22 novembre 2011

CONTINUA – DIALOGO SU DARSENA E NAVIGLI FRA UN URBANISTA (B) E UN ARCHITETTO (A)


B – Riprendiamo la nostra conversazione, interrotta la scorsa settimana. Oggi ti illustro il delicato impianto idrico che regolava il siste-ma dei cinque Navigli milanesi: di loro ti farò un elenco completo più avanti. Per i due Navi-gli principali esterni alla città, Naviglio Grande e Naviglio della Martesana, e per la Cerchia interna, esiste un attentissimo studio e una pratica secolare, entrambi impegnati a control-lare i movimenti di afflusso e di deflusso delle acque. Inizio a parlarti del padre di tutti i Navigli, il Naviglio Grande, che corre a ovest di Milano, alimentato dalle acque del Ticino.

Il Naviglio Grande arriva in Darsena dopo un percorso di circa cinquanta chilometri. L’acqua, che scorre per pendenza naturale e senza bisogno di chiuse, arriva indisturbata fino alla periferia di Milano. Questo è il motivo per cui essa non viene prelevata nel tratto di fiume vicino alla cittadina di Abbiategrasso, ma viene catturata molto più a monte, dove la quota del fiume è sufficientemente alta da superare il dislivello necessario ad arrivare fino in città. Come vedi, già nel Medioevo si aveva una conoscenza idro-geologica perfetta ed esattissima.

Alla periferia di Milano l’acqua non arrivava nella stessa Darsena che vediamo oggi, ma in un piccolo bacino, detto laghetto di San Eustorgio, sufficientemente largo da consentire l’attracco dei barconi. Il laghetto di S. Eustorgio si trovava circa dove oggi si trovano i due caselli ai lati dell’arco di Porta Ticinese, a pochi passi dalla chiesa gotica di S. Eustorgio. Dal laghetto l’acqua si immetteva nella vicina roggia della Vettabbia, proveniente dalla Cerchia dei Navigli interni; oggi, coperta e non visibile, essa corre sotto le attuali via Vettabbia e via Calatafimi; e affiora di nuovo in superficie, alla periferia di Milano, a sud della attuale Centrale del Latte, per poi immettersi nelle acque del fiume Lambro, alla altezza di Melegnano.

A – Mi hai parlato del laghetto di S. Eustorgio, alimentato dal Naviglio Grande. Oggi del laghetto non vi è più traccia: fin quando lo si poteva vedere?

B – Fino alla costruzione della Darsena, completata nei primi anni del seicento, quando il laghetto venne inglobato nel nuovo più ampio bacino. La Darsena, come in precedenza il laghetto di Sant’Eustorgio, ha continuato a scaricare le sue acque nella Vettabbia fino all’inizio dell’ottocento.

A – Perché dici fino all’inizio dell’ottocento?

B – Perché a quella data, dopo secoli di vani tentativi, e precisamente nell’anno 1819, viene finalmente inaugurato il Naviglio di Pavia. Da allora le acque della Darsena cessano di scaricarsi nella Vettabbia e cominciano a defluire lungo il Naviglio di Pavia, fino a raggiungere il Ticino a sud di questa città. Si chiude così puntualmente il ciclo della navigazione: le imbarcazioni partite dal Ticino alla altezza di Turbigo (non lontano dall’aeroporto della Malpensa) rientrano nel Ticino presso la città di Pavia. Così, con la costruzione del Naviglio di Pavia si perfeziona e completa la circolarità dell’intero sistema di canali artificiali.

A – Quindi fino a due secoli fa il Naviglio di Pavia non esisteva.

B – Rispetto al Naviglio Grande di Abbiategrasso il Naviglio di Pavia è molto più recente. Mentre il primo risale al Medioevo, e viene scavato durante la Signoria dei Visconti, al contrario il Naviglio di Pavia, pur essendo iniziato anch’esso sotto la Signoria dei Visconti, viene realizzato solo a tratti e resta inconcluso per parecchi secoli, fino a quando, all’inizio dell’ottocento, durante la dominazione austriaca, viene interamente aperto e inaugurato. Tra il Naviglio Grande e il Naviglio di Pavia corrono quasi cinquecento anni.

A – Avrei ancora una domanda da farti: come si risolvono i punti di intersezione tra un fiume naturale e un canale artificiale? Il canale o Naviglio della Martesana, arrivando a Milano da est, incrocia, alla periferia della città, il fiume Lambro, che scende da Nord.

B – Nei punti di intersezione si verificano due possibili eventualità. Se le acque del canale corrono a una quota più alta di quella del fiume, esse sovrappassano quest’ultimo scorrendo in un acquedotto sospeso su pilastri. E’ il caso della Martesana che incrocia e scavalca il Lambro. Se le acque del canale si trovano alla stessa quota del fiume, esse passano sotto l’alveo, infilandosi in un tubo sotterraneo, che si immerge presso una sponda ed emerge dall’altra. Questo è il motivo per cui il canale viene definito “intubato”, oppure “intombato”; derivazione dalla parola “tombon” che significa un grande arco sotto cui passa l’acqua.

A – Torniamo ai Navigli. Ci siamo chiariti le loro date di nascita; non abbiamo ancora parlato della Darsena: quando è stata costruita?

B – Se guardi la sua insolita forma capisci quando è stata costruita.

A – Mi sembra un indovinello troppo difficile.

B – Vedi quanto è curiosa la forma, simile a quella di una grande banana.

A – Già, ma questo che cosa significa.

B – Significa che la Darsena rispetta il tracciato degli antichi bastioni seicenteschi, ossia delle mura spagnole, costruite nella seconda metà del cinquecento; e ne segue fedelmente l’angolo coincidente con il baluardo sud; da ciò ha origine la strana forma a banana, altrimenti ingiustificata ed inspiegabile; dovuta al fatto che la Darsena, costruita all’esterno e a ridosso delle mura, ne ripete fedelmente la curvatura e l’andamento poligonale.

A – Ho in mente una bella incisione di Antonio Dal Re; appartiene alla serie di vedute milanesi stampate verso la metà del settecento; mostra in primo piano un cippo barocco, a sostegno di una lapide sormontata da due volute e da un timpano. Il cippo, chiamato “Trofeo”, avrebbe dovuto festeggiare il completamento del Naviglio di Pavia, cominciato qualche decennio prima sotto la dominazione spagnola. Il Naviglio, come sai, non è mai stato portato a compimento degli Spagnoli; e per anni il “Trofeo” è rimasto il simbolo di un’opera interrotta.

Nella stampa del Da Re, dietro al “Trofeo”, si vede l’ampia distesa della Darsena; e si intuisce la grande estensione spaziale che la Darsena occupa nel panorama della città.

B – Nessuno può negare che la Darsena, con i monumenti che le sono cresciuti di fianco (Arco di Porta Ticinese) o che le preesistevano alle spalle (Chiesa di Sant’Eustorgio), assume nel tessuto della città una enorme importanza ambientale e monumentale.

A – Torniamo un momento indietro: vorrei fare una osservazione sul “Trofeo” e sul suo malinconico significato. Avrebbe dovuto festeggiare il trionfo del progettista spagnolo Fuentes, responsabile della costruzione del Naviglio di Pavia: ne sancisce invece l’incapacità.

B – Del Naviglio di Pavia, ripreso più volte e mai concluso dagli spagnoli, e invece ricominciato per un’ultima volta e portato finalmente a termine dagli austriaci, si può dire che esso è la metafora dei modi di governare, anzi di dominare, propri dell’uno e dell’altro popolo: inconcludente, frivolo, vanesio lo spagnolo; efficiente, impegnato, costruttivo l’austriaco. Nel tratto di Naviglio di Pavia, iniziato dal Fuentes e mai da lui concluso, resta una sola opera dal nome significativo: la conca detta di Fallata, cioè del fallimento.

A – Mi sembra che prima della ultimazione ottocentesca del Naviglio di Pavia, e del collegamento con Milano, vi fossero altre vie d’acqua che mettevano in comunicazione le due città.

B – Certo. Per lungo tempo, a partire dalla metà del quattrocento, è stato usato il Naviglio detto di Bereguardo; paese di inconfondibile nome longobardo, collocato lungo il Ticino, una ventina di chilometri a monte di Pavia. Il Naviglio era stato ideato già durante la Signoria dei Visconti, ma non era mai stato costruito. Solo intorno all’anno 1470, sotto la Signoria degli Sforza, e per volontà di Francesco I, veniva ripreso e portato a termine. Il Naviglio partiva da Bereguardo, arrivava ad Abbiategrasso e si immetteva nel Naviglio Grande, diretto a Milano, dopo aver attraversato la dolce e ampia campagna della bassa Lombardia. Ancora oggi il Naviglio e le sue conche sono visibili in mezzo ai prati. Il trasporto delle merci pesanti nel tratto di strada tra il fiume Ticino e l’inizio del Naviglio era molto difficoltoso. Occorreva scaricarle dai barconi ormeggiati sulla riva del fiume in località Pissarello; trasportarle su carri tirati da buoi; caricarle sui barconi ormeggiati nel Naviglio. L’operazione richiedeva una inevitabile perdita di tempo. Essa infatti comportava la “rottura dei carichi”, ossia il cambio del mezzo di trasporto. La funzione del Naviglio di Bereguardo era duplice e di importanza vitale per le seguenti ragioni: a) Sostituiva l’ancora inutilizzabile, perché incompiuto, Naviglio di Pavia; e assicurava l’unica comunicazione per via d’acqua tra Pavia e Milano; b) Consentiva il trasporto del sale, merce allora preziosissima che veniva fatta arrivare dal porto di Genova.

A – Vorrei ora sapere qualcosa della ben più vecchia Cerchia dei Navigli interni o Medioevali: e del loro uso come canale per il trasporto di merci. Ho in mente molte vedute pittoriche dei Navigli, e di grandi barconi che navigano nelle loro acque.

B – Anche i Navigli interni, non diversamente dai Navigli esterni, venivano usati per il trasporto di merci. Ne riparleremo la prossima volta.

 

(seconda parte – continua)

 

Jacopo Gardella

 

Jacopo Gardella ringrazia il Professore Gianni Beltrame per le dettagliate notizie storiche cortesemente fornite durante la stesura di questo articolo.

 



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