento del Comune di Milano raccolga trentadue diversi pareri. La presenza dunque di sottoservizi è un forte fattore limitante all’impianto di nuovi alberi che dovrebbe essere affrontato con le seguenti modalità: rispettare una distanza minima di 2,5 metri tra il nuovo albero e i sottoservizi esistenti o previsti e qualora, non si riesca a rispettare tale distanza, si possono adottare soluzioni tecnologiche che garantiscano un’adeguata protezione delle tubazioni interrate; tra queste figurano i cunicoli multi-servizi, le tubazioni rinforzate, la realizzazione di sistemi protettivi consistenti in manufatti di calcestruzzo o posa di teli anti-radice.

Un altro accorgimento per garantire lo sviluppo dell’apparato radicale, creando un ambiente sufficientemente areato e drenato, è l’uso di suoli cosiddetti strutturali o ingegnerizzati. Laura Gatti, docente presso l’Università degli Studi di Milano, ha avviato uno specifico progetto di ricerca proprio per definire il mix di componenti (sabbia, ghiaia, lapillo) e sostanza organica che conferiscano ai siti di impianto caratteristiche tali da accogliere i nuovi alberi garantendo altresì una adeguata portanza per il traffico veicolare. Troppe volte infatti i nostri viali alberati sono utilizzati come parcheggi, più o meno abusivi, senza aver creato le condizioni per una pacifica convivenza tra l’albero e altre funzioni dello spazio urbanizzato.

Situazione diversa è quella delle aree industriali dismesse dove ampie superfici di territorio sono state trasformate in parchi pubblici; come è immaginabile, anche per questioni di sostenibilità economica e ambientale, le macerie di demolizione e i materiali di scavo, dopo le opportune bonifiche vengono mantenuti in loco consentendo la realizzazione di nuovi fantastici paesaggi. Ne sono un esempio i programmi di riqualificazione urbana realizzati nella ex-OM di via Bazzi, nella ex Maserati di via Rubattino e nella ex-Alfa Romeo al Portello. In questo caso il problema è stato di garantire una adeguata fertilità a suoli per lo più inerti e compattati, arricchendoli con adeguata quantità di sostanza organica. Grazie allo sviluppo della raccolta differenziata e all’impegno di storiche realtà come la Scuola Agraria del Parco di Monza e il Consorzio Italiano Compostatori, disponiamo oggi di ingenti quantità di compost di qualità, realizzato con gli scarti delle cucine e delle attività di giardinaggio, come si è sempre usato fare nelle nostre campagne. L’apporto di compost anche in elevate quantità ha consentito di realizzare substrato fertile per migliaia di alberi che hanno raggiunto dimensioni ragguardevoli in molti nuovi parchi cittadini.

Per rispondere alla sempre maggiore richiesta di alberi, emersa con forza anche nell’ultimo referendum popolare, gli spazi disponibili nel nostro piccolo territorio comunale (187 kmq) sembrano essere insufficienti. Un possibile e significativo contributo deriva dai giardini pensili, ossia giardini realizzati sopra alle coperture piane che possono accogliere sistemazioni a verde dotate anche di alberi e arbusti. A tal proposito è importante ricordare che l’Italia, prima in Europa, ha pubblicato una specifica norma UNI, n.11235 del maggio 2007, che fornisce tutti gli elementi tecnici indispensabili per garantire il successo dei giardini “sospesi”. La norma dettaglia i requisiti del pacchetto di copertura e affronta, con grande semplicità, un tema molto delicato che è quello degli spessori del substrato di radicazione, consigliato per ogni tipologia di albero, da quelli più piccoli come gli alberi da frutto a quelli in grado di raggiungere grandi dimensioni. Questo aspetto risulta particolarmente rilevante quando si vuol realizzare un giardino pensile alberato in aree vincolate, ad esempio sopra i parcheggi. In tale situazioni, gli organi preposti spesso impongono spessori di substrato di 2-3 metri che non tengono conto né delle indicazioni della Norma né delle esigenze reali degli apparati radicali con conseguente aggravio dei costi di realizzazione delle solette portanti.

Per creare un più facile e diretto collegamento tra il mondo tecnico-scientifico e la sensibilità dei cittadini, aiutandoli a comprendere meglio l’importanza della Natura in città, è attiva in Europa da quasi dieci anni la rete delle Green City alla quale si è aggiunta due anni fa Green City Italia. Quest’ultima, proprio in questi giorni, in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e l’Associazione Italiana Direttori e Tecnici Pubblici Giardini, ha portato in piazza Duomo gli alberi tanto desiderati dal Maestro Abbado che, con l’aiuto dell’Architetto Piano, aveva immaginato un boschetto proprio nell’area soprastante il mezzanino della Metropolitana dov’è sorto il “Bosco del Respiro”. Sono convinto che, alla luce del successo di questa piccola ma significativa installazione, realizzata in occasione della Giornata dell’Albero, anche questo grande sogno potrà realizzarsi con la buona volontà di tutti, tecnici e non.

 

Giovanni Sala



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