22 novembre 2011

cinema


 

SCIALLA!

di Francesco Bruni

con Fabrizio Bentivoglio, Barbara Bobulova, Vinicio Marchioni, Filippo Scicchitano

“Un gatto sul termosifone”. Questa è la metafora con cui Tina (Barbara Bobulova), pornostar in pensione, definisce Bruno, (Fabrizio Bentivoglio) suo atipico biografo. Come darle torto. La negligenza e la sciatteria del trasandato professore lo hanno costretto a rinunciare a ogni tipo di aspirazione. L’insegnamento scolastico è stato soppiantato da lezioni private, utili per pulire la casa mentre ragazzini svogliati scrivono sotto dettatura. Gli ambiziosi progetti di racconti e romanzi sono stati accantonati, sostituiti da biografie tanto redditizie quanto umilianti per la sua cultura.

Fabrizio Bentivoglio esprime perfettamente la pigrizia e la misantropia di un personaggio che vive come anestetizzato in un mondo fatto di abitudini e di un disinteresse palese nei confronti della vita. Dà ripetizioni anche a Luca (Filippo Scicchitano), il figlio che non sa di avere. Il ragazzo ha solo quindici anni ma è sfrontato e ha già un menefreghismo verso tutto ciò che lo circonda che è pari solo a quello del padre, mai conosciuto.

La partenza della madre per il Mali costringe i due a una complicata e divertente convivenza. Bruno, in questa inattesa veste paterna, ci svela con leggerezza tutte le difficoltà e gli oneri dell’essere genitore. La sua presa di responsabilità, di fronte all’imminente bocciatura del figlio, è merce rara nel nostro paese. Questa sfida impossibile dà una scossa al suo animo intorpidito. È comico ma ammirevole il suo tentativo di ricucire quel distacco generazionale che spesso crea fratture irreparabili all’interno delle famiglie.

Scialla! è il film d’esordio di Francesco Bruni, storico sceneggiatore di Paolo Virzì. Nasce da una sceneggiatura brillante, ricca di dialoghi frizzanti e mai banali che non cerca la scorciatoia della volgarità o del paradosso per strappare una risata. Scialla, espressione del gergo romanesco che significa stai sereno, divertiti, non è solo il titolo della pellicola ma anche tutto ciò che i suoi novanta minuti vogliono trasmetterci.

Marco Santarpia

In sala a Milano: Anteo, Colosseo, The Space Cinema Odeon, Plinius, UCI Cinemas Bicocca, Ducale Multisala

 

 

IL BUONO IL MATTO IL CATTIVO

di Kim Jee-woon [Joheunnom nabbeunnom isanghannom, Corea del sud, 2008, 120’]

con: Byung-hun Lee, Kang-ho Song, Woo-sung Jung, Dal-su Oh, Lee Cheong-a

Tre pistoleri si tengono sotto tiro; la telecamera scruta in primissimo piano i loro occhi e la tensione monta su questo stallo alla messicana: nessuno può sparare senza essere attaccato a sua volta. Siamo alla fine di Il buono il matto il cattivo [Joheunnom nabbeunnom isanghannom, Corea del sud, 2008, 120’] di Kim Jee-woon che rende omaggio a Sergio Leone, riproponendo una sequenza diventata cliché degli spaghetti-western. L’omaggio del regista coreano si nota fin dal titolo del film, e continua all’interno di una sceneggiatura che poco si scosta da quella di Il buono, il brutto e il cattivo [Italia/Spagna, 1966, 176’], capolavoro di Sergio Leone.

In Manciuria, negli anni ’30, tre uomini si contendono una mappa che – sembra – conduca a un tesoro inestimabile della dinastia Qing. Il buono (Woo-sung Jung), il matto (Kang-ho Song) e il cattivo (Byung-hun Lee), appunto. La storia, ovviamente, ruota attorno ai tre personaggi che, da subito, si intuisce essere destinati a una “resa dei conti” finale.

Pur prendendo molto dal genere western, Kim Jee-woon riesce a pennellare il film in maniera suggestiva, dandogli una tinta grottesca. La macchina da presa si perde in danze acrobatiche che rendono il ritmo frenetico; le inquadrature sono tante e, spesso, si susseguono rapide con uno stile tipico dei film d’azione. Insomma, la firma di Kim Jee-woon viene scritta deviando dalle riprese compassate e lente degli spaghetti-western degli anni ’60. Le numerose battaglie, tra lame affilate e proiettili vaganti, ricordano sia i film di samurai della tradizione orientale sia le sparatorie tra cowboy dei primi western americani. Il regista coreano però preme sull’acceleratore: usa la sua classe per orchestrare un’orgia di movimenti e colori che accendono il piacere della visione.

Il buono il matto il cattivo (uscito in Corea nel 2008, solo ora è distribuito nelle sale italiane) è una messa in scena, uno spettacolo costruito da coreografie accese e immagini stravaganti. Un’opera che si inchina alla tradizione, la ripropone levandosi il cappello, e ci aggiunge un pizzico di comicità.

Paolo Schipani

In sala: UCI cinemas Bicocca

 

  

questa rubrica è cura di Paolo Schipani e Marco Santarpia

rubriche@arcipelagomilano.org

 

 

 



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