29 novembre 2011

libri – COSA RESTA DA SCOPRIRE


 

COSA RESTA DA SCOPRIRE

di Giovanni Bignami

Mondadori, 2011

 

Tra i più autorevoli astrofisici italiani, docente alla IUSS di Pavia, accademico dei Lincei, membro dell’Accademia di Francia, Legion d’honneur, primo italiano a presiedere il Cospar, Comitato mondiale per la ricerca spaziale, presidente dell’Istituto nazionale di astrofisica, scopritore di una stella di neutroni fuori dal nostro sistema solare dal nome in milanese Gheminga, Giovanni Bignami è stato il 22 novembre scorso ospite dell’Unione Lettori Italiani, a Palazzo Sormani, per presentare il suo ultimo saggio, Cosa resta da scoprire.

Ottimismo, ironia, chiarezza, sono le cifre del libro, come si conviene a uno scienziato che crede nell’uomo e non si prende mai troppo sul serio, conscio dell’insondabilità del sapere. Perciò si chiede “Cosa resta da scoprire”. 4440 è il numero magico che Bignami propone al lettore, per indicargli in un flash il cammino dell’astronomia. Per 4000 anni l’astronomia fu visiva, basata cioè sugli occhi. Ancora nel 1609 Keplero scopriva a occhio nudo l’orbita ellittica di Marte, ma in quello stesso anno Galileo puntava per la prima volta il suo cannocchiale in cielo, e iniziò l’era dell’astronomia ottica.

E continuò così per 400 anni finché solo quaranta anni fa incominciò ad affermarsi l’astronomia spaziale: il primo uomo nello spazio, l’invio di sonde spaziali, sonde robotiche, l’utilizzo di raggi x, raggi infrarossi, raggi laser, e infine raggi gamma. Fu così che si captò il respiro profondo dell’universo, il Bing Bang, 13,7 miliardi di anni fa. Fu così che con una sonda spaziale si riuscì a prelevare materia dalla coda di una cometa e si scoprì la presenza di un mattone della vita, l’aminoacido glicina, uguale a quello dell’uomo! I marziani siamo noi? E ancora grazie a telescopi giganti tra cui l’Hubble e il Sardinia, si sono scoperte centoventi specie molecolari lassù.

Ma perchè l’uomo insiste nell’andare nello spazio? Cosa cerca in realtà? La vita. E pensare che non si sa nemmeno bene cosa sia la vita, tante le definizioni, tra le quali quella di “trasmissione di informazioni”. Qui sulla terra sembra si sia vicini alla sintetizzazione della vita in laboratorio, ma in cielo mai si sono finora trovate tracce di vita, nonostante il programma SETI che mette in collegamento milioni di computer per la captazione di segnali di vita intelligente.

Fu solo nel 1995 che, con l’ausilio dei raggi gamma, si individuò il primo pianeta fuori dal nostro sistema solare: oggi sono più di seicento. E’ tra questi che si spera di trovare “il pianeta giusto” con una atmosfera simile alla nostra, in grado di ospitare la vita, come ad esempio il pianeta Gliese 581g, che dista però venti anni luce, un’unità di misura fuori ancora dalla nostra portata.

Oltre alle conquiste dell’astronomia, Bignami accenna agli ultimi studi sul cervello umano e al sogno di riuscire a costruire un’interfaccia diretta cervello-mondo, riproducendo i circuiti neuronali su un chip. Ed elenca alla fine le dieci scoperte possibili nell’arco di cinquanta anni, per il ritorno della cometa Halley, grazie alle risposte che riusciranno a dare la matematica quantistica, la genetica, le nanotecnologie.

 

 

questa rubrica è a cura di Marilena Poletti Pasero

rubriche@arcipelagomilano.org



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