22 novembre 2011

MILANO E LO “STRUZZIONISMO” DELL’OPPOSIZIONE


“Struzzionismo” non è un refuso di ostruzionismo ma un neologismo che mi va di inventare: tutti inventano, magari italianizzando parole inglesi come capita capita, soprattutto nel web. É una moda anzi una mania. Parliamo subito un momento dell’ostruzionismo, quello che l’opposizione ha messo in atto la settimana scorsa costringendo sindaco, Giunta e consiglieri a stare in aula 27 ore filate sulla vicenda della vendita Sea-Serravalle. Avrei anche io da dire la mia su queste vendite ma ve la risparmio e soprattutto così nessuno mi potrà accusare di statalismo per quel che direi.

Il ricorso all’ostruzionismo è vecchio come il regime parlamentare e forse di più ma non lo sappiamo, le antiche cronache non ce ne parlano. È parente stretto del Conclave, istituito per l’elezione del Papa: però qualche conclave laico alle volte non ci starebbe male. Quanto all’ostruzionismo son due le ragioni per ricorrervi: avere visibilità sui media e dunque verso l’opinione pubblica oppure far saltare un provvedimento non lasciandolo prendere entro i termini stabiliti per legge.

Quel che è successo a Milano, oltre a essere il tentativo di far emergere contraddizioni nella maggioranza, riguarda le due ragioni insieme perché questa minoranza ha il cuore gonfio di amarezza per essere stata allontanata dal potere – evento normale – e tutto farebbe pur di tornarvi e con qualunque mezzo, dimenticando che l’attuale maggioranza ma soprattutto il sindaco sono stati eletti dal “popolo”, proprio quel popolo che Berlusconi non trascura mai di evocare contro i suoi oppositori per zittirli, popolo al quale Giuliano Pisapia non sente il bisogno di appellarsi ogni due per tre, probabilmente proprio per rispetto della minoranza e dei valori della democrazia parlamentare.

Ma veniamo allo struzzionismo. È il filo conduttore di tutto il dibattito dell’opposizione che continua a mettere la testa sotto la sabbia per non guardare in faccia la realtà, quella passata, quella presente e quella futura. Il passato, soprattutto quello dei numeri e della contabilità, è difficile da negare e sono solo stupito della poca enfasi con la quale si parli dei buchi lasciati nel bilancio e delle manovre contabili sottostanti: lo attribuisco alla”gentilezza” del potere di Giuliano Pisapia che non vuole smentire se stesso. Fosse per me, avrei già fatto un librettino bianco, come quelli ai quali ci aveva abituato donna Letizia, spedito alle famiglie per spiegare loro perché non ci sono i soldi per la carta igienica nelle scuole e via elencando.

Quanto al presente, invece di girarci intorno l’opposizione farebbe meglio a dire in quattro parole, se bastano, come avrebbe tappato i buchi per evitare il rischio di commissariamento. Forse contava su un governo “amico”. Come sarebbe andata con Mario Monti Presidente del Consiglio? Fuori la testa dalla sabbia! Abbia il coraggio di guardare in faccia la realtà. Quanto, infine, al futuro, gli affetti da ostruzionismo non stanno solo all’opposizione. Anche nella maggioranza c’è qualcuno che non ha capito che il mondo è cambiato, che i sottili distinguo su problemi marginali alla gente interessano affatto, semprecché avessero interessato qualcuno in passato.

Ma soprattutto è il momento che le forze politiche prendano atto ora per allora, e per allora intendiamo una qualunque delle prossime scadenze elettorali, che nessuno è più disposto a far caso a problemi di alleanze – magari geograficamente variabili – o a complessi meccanismi di rinnovo di classe dirigente attraverso nuove architetture istituzionale. Nessuno vuol sapere chi comanda in cucina: è il piatto che viene in tavola a contare. Per il momento dobbiamo accontentarci di un regime a pane e acqua, anche fuor di metafora, ringraziando chi sappiamo: la cucina italiana del passato. Il futuro è in grembo a Giove.

 

Luca Beltrami Gadola


 



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