15 novembre 2011

SEA: C’È UNA TERZA VIA


L’ipotesi delle ultime ore di vendere il 30% della SEA non ha niente d’innovativo per il semplice fatto che, com’è accaduto con AdR (Aeroporti di Roma), Gesac (Aeroporti di Napoli) e altri scali italiani, si sta vendendo un consistente pezzo di patrimonio pubblico, in questo caso al fondo F2i, che risponde sostanzialmente a una cordata di banche, o in alternativa a un fondo indiano che si è fatto avanti negli ultimi giorni. In verità l’ineluttabilità con cui viene proposta l’ipotesi di vendita a causa delle casse vuote del Comune di Milano e del Patto di Stabilità da rispettare entro fine anno, si abbatte sui lavoratori e sui cittadini con un carico di forte frustrazione, anche perché si passa da un monopolio naturale da pubblico a un monopolio privato che penalizza utenti e lavoratori.

Del resto in questi giorni, in modo frenetico, si sta parlando solo di modalità di vendita, del 20% di SEA assieme al 18,6% di Serravalle, del 30% al fondo F2i o al fondo indiano, di tempistica, di quanto s’incassa, (350/400 milioni) ma non si sta parlando del Sistema Aeroportuale Milanese connesso all’occupazione, all’economia e alle potenzialità di crescita sul territorio o dei modelli organizzativi e produttivi degli scali. Ci si concentra su tutto meno che sulla partecipazione dei lavoratori e dei cittadini ai processi industriali della SEA, patrimonio pubblico e bene comune costruito in gran parte negli anni, dal 1955 a oggi, da molte generazioni di lavoratori.

Ricordiamo che negli ultimi anni, sopratutto dal 2008 in avanti, i lavoratori del Gruppo SEA stanno facendo molti sacrifici anche con la Cassa Integrazione e Mobilità in deroga e contratti di lavoro part time. Sappiamo che a questo punto il processo di vendita nella misura del 30% è in fase avanzata, ciò nonostante riteniamo opportuno esprimere la nostra non condivisione perché a questa ipotesi proponiamo al mondo politico-istituzionale, al Consiglio Comunale, alla Giunta, al Sindaco, ai lavoratori, ai cittadini e alle altre forze sociali la terza via, cioè la costruzione di un’azienda aeroportuale partecipata e condivisa dai lavoratori e dai cittadini, certamente più complessa anche dal punto di vista giuridico, ma innovativa e ricca di grandi cambiamenti sociali ed economici.

La nostra proposta consiste nella costituzione di una Società non quotata ad azionariato diffuso dove il Comune di Milano detiene il 51%, la Provincia di Milano il 14% e il 35% (comprensivo anche del 2% circa degli attuali piccoli azionisti che rimangono tali) viene offerto a tutti gli stakeholders (lavoratori, cittadini, utenti, fornitori, comuni limitrofi, cioè tutti quegli enti o persone che hanno interessi o sono coinvolti dall’attività aeroportuale). Viene stabilito il tetto massimo delle azioni possedute da un singolo socio, tipico di una Società ad azionariato diffuso, nella misura, in questo caso, del 3%.

Il sistema di governance che proponiamo, e qui sta la novità più rilevante, è quello duale composto dal Comitato di Gestione e dal Comitato di Sorveglianza. Il Comitato di Gestione gestisce l’Azienda, al Comitato di Sorveglianza spetta invece il compito di controllo di tutta l’attività. Per questo motivo deve essere composto, oltre che da rappresentanti del management, da rappresentati del Comune, della Provincia, dei lavoratori e degli stakeholders e a lui è delegata la nomina nonché la revoca degli amministratori e il loro compenso. Il CdS e ogni suo componente ha accesso a tutte le informazioni, nessuna esclusa, riguardanti la Società. Ogni singolo componente del CdS può intraprendere azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori. Con l’ingresso nel CdS il Comune non svolgerà più quell’attività silente finora svolta ma sarà chiamato a compiti di reale partecipazione e responsabilità.

Ovviamente sarà necessario spiegare bene a tutti gli stakeholders questo progetto per cui proponiamo la convocazione di una “Conferenza sullo sviluppo degli aeroporti di Malpensa e Linate” aperta a tutti gli attori in campo e all’IBAR (associazione delle compagnie aeree). Perché la nostra idea è quella di massimizzare il valore di SEA e quindi vogliamo capire le reali potenzialità e l’appetibilità dei nostri scali. Perché crediamo che solo con lo sviluppo possiamo creare valore e occupazione stabile e di qualità. Crediamo che occorra anche una rivisitazione del Piano Industriale per adeguarlo alle reali necessità da qui a dieci anni e per renderlo più compatibile con il territorio.

E’ inoltre necessario istituire una spending review sull’intera Società almeno dal 2007 (anno del dehubbing Alitalia) a oggi per correggere eventuali errori e, inoltre, per rivedere l’accordo di separazione della SEA in Handling e Gestione che ha creato di fatto un dispendio di energie e di risorse economiche. Sappiamo che su questo progetto occorre da parte delle forze politiche-istituzionali una virata di 180°, ma considerati gli obbiettivi di grande portata, pensiamo che lo sforzo ne valga la pena. Invertire la rotta significa far aprire nuovi scenari che possono alimentare elaborazioni corali di nuove ipotesi di soluzione, perciò a tutti noi in questo momento così difficile conviene riflettere sulla grande frase di Bob Kennedy per assumere con responsabilità le nostre decisioni: “Ci sono coloro che guardano le cose come sono e si chiedono perché, io sogno cose che non ci sono mai state e mi chiedo perché no”.

Francesco Tieri* e Franco Ciarcia*

 

*F.L.A.I Trasporti e Servizi



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