22 novembre 2011

teatro


 

PRIMA DELLA PENSIONE

di Thomas Bernhard Traduzione Roberto Menin

Regia e scene Renzo Martinelli

con Michelangelo Dalisi, Irene Valota, Frederica Fracassi e Francesca Garolla.

Tre attori sono chiusi fra quattro pareti di plexiglass e non escono mai fino ai saluti finali. Sono mosche in una gabbia dalla quale non vogliono uscire, almeno finché il “mondo non sarà tornato in ordine”. Un ex-ufficiale nazista e le sue sorelle aspettano che in Germania torni il Reich e, festeggiando come ogni anno il compleanno di Himmler, consumano il dramma – o la commedia – di rapporti personali consolidati nella loro conflittualità. L’incestuosità è disseminata su tutti e tre i lati del triangolo; fra la sorella maggiore e il fratello che vanno a letto insieme, fra la sorella minore (che ha perso l’uso delle gambe durante la guerra) e il fratello, che trovano nell’odio reciproco momenti d’intimità; e fra le due sorelle che si provocano e s’insultano come due attrici consumate che si danno la battuta.

Il pubblico è voyeur, ma non di primo livello, bensì di secondo, perché, oltre alle pareti di plexiglass, c’è un’altra membrana a separarlo dall’azione scenica: una tenda che viene continuamente tirata, spostata, aperta e poi richiusa da Olga, la testimone sordomuta che lancia sguardi inquietanti (accusatori?) verso gli spettatori.

Renzo Martinelli sceglie di far recitare gli attori, fra i quali spicca Federica Fracassi (Premio della critica e Premio Duse 2011), in modo non realistico, quasi espressionista, volutamente falso. La scelta paga dal punto di vista concettuale, perché sottolinea la distanza fra i personaggi e la loro stessa immagine e il tentativo di un Occidente, reduce ma mai completamente distanziato dall’esperienza nazista, di artificializzare e distanziare da sé il dolore per una crudeltà umana altrimenti insopportabile. Il rischio è che forse in certi punti, vista la durata dello spettacolo e la verbosità di Bernhard, ci possa essere qualche calo d’attenzione che comunque non pregiudica il forte impatto e la godibilità della messa in scena.

La cosa che resta più impressa è come si possa essere allo stesso tempo vicini, cioè a pochi metri di distanza, e lontani, separati, chiusi in un acquario di plexiglass che ricorda le sculture in formaldeide di Damien Hirst, dal quale le voci escono amplificate, distorte, “nostre” ma allo stesso tempo “di qualcun altro”, inquietanti.

Teatro I, dal 9 al 27 Novembre.

 

In scena

 

Al Teatro Out-Off, fino al 22 dicembre Quel che volete (La dodicesima notte), con la regia di Lorenzo Loris.

Al Teatro Grassi dal 22 al 27 novembre Scene da un matrimonio di Ingmar Bergman, con la regia di Alessandro D’Alatri.

Al Teatro Strehler fino al 27 novembre Itis Galielo di Marco Paolini.

Al CRT Salone dal 22 novembre all’11 dicembre Educazione fisica, di Elena Stancanelli, regia di Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco.

Al Teatro Carcano dal 23 novembre al 4 dicembre Trappola per topi di Agatha Christie, regia di Stefano Messina.

Al Teatro Manzoni fino al 27 novembre Stanno suonando la nostra canzone, di Neil Simon con Gianpiero Ingrassia e Simona Samarelli.

All’Elfo Puccini debutta Freddo, di Lars Noren, con la regia di Marco Plini e continuano, fino al 27 novembre, Senza confini, di e con Moni Ovadia e, sempre fino al 27 novembre, Boxe a Milano di e con Luigi De Crescenzo.

Fino al 27 novembre al Teatro Litta Non si sa come di Luigi Pirandello, regia di Pasquale Marrazzo.

Fino al 27 novembre al Teatro Franco Parenti Roman e il suo cucciolo, regia di Alessandro Grassman, Premio Ubu 2010 come miglior spettacolo.

 

 

questa rubrica è a cura di Emanuele Aldrovandi

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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