8 novembre 2011

TRAFFICO. SENZA LA TESTA DEI CITTADINI NULLA


Sono d’accordo con Marco Ponti: non possia-mo continuare a far fronte con metodi obsoleti a un problema nuovo. La regolazione intelli-gente del traffico automobilistico non è un ac-cessorio della politica di governo di una grande città, ma il nucleo centrale della vita associata. Dal modo con cui è organizzata la mobilità delle persone e dei veicoli, prevalen-temente individuali, che esso conducono, di-pendono molte componenti basilari della qualità della vita: a cominciare dalle regole. Non è pensabile che milioni di persone spen-dano ogni giorno ore in attività altamente pericolose a scambiarsi l’un l’altro diti medi e ad approfittare di ogni interstizio per fregare il vicino. Parcheggiare le SUV per prendersi un cappuccino bloccando una intera corsia nei pressi di un semaforo frequentato, sfrecciare a destra e sinistra l’un l’altro, con i ciclisti che salgono sui marciapiedi con l’aria di esercitare un diritto e ciascuno odiando tutti gli altri individualmente e collettivamente. Non si può pretendere che persone abituate a questo tipo di esercizio poi non lo trasportino nelle rispettive quotidianità, e anche in politica.

Il traffico di un grande sistema metropolitano è un complicato sistema di divisone sociale del lavoro, con momenti di cooperazione collaborativa (tutti vogliamo arrivare a destinazione presto e sicuri) e di collaborazione competitiva (se posso ti frego un posto). Questa contraddizione è strutturale ed è complicata dalla circostanza che i soggetti impegnati della divisione sociale del lavoro non si conoscono e comunicano tramite segni spesso minimali, la freccia messa o non messa, il rallentamento, lo stop lo scarto e via dicendo. Sono solo le regole e le buone infrastrutture che permettono di trasformare la competizione odiosa in collaborazione positiva.

Non è impossibile, ma a Milano praticamente sì, anche in questo la nostra città è ostile soprattutto verso i deboli, mercificata nel senso che è alla mercé dei mercanti e profondamene inefficiente e inadeguata. Poi ci sono tutte le altre conseguenze negative che tutti ben conosciamo, dall’inquinamento, alle morti, alla perdita di tempo e allo spreco, non sto a ridirle se non per sottolineare che messi tutti assieme questi problemi costituiscono il bolo interdisciplinare e multifunzionale che sta nella gola di una città come Milano. E la soffoca.

Questi problemi non si risolvono né dall’oggi al domani e neppure affettando antichi insediamenti urbani con arterie veloci, superponti o Gelmini_tunnels. Occorre un progetto avanzato e rivoluzionario che non può avere che una sola configurazione: la trasformazione dei sistemi attuali in un meccanismo intelligente unitario: una città intelligente, ma con le intelligenze di tutti non dei soliti succhiatori di soldi. Pezzi ci sono già, ma una giunta innovatrice deve por mano a un progetto rivoluzionario.

Si può fare, ma non si possono risolvere i problemi solo con il bastone, che pure serve, come suggerisce Marco Ponti; non funziona. Occorre che tutti siano coinvolti, come dice Latour, che “si iscrivano al progetto” che è ‘unico modo per lanciare le grandi rivoluzioni tecnologiche (treno, elettricità, automobile era tutti progetti cui si sono iscritti in milioni, pagando i costi relativi). Oggi le risorse ci sono, chi vuole usare il mezzo privato ha molte risorse che possono essere impegnate positivamente. Le grandi tecnostrutture che vendono energia hanno già iniziato il tam-tam per vendere le loro “città intelligenti”.

Non facciamo l’errore di rifare quel che è successo all’informatica prima dell’arrivo dei Steve Jobs, milioni di metri cubi di cavi inutili venduti dai manager dell’IBM e altri ai ministeri di tutto il mondo. Questi grandi “signori dei flussi” sono indispensabili ma non possono essere lasciati a fare affari (e guasti) a briglia sciolta: le grandi infrastrutture sono un patrocinio comune come la Fabbrica del Duomo e devono esser costruite con altrettanta partecipazione, altrimenti avremo la mungitura dei Ponti di Messina e (direbbe Marco) delle TAV.

Conclusione: la nuova Giunta si concentri per qualche giorno sul tema, convochi tutti, si faccia una idea e poi lanci un progetto di “Smart City per tutti”, affidando poi la progettazione esecutiva e la realizzazione a un processo progettuale in cui vengano coinvolti anche i grandi signori dei flussi, cui va garantito un onesto profitto (badando a che non si trasformi nella solita rapina in nome del “progresso”) le intelligenze collettive della città a partire dalle università, sulla base del “chi più ha dato più avrà” e quella parte di Milano attiva che la Giunta ritiene di avere dietro di sé, con i modi che la innovazione politica di questa giunta riuscirà a sperimentare. Si dica ai milanesi onestamente che cosa si possono aspettare quando il progetto sarà attuato, quali saranno i costi e i disagi, quali le difficoltà, da confrontare con i guasti attuali, e futuri se si continuerà con le pappine calde (e costose).

 

Guido Martinotti



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